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 2018  marzo 18 Domenica calendario

Aprono le Camere mancano gli eletti

ROMA Seggi contesi da nord a sud, candidati che non sanno ancora se devono presentarsi domani al Senato, o dopodomani alla Camera, dove i nuovi eletti sono attesi per registrarsi, fare le foto, fornire i propri dati. Perché anche se sono passati 14 giorni dalle elezioni manca ancora la proclamazione ufficiale degli eletti da parte di quasi tutte le Corti d’Appello. A ballare sarebbero una decina di seggi del proporzionale (12 quelli non assegnati fino a ieri sera sul sito del Viminale), ma oltre ai casi ormai conclamati di contestazione, come quelli in Sicilia, Campania e Calabria (di cui diamo conto in questa pagina) sarebbe in arrivo anche una pioggia di ricorsi.
Per la proclamazione comunque è una questione di ore: dovrebbe arrivare entro domani ed essere comunicata ai due rami del Parlamento e anche alle prefetture, a cui spetta il compito di inviare il telegramma con l’avvenuta elezione al diretto interessato. La Corte di Cassazione ha concluso solo l’altro ieri le operazioni per la determinazione delle cifre elettorali nazionali e circoscrizionali di ciascuna lista, con la relativa ripartizione dei seggi per la Camera (senza novità sui numeri finali dei partiti). Su questa base ora le Corti d’appello potranno procedere alla proclamazione degli eletti e, per il Senato, anche alla ripartizione dei seggi su base regionale. Qualcuna per la verità lo ha già fatto proprio l’altro ieri.
Si tratta della Calabria (dove a sorpresa un candidato di Fratelli d’Italia ne ha scalzato uno di FI) e della Sardegna. E nell’isola la Corte ha dovuto anche modificare la suddivisione dei seggi tra i due collegi plurinominali della Camera: non sei e cinque, come previsto dal decreto che ha disegnato i collegi prima del voto, ma sette e quattro. Il che ovviamente significa eleggere un candidato ed escluderne un altro. E questo non sarebbe l’unico caso, anzi secondo fonti di partito il fenomeno riguarderebbe anche altre regioni, con una trentina di ricorsi pronti a scattare, con conflitti anche tra candidati dello stessa lista.
È l’effetto perverso dei complicati calcoli imposti dal Rosatellum. La somma nazionale dei voti ottenuta da ciascun partito va infatti poi ripartita per i singoli collegi plurinominali in base alle percentuali ottenute in ciascuno di essi, ma inevitabilmente il calcolo produce dei resti. E allora la legge prevede un complicato meccanismo di compensazione tra seggi eccedentari e deficitari che può arrivare a modificare il numero di parlamentari previsto inizialmente per i collegi.
Sono state proprio queste alchimie del sistema a mandare in tilt diverse sezioni (27 solo nel Lazio) che, per non sbagliarsi, hanno preferito mandare tutto alle Corti d’Appello. Che hanno dovuto portare a termine le operazioni di scrutinio, tenendo conto che prima di poter attribuire in proporzione alle singole liste i voti conquistati dai candidati di coalizione nell’uninominale, bisognava attendere i risultati di tutte le sezioni di ogni singolo collegio.
Altro problema quello delle pluricandidature: i 5Stelle in alcune realtà hanno preso più seggi dei candidati a disposizione. La legge prevede allora che il seggio scatti in altra circoscrizione, anche di diversa regione (togliendolo ovviamente a qualcun altro). Ma nel caso del Senato, che è eletto su base regionale, le cose si complicano e probabilmente solo la giunta per le elezioni di palazzo Madama potrà sciogliere il nodo.