la Repubblica, 20 marzo 2018
L’amaca
L’automobile a guida autonoma che investe e uccide un pedone desta sgomento mondiale: ma perché? Forse che le auto a guida umana non fanno decine di migliaia di vittime all’anno? C’è una evidente sproporzione tra ciò che pretendiamo da noi stessi (troppo poco) e ciò che ci aspettiamo dalla tecnologia (troppo). Il sogno di una tecnologia infallibile, salvifica, super efficiente, insomma perfetta è uno dei grandi problemi della nostra epoca. È destinato a produrre frustrazione, sfiducia, depressione, esattamente come le utopie di palingenesi politica che lo hanno preceduto. L’errore è parte del gioco, a partire da quell’errore irrimediabile che è la morte.
Quello che fa paura, in tutte le chiacchiere più o meno documentate sull’intelligenza artificiale, non è tanto il processo di sostituzione dell’umanoide all’umano: di artifici e protesi facciamo abbondante uso da un bel pezzo, e non per questo siamo posseduti da forze aliene. Quello che fa paura è la folle idea di perfezione che scarichiamo sulle spalle della tecnologia, come se non fossimo sazi di averla pretesa, l’orribile perfezione, anche da noi stessi. Ci sarà pure, in futuro, un robot che spara cazzate (proprio come noi) e un driver automatico che tira sotto qualcuno, o sbanda ed esce di strada (proprio come noi).
Se vogliamo davvero sperare nella tecnologia, e averla in simpatia, e convivere pacificamente con lei, dobbiamo considerarla fallibile, e dunque, finalmente, avvicinarla all’umano.