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 2018  marzo 20 Martedì calendario

Federer battuto e quella dedica di Del Potro al suo cane Cesar

Non sarà forse il caso di disturbare Oscar Wilde, che certo non si riferiva al tennis, nell’affermare che la vita imita l’arte. L’ignoto regista delle umane vicende ha fatto sì che dall’andamento della finale a Indian Wells nascesse qualcosa di piuttosto insolito. L’argentino Juan Martin Del Potro era parso diventare un possibile n. 1 del mondo 8 anni fa, nel 2009, quando aveva sorvolato lo US Open e l’aveva vinto a colpi di diritto, così come avevano fatto due grandi suoi antenati, William Tilden negli Anni Trenta e Jack Kramer subito dopo la guerra. A questi ultimi un ignoto scriba aveva qualche volta osato paragonare Roger Federer, deriso dalla maggior parte dei lettori e da più di un collega. Roger, un uomo più che insolito, con la data di nascita ormai credibile soltanto grazie al passaporto, aveva iniziato questa stagione con 17 vittorie consecutive. La maggior parte degli aficionados si aspettavano la 18 ª, considerato che, appetto a Del Potro, aveva vinto 18 volte contro 6, e che i bookmaker lo consideravano strafavorito. Non si teneva nessun conto del fatto che, dopo la trascendentale vittoria nello US Open del 2009, Juan Martin aveva trascorso parzialmente questi ultimi anni in ospedale, un ospedale americano specializzato nel tentativo di aggiustare polsi e dita di musicisti, e qualche rara volta di sportivi. Per qualcuno che potrebbe chiamarsi Mr. Diritto la vicenda potrebbe apparire meno grave, ma per qualcuno che è destro, e usa dalla nascita un rovescio bimane, grave e difficilmente superabile. Così son stato costretto a vederlo più volte in questi anni furioso e disperato, mentre non cessava di perdere con avversari inferiori.
Il match non è stato quello che i fedeli di Roger si aspettavano, dopo una semifinale un po’ dubbia contro il nuovo allievo dell’allievo mio, Riccardo Piatti, il croato Borna Coric. Anche domenica sera il diritto di Roger era meno continuo e regolare che nei due primi mesi dell’anno. Un break nel quinto game, composto da tre errori di Roger su tre rimbalzi ( due diritti) avrebbe risolto l’iniziale vicenda. Gravato di quell’handicap, di soli 22 punti contro 30, tutti gli adoratori di San Roger attendevano una riscossa tattica. Non avveniva, anche a causa dell’incerta giornata del diritto del campione, e della profondità dell’altro diritto, quello di Delpo, meno liftato ma ancor più potente della Nadalata di Rafa, assente a Indian Wells.
Delpo aveva la possibilità con due palle break di ripartire in vantaggio nel secondo, ma il gioco seguiva i servizi finché Roger raggiungeva 2 volte il setpoint, per riaprirsi sul tie- break. Tie- break terminato per 10-8 dopo che Del Potro vanificava un match point mettendo fuori la volée. Il gioco non mutava granché nel terzo, quando era il tie- break a sancire una lieve superiorità dell’argentino per 7 punti a 2, mentre era Roger a sbagliare l’ultimo diritto del match. Un match a rovescio, in senso assoluto. Nel non eccedere per la sorpresa della sconfitta del Fenomeno basta ricordare che questa è stata la 7 ª vittoria di Delpo in 25 confronti diretti, dei quali più d’uno col polso ferito, ed è la prima volta che un umano dedica il successo a un animale scomparso, il suo cane da slitta Cesar, udito abbaiare dal cielo.