la Repubblica, 15 marzo 2018
Casa e viaggi, i benefit della Consulta
Roma Ma quanto è “d’oro” la vita di un giudice costituzionale? Di quanti privilegi gode? Alla Corte, infastidita dal caso Zanon, in un corridoio, si può beccare al volo un commento: «Ma andiamo… Qui siamo 15. Anzi, in realtà manca sempre qualcuno di noi perché il Parlamento è assai lento quando deve scegliere un giudice. Già 17 mesi per sostituire Frigo… Vogliano fare un confronto? Un parlamentare – e ce ne sono 951, senatori a vita compresi – guadagna sui 15mila euro al mese. Uno di noi ne prende 13mila. Francamente, vista la produttività della Corte, nessuno ci può accusare di girarci i pollici».
Ma dopo Zanon fare le pulci ai giudici delle leggi è un obbligo. Hanno privilegi? E chi decide sugli abusi? Il pm o la medesima Consulta in virtù dell’autodichia, per cui gli organi costituzionali, come Quirinale, Consulta e Parlamento, valutano da soli l’entità dell’abuso rispetto al regolamento?
Partiamo dallo stipendio: 360mila euro lordi l’anno, 169.384 netti. Tredici mensilità, per 13.029,59 euro. Come si può leggere sul sito «il presidente della Corte ha un’indennità di funzione di 1/5 della retribuzione, cioè 72mila euro lordi l’anno, 41.040 mila netti».
E tutto il resto? Casa, buvette, auto, benzina, cellulare, pc, viaggi pagati? Per i 15 giudici sono sempre a disposizione 15 foresterie, dentro la stessa Corte o poco distante. Due stanze, una da letto e un salotto studio. Uno spazio cucina. L’ex giudice Mattarella, che era un fuori sede, viveva lì. Niente di lussuoso, comodo certo, soprattutto per i giudici più anziani, un risparmio per la Corte che non affronta spese per appartamenti in affitto o per alberghi. La buvette, in realtà, non è per niente un benefit. Al quinto piano del palazzo, accessibile per tutti i dipendenti, fornisce piatti freddi a pagamento. E ogni giudice versa 60 euro al mese per una mini buvette per caffè e spremute quando ci sono udienze pubbliche e camere di consiglio.
I benefit, il regolamento ne parla espressamente. Un cellulare. La marca è a scelta. Niente controlli sul numero delle chiamate, né un tetto alla spesa. Un pc portatile. E poi la famosa auto. Assegnata ad personam, con un solo autista per chi risiede a Roma e due per chi è fuori sede. Un uso «esclusivo». Un’auto che «può essere guidata dal giudice, o da una persona di sua fiducia, o dall’autista». Domanda: ma il giudice deve essere presente? Il regolamento non fornisce una risposta. La benzina: accantonati i buoni, ogni giudice dispone di una tessera elettronica che però, per questioni di riservatezza, non comporta l’indicazione di destinazioni e percorsi. Le auto? Giulie 2000 ( erano 3000 in passato), con noleggi a lungo termine di Consip. Le vetture in Corte sono 23 (erano 48 nel 2010), tra cui un’auto di rappresentanza per il presidente, una per il segretario generale, un furgone Doblò e una Panda. I viaggi, biglietti economici per andare e venire dalla città di residenza e per inviti d’ufficio.
Su tutto questo chi vigila se, com’è accaduto per Zanon, una fonte segnala un’anomalia? L’ex presidente della Consulta Giovanni Maria Flick, noto avvocato ed ex Guardasigilli, pone un problema e a Repubblica dice: «Il reato è il “peculato d’uso”, cioè l’uso momentaneo e abusivo di un oggetto che però viene restituito. Ma chi valuta se abuso o violazione si sono verificati? Il magistrato penale o la Corte che, nella sua autodichia, interpreta se il regolamento, che essa stessa ha deciso, è stato rispettato oppure no?». Secondo Flick non può esserci competenza del giudice ordinario perché l’autodichia ha la prevalenza. Se all’opposto vincesse la prima «il potere del giudice potrebbe estendersi anche alle decisioni prese». Quindi il caso Zanon come va a finire? Delle due l’una secondo Flick: «La Corte respinge la richiesta di autorizzazione a procedere dei pm ( che peraltro non ha precedenti nella storia della Corte, ndr) e dice sono competente io. Oppure solleva un conflitto di competenza che toccherebbe a lei stessa dirimere».