la Repubblica, 19 marzo 2018
E ora non si esclude che il gas provenisse da laboratorio inglese
LONDRA, REGNO UNITO «In mancanza di prove, ci vorrebbe Poirot per risolvere il giallo di Salisbury». Il tweet dell’ambasciata russa di Londra, accompagnato da una foto di Agatha Christie, viene giudicato un insulto dal governo May. Ma è innegabile che, come nei romanzi della maestra del thriller, la vicenda dell’avvelenamento dell’ex-spia russa produce continui colpi di scena. L’ultimo è che il gas nervino usato per eliminare Sergej Skripal non era stato nascosto nella valigia della figlia Yulia, come sostenevano le indiscrezioni, ma probabilmente li ha contaminati attraverso l’impianto di riscaldamento della Bmw dell’ex-colonnello dello spionaggio militare di Mosca. La rivelazione arriva dagli Stati Uniti attraverso la Abc News: di norma l’intelligence britannica condivide le sue informazioni con quella americana, molto più disponibile a passarle ai media di quanto sia quella di Sua Maestà.
Del resto la conferma che l’auto di Skripal potrebbe essere stata lo strumento per avvelenarlo giunge da Scotland Yard, con una richiesta all’opinione pubblica di segnalare se domenica 4 marzo qualcuno ha visto passare la Bmw dell’ex-spia nei pressi di Salisbury. Le immagini delle telecamere a circuito chiuso lungo le strade indicano che quella mattina Sergej e Yulia fecero un giro in macchina a nord della città. A 12 chilometri dalla quale, proprio in quella direzione, si trova Porton Down, la base di analisi su armi chimiche dell’esercito britannico. Una delle tante strane coincidenze di questa storia.
Altre fonti sostengono che il fidanzato di Yulia è un agente segreto russo e che lei ha lavorato per l’ambasciata americana a Mosca. Forse perfino Poirot sarebbe in difficoltà con un giallo simile. Ma il ministro degli Esteri Boris Johnson continua ad accusare il Cremlino: «Abbiamo le prove che la Russia non aveva distrutto tutte le sue riserve di gas nervino e da 10 anni pensava a come impiegarle per assassinare i suoi nemici».