la Repubblica, 19 marzo 2018
Non basta l’occupazione per essere felici
Non basta il lavoro per essere felici. Nella sua intrigante “Storia della felicità” Emanuele Felice scrive dei tre fattori che, mischiati tra loro, rendono felici: la libertà, compresa quella dai bisogni materiali, le relazioni sociali, il senso della vita. Nella ricca Piacenza – evidentemente – l’amalgama non c’è stato come ha raccontato ieri nella sua inchiesta Roberto Rho. Piacenza è triste, decadente, inquinata, per stessa ammissione dei suoi cittadini che alle ultime elezioni hanno premiato Lega e M5S. Eppure è la capitale del lavoro con un tasso di occupazione da economia nordica, il 70% contro una media nazionale del 58%, contro il 37,5% (poco più della metà) di Reggio Calabria. È che il lavoro non è più quello di un tempo attraverso il quale si cementavano le relazioni umane, si definiva l’appartenenza di classe, si costruiva l’ascesa sociale. Non c’è identità nel lavoro frammentato, quello della logistica in primis che fa da traino alla quasi piena occupazione piacentina. Il lavoro povero è diventato una questione nazionale. Ed è bene che chi si sta preparando a governare il Paese lo inserisca nell’agenda come una delle priorità. Poi, certo, è meglio essere tristi e occupati a Piacenza, che allegri e disoccupati a Reggio Calabria.