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 2018  marzo 15 Giovedì calendario

Elezioni in Russia: i piani elettorali di Putin e lo stimolo dell’accerchiamento

«La Russia – ebbe a dire Winston Churchill nel 1939 – è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro un enigma». Ottant’anni dopo, crollato un regime e un impero e subito ricostituitosene un altro, la nostra comprensione del mondo russo non sembra aver fatto grandi progressi. Perché a seconda di come lo si guarda, l’affaire Skripal sembra un’erma bifronte, con due verità intercambiabili, due differenti piani di lettura, perfino due diversi modi di valutarne il danno o il guadagno.
La prima ipotesi, quella di un diretto coinvolgimento del Cremlino nella tentata esecuzione sommaria di due esuli sgraditi, appare – a tre giorni delle elezioni presidenziali – una somma dabbenaggine, che nemmeno il più sprovveduto dei satrapi del terzo mondo commetterebbe viste le prevedibili conseguenze: espulsione di una nutrita pattuglia di diplomatici, il ministro degli Esteri Lavrov dichiarato persona non grata, nessuna rappresentanza ufficiale ai Mondiali di calcio. Un disastro di immagine, per lo meno sul piano internazionale, che è difficile credere non sarebbe stato ipotizzabile.
Con una ragionevole dose di cinismo l’“esecuzione” di Sergeij Skripal e di sua figlia Yulia si sarebbe potuta rimandare a tempi migliori. «La Russia – dice Lavrov – non aveva alcun motivo di avvelenare l’ex colonnello dei Gru e sua figlia, mentre quelli che stanno cercando di portare avanti una “campagna russofobica” potrebbero averne». E ti verrebbe voglia di dargli ragione. Ma veniamo alla seconda ipotesi. A Putin occorre un consenso il più alto possibile per il suo quarto mandato presidenziale, almeno il 70 per cento dell’affluenza e il 70 per cento dei voti. Il nemico principale tuttavia è l’apatia che avvolge la società russa, che lo approva e in certa misura lo ama, ma che lo dà per scontato. Ecco allora che occorre uno stimolo esterno (già ampiamente adoperato da Stalin): quello dell’accerchiamento.
I contorni già esistono: la Nato che preme alle frontiere, il gelo con la Casa Bianca e i suoi alleati, le sanzioni europee prorogate di sei mesi giusto l’altro ieri, cui si aggiunge ora lo schiaffo britannico. Un quadro perfetto per eccitare l’opinione pubblica russa e stringerla attorno all’uomo forte del Cremlino, l’unico dopo gli anni bui dello sfacelo ad aver riportato il vasto Paese al suo ruolo di superpotenza. A dirigere con millimetrica precisione l’operazione-Skripal potrebbero essere stati settori delle agenzie di sicurezza ispirati (o che si sono considerati ispirati) da Mosca, pronta a incassare opportunamente quella cambiale politica.
Esiste anche una terza ipotesi, cara ai media governativi russi: che a preparare l’imboscata siano stati gli stessi inglesi (o magari qualche grande servizio occidentale), allo scopo di far ricadere i sospetti su Mosca.
Ma qui siamo nel puro campo nella fiction, sebbene sia a tutti noto che certi segreti – soprattutto per coprire certe dabbenaggini – rimangono impenetrabili per anni. Un po’ come quel mistero avvolto in un enigma di cui parlava Churchill.