Il Messaggero, 17 marzo 2018
Hotel di lusso e maxi-premio: sequestro di beni per Ingroia
Cene al ristorante, soggiorni negli hotel più lussuosi di Palermo, premi aziendali. Trasferte tra il capoluogo siciliano – dove ricopriva la carica di amministratore unico della società regionale Sicilia e Servizi Spa – e la Capitale, dove risiede da quando ha lasciato la magistratura. In soli 20 mesi, Antonio Ingroia ha accumulato un conto da 37.710, tra alberghi e locali, addebitando ogni centesimo alla società in house. Non è tutto. Nel luglio 2014, avrebbe anche firmato una delibera con la quale si autoliquidava un’indennità di risultato da 117.568 euro. Circostanze che, ora, gli costano l’accusa di peculato e il sequestro preventivo di 151mila euro. Stessa contestazione – e stesso provvedimento – anche per Antonio Chisari. I fatti contestati dalla procura di Palermo vanno dal 2014 al 2015 e si riferiscono all’epoca in cui Ingroia e Chisari erano, rispettivamente, amministratore unico e revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia e Servizi spa (oggi Sicilia Digitale spa).
I magistrati, dopo l’avviso di garanzia dei mesi scorsi, hanno notificato all’ex collega il decreto firmato dal gip Marcella Ferrara. L’indagine, condotta dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Palermo, è stata avviata dopo una segnalazione della Corte dei Conti. L’inchiesta contabile, si legge nel decreto, «si è conclusa con l’accertamento di un danno erariale di 443.294 euro, attribuibile a Ingroia e a Chisari».
L’INDENNITÀ
Abbandonata la carriera giudiziaria e tentata la strada della politica, nel 2013 Ingroia era stato nominato liquidatore di Sicilia e Servizi, società della Regione a capitale interamente pubblico. Per l’accusa, scavalcando l’assemblea dei soci, l’ex pm si sarebbe attribuito, firmando una delibera, un’indennità di risultato di 117mila euro. Nel decreto si legge che l’indagato, «adottando la determina del 3 luglio 2014, ha agito in evidente conflitto di interessi», cioè ha «erogato in proprio favore, ma in nome e per conto della società che amministrava, un’indennità mai deliberata dall’assemblea in sede di determinazione del compenso del liquidatore». Oltretutto, per gli inquirenti, il premio sarebbe spropositato: la legge stabilisce che non possa essere superiore al doppio dello stipendio annuo lordo del manager. E, considerando il compenso di Ingroia – che nel 2013 aveva lavorato solo pochi mesi – quella cifra non si sarebbe potuta raggiungere. Gli utili della società, si legge ancora negli atti, erano pari a «150.627 euro, a chiusura dell’esercizio dell’anno 2013». Chisari è indagato per avere approvato il documento in questione. La stessa cosa vale per i soggiorni a Palermo e le cene: 37.710 euro spesi in pochi mesi.
I SOGGIORNI
I rimborsi, legittimi solo per i trasporti, sarebbero stati estesi anche a vitto e alloggio, sempre con una delibera ad hoc emanata il 16 aprile 2016. L’ex magistrato, si legge nel decreto, «disponeva i rimborsi» e, «legittimato ad operare sul conto corrente di Sicilia e Servizi Spa», effettuava una serie di pagamenti. Hotel di lusso, come il Villa Igiea, dove il 30 giugno 2014 avrebbe speso 2.275 euro, il 15 ottobre 1.687 e il 10 giugno 2015 sarebbe arrivato a pagare 2.492 euro. E ancora: pernottamenti all’Excelsior Hilton, al Palace e al Grand Hotel Piazza Borsa. Ma anche cene e serate in locali glamour, come il Castello a Mare, dello chef Natale Giunta, il ristorante Vecchia Marina a Cefalù, il Cucina Papoff, sempre a Palermo. Le spese, addebitate alla Regione, sono state effettuate dal primo aprile 2014 al 18 dicembre 2015.
«Ho la coscienza a posto, so di avere sempre rispettato la legge, come ho già chiarito e come dimostrerò nelle sedi competenti – ha detto l’ex magistrato – La verità è che ho denunciato sprechi per centinaia di milioni di euro, soldi che solo io ho fatto risparmiare, e invece sono accusato per una vicenda relativa alla mia legittima retribuzione».