la Repubblica, 17 marzo 2018
Furti nelle case in calo, ma impuniti senza colpevole in 97 casi su cento
ROMA I furti in Italia stanno diminuendo. Tutti i tipi di furti. Quelli in abitazione addirittura sono calati del dieci per cento: erano 214.053 nel 2016, se ne sono contati 192.681 nel 2017. Ventimila di meno, un bel salto in basso. Lo documentano gli ultimi dati del Viminale. Eppure il senso di insicurezza dei cittadini non cala. Rimane alto, soprattutto se confrontato con gli altri Paesi europei. Perché sono comunque 528 furti al giorno, 22 all’ora, uno ogni tre minuti. E perché, secondo l’Istat, il colpevole viene scoperto tre volte su cento.
L’apparente paradosso
A prima vista può sembrare un paradosso. Se diminuiscono i reati ci dovremmo sentire tutti un po’ più sicuri. Invece non è automatico e la propaganda della Lega ci specula su: getta benzina sul fuoco, ma quel fuoco è già acceso ed è pure assai vivace nelle regioni più colpite come Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana.
I furti diminuiscono, ma non l’inquietudine. Motivo?
Intanto perché il numero è ancora elevato. Secondo l’ultimo raffronto fatto dall’Istat su dati di un paio di anni fa, l’Italia è quinta in Europa: circa 370 furti in casa ogni centomila abitanti. Più frequenti nelle ore che precedono il pranzo e la cena (tra le 10 e le 13, e tra le 18 e le 20) e nei mesi di dicembre e gennaio, come racconta l’ultimo report di Transcrime, il Centro di ricerca di criminologia della Cattolica di Milano. Il nostro è un tasso oggettivamente preoccupante, perché supera quello dei francesi, degli inglesi, dei tedeschi e degli spagnoli. In Germania, per dire, nel 2015 erano sui 200 ogni centomila abitanti. Peggio di noi fanno Danimarca, Belgio, Paesi Bassi e Svezia.
Puniti solo tre su cento
C’è un altro dato su cui vale la pena riflettere. Quanti vengono arrestati? Per i furti in appartamento l’Istat, nella categoria “delitti di cui si è scoperto l’autore nell’anno di riferimento”, certifica percentuali irrisorie: il 2,7 per cento nel 2014, il 2,8 nel 2015, il 2,9 nel 2016. In leggero miglioramento, ma neanche tre casi ogni cento. È vero che quando polizia e carabinieri prendono un ladro è assai probabile che costui abbia svaligiato una sfilza di appartamenti e ville. Ed è illusorio aspettarsi che gli uffici giudiziari, già ingolfati e sottorganico, possano dedicare il massimo sforzo investigativo a ogni minimo furto. Però la percentuale di casi risolti rimane troppo bassa, al Nord e al Sud. Perché? Lo abbiamo chiesto a un poliziotto, a un magistrato e a un ricercatore.
Enzo Letizia, segretario dell’Associazione nazionale dei funzionari di polizia: «Le indagini sui furti nelle ville sono tra le più difficili: raramente il ladro lascia tracce sfruttabili, tipo impronte digitali o biologiche. La direttiva del ministero dell’Interno è mandare sempre sul posto la scientifica, ma talvolta è inutile perché gli stessi proprietari cancellano involontariamente gli indizi rimettendo a posto». Lucia Lotti, procuratore aggiunto di Roma che dirige il pool reati contro il patrimonio: «I delitti seriali possono essere il frutto di pericolose attività organizzate, quindi gli sforzi investigativi sono mirati a contrastare tali scenari».
Marco Dugato, docente e ricercatore di Transcrime: «A volte vengono scoperti a distanza di ore o di giorni, per le forze dell’ordine diventa complicato identificare gli autori». Che appunto rimangono ignoti, in fascicoli destinati molto spesso all’archiviazione.
Il protocollo Penelope
La prevenzione funziona meglio.
Ci sono città virtuose, tipo Arezzo e Milano che nel 2017 hanno abbattuto il tasso del 20 per cento. «Merito del protocollo “Penelope”», spiega il questore Marcello Cardona. «Abbiamo occupato il territorio, nelle zone e nelle ore a rischio individuate col software che geolocalizza i delitti: controlli a tappeto della metropolitana, delle auto, dei passanti, dei negozi». I risultati: 108 arresti in flagranza nel 2017. Di questi 12 erano italiani, 37 erano “ladri nella legge” georgiani, gli specialisti dello scasso e membri delle società criminali di mutuo soccorso nate decenni fa nei campi di prigionia. Nel 2018 già 14 arresti, di cui 5 georgiani. «I topi di appartamento non risparmiano nessuno, non colpiscono solo i benestanti e il centro storico», osserva Maria Josè Falcicchia, dirigente dell’Ufficio prevenzione di Milano.
In carcere meno di un anno
Una volta catturati, che fine fanno? Sostenere che non vanno mai in carcere è una semplificazione strumentale. Gli incensurati hanno sì qualche chance di evitare la prigione, ma gli altri se ci sono le prove finiscono dentro. Dopo un po’, diciamo. Secondo la più recente analisi dell’Istat, tra il furto e la sentenza di primo grado passano un anno e quattro mesi, per l’appello servono tre anni e mezzo. Il codice prevede una pena da uno a sei anni, fino a dieci se aggravato. E quanto dura per il ladro condannato in via definitiva il periodo in cella? In media undici mesi. Meno di un anno.