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 2018  marzo 18 Domenica calendario

Alitalia, un mese per vendere. C’è il rischio nazionalizzazione

Cessione o nazionalizzazione. Su Alitalia ora c’è il rischio caos. L’impasse politico per la formazione del nuovo governo porta grande incertezza nel futuro dell’ex compagnia di bandiera, in amministrazione straordinaria da maggio e attiva grazie a un prestito statale da 900 milioni di euro. I due partiti usciti vincitori dal voto del 4 marzo, Movimento 5 Stelle e Lega, hanno idee completamente diverse da quelle portate avanti finora dal governo a guida Pd e puntano a mantenere l’azienda italiana, con una quota pubblica o con la nazionalizzazione. Un cambio di rotta che rischia di mandare a monte il lavoro svolto negli ultimi mesi con i gruppi interessati e che porta indietro le lancette, in un’altra epoca, quando la compagnia era ancora in mano al governo.

La data cerchiata in rosso sul calendario è quella del 31 aprile. Secondo il bando di vendita della compagnia è questo il termine entro cui i tre commissari straordinari e il governo dovranno scegliere l’offerta di acquisto migliore, per poi avviare una trattativa in esclusiva che nel giro di quattro o sei mesi porti alla chiusura dell’accordo. Per la fine di aprile però non è sicuro che il Paese abbia un nuovo governo. Quello in carica è in «ordinaria amministrazione» e non ha la forza politica per decidere. Mentre le parti interessate – da un lato Lufthansa e dall’altro la cordata formata da Easyjet, Cerberus, Air France e Delta – stanno a guardare, per capire chi sarà l’inquilino di Palazzo Chigi e regolarsi di conseguenza. Cosa può dunque accadere?
Gli scenari possibili per ora sono due. Nel caso in cui venisse formato in fretta un «governo del presidente», il nuovo esecutivo avrebbe tempo fino alla fine di aprile per scegliere tra le parti in pista, sempre che si decidano a presentare un’offerta. Questa ipotesi, che circola in ambienti vicini al dossier, non tiene però conto dei tempi stretti e del fatto che più della metà dell’elettorato ha scelto Lega e M5S, che puntano alla nazionalizzazione o al mantenimento di una quota pubblica. Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno ribadito più volte in campagna elettorale che non vogliono vendere a gruppi stranieri. Posizione peraltro condivisa dal leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Da qui la seconda ipotesi, tentare un salvataggio attraverso un socio industriale affiancato da una forte partecipazione statale. Nessuno però ha ancora chiarito le modalità di intervento, anche se è stata tirata più volte in ballo la Cassa depositi e prestiti.
Le aziende interessate preferiscono per ora aspettare, la situazione è troppo incerta. Mentre i commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari continuano il loro lavoro. In un incontro con i sindacati hanno riferito che nel primo semestre la compagnia dovrebbe aumentare i ricavi del 4-5%. L’azienda in sostanza perderebbe un po’ meno rispetto alle scorso anno, quando – è bene ricordare – si trovava nella fase più buia. Si registra intanto un certo malcontento da parte del governo per il dinamismo di Gubitosi, che ha accettato la proposta del fondo Elliott di entrare nel consiglio di amministrazione di Tim dopo la richiesta di revoca dei manager Vivendi. Questo passaggio sarà deciso nell’assemblea degli azionisti del 24 aprile. Scherzi del destino: negli stessi giorni scade il termine per la cessione di Alitalia.