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 2018  marzo 20 Martedì calendario

Putin riparte dall’economia: assicurare i ritmi di crescita

Cosa intende dire quando avverte che il prossimo mandato non sarà «business as usual»? Raccolto l’esito del voto di domenica che gli ha regalato il miglior risultato di sempre, un consenso del 76,6% di voti pari a 56.202.497 milioni di persone, Vladimir Putin ha rinviato a maggio l’annuncio di cambiamenti alla squadra di governo, ma ha auspicato un lavoro congiunto «che ponga l’interesse del Paese sopra le forze politiche e gli interessi di clan».
Ieri ha scandito i punti chiave da cui intende ripartire: «La cosa più importante è l’agenda interna, assicurare i ritmi di crescita dell’economia dandole un carattere innovativo. Quindi lo sviluppo della produzione industriale, educazione e sanità, infrastrutture e tutto quanto contribuisce a migliorare il livello di vita dei nostri cittadini».
Ma chi spera in un cambiamento, almeno sul piano economico, potrebbe restare deluso. «Putin non ha bisogno di una Russia diversa – scuote la testa Boris Grozovskij, analista economico -. Un Paese in cui la gente vive bene, in cui le città crescono, il passo successivo è il bisogno di maggiore libertà. E lui ha paura di perdere il controllo». Se ci saranno riforme, le dobbiamo intendere in senso tecnocratico: «Alzeranno le pensioni, ma soltanto spinti dalla necessità di pareggiare entrate e uscite nel bilancio».
La Russia è un Paese in cui la ricchezza è estremamente sbilanciata: Il 10% dei redditi più alti supera di 14,5 volte il 10% dei redditi alla base della piramide, spiega Grozovskij, un rapporto che in Europa è tra il 3 e il 5%. Eppure «a molti non importa, se non possono permettersi di più». O almeno, non sono disposti a rischiare per cambiare le cose: le difficoltà economiche non sembrano essere state decisive nel far lievitare la protesta. Lo dimostra uno studio condotto da Ksenia Abanokova, ricercatrice presso l’Alta Scuola di Economia di Mosca, su come le considerazioni economiche si riflettono sulle intenzioni dei russi nelle elezioni parlamentari.
«Il quadro è molto chiaro», spiega indicando l’andamento del reddito medio in Russia, in lento calo negli ultimi anni fino ad arrivare a dimezzarsi rispetto ai primi mesi del 2013. Le intenzioni di voto degli elettori di Russia Unita – il partito del potere – accompagnano il calo solo lentamente: «Come se l’elemento economico non fosse il fattore più importante nella scelta – dice Ksenia -. Gli elementi ideologici sono più forti». E infatti, nel grafico che mette a confronto reddito medio e consensi per Russia Unita, queste ultime registrano un’impennata tra febbraio e maggio del 2014. I giorni del confronto sull’Ucraina, del ritorno della Crimea alla Federazione Russa.
Vista la forza dei consensi e il relativo fallimento del tentativo di boicottaggio da parte dell’opposizione, una cosa è certa: il presidente e i suoi vedranno ancora meno ostacoli tra sé e quello che vorranno fare. «Non prevedo alcun cambiamento nella politica economica e/o nella gestione del business – conferma Vladislav Inozemtsev, Senior Research Fellow al Polish Institute of Advanced Studies di Varsavia, in un intervento pubblicato integralmente su ilsole24ore.com -. Putin non ha mai avuto una politica economica, se non la spinta a una nazionalizzazione sempre più ampia degli asset cruciali del Paese, e continuerà così negli anni a venire. La Russia è incapace di diversificare, e credo che Putin lo sappia».
Mentre nel suo scenario politico interno Inozemtsev intravede la possibilità di una riforma istituzionale che consenta a Putin di restare al potere come primo ministro, affidando a un successore di fiducia il posto di presidente con poteri formali, sul fronte della politica estera l’analista russo osserva che «con Putin la Russia di fatto ha cessato di avere una politica estera che non avesse obiettivi completamente assorbiti nelle questioni interne. Il confronto con l’Occidente – così come l’attacco a Serghej Skripal – è stato usato per compattare l’elettorato, e ora potrebbe non essere più necessario». Così Inozemtsev non prevede «un altro round di battaglie verbali, per non parlare di un confronto militare, a meno che Putin non si senta direttamente sfidato in casa sua. Non credo che si ritirerà dal Donbass, ma sarà molto più aperto a compromessi: anche se dubito che l’Occidente sia nell’umore di considerarli».