il Fatto Quotidiano, 15 marzo 2018
Colin, volto glamour del tradito che consola il traditore invadente
C’è questa storia strana e complicata che occupa le prime pagine di tabloid e quotidiani di tutto il mondo da giorni, che riguarda il matrimonio tra l’attore americano Colin Firth e l’italiana Livia Giuggioli. È una faccenda di amanti feriti e ricongiungimenti matrimoniali che a prima vista potrebbe semplicemente essere archiviata nel ricco faldone “gossip pruriginoso”, ma la verità è che questa vicenda è interessante perché sovverte numerose regole dello showbiz e ci toglie svariate certezze sulle relazioni uomo-donna. I fatti: Colin Firth, 57 anni, è uno di quegli attori alla Clooney che non hanno solo un Oscar sulla mensola del bagno ma pure una serie di qualità tra cui cultura, passione politica e impegno umanitario.
Nel 1997 sposa l’italiana Livia Giuggioli, 47 anni, con cui fa due figli. Lei è carina, raffinata, colta, realizza documentari e ha l’apprezzabile fissa per l’abbigliamento etico ed ecologico, tanto da produrre documentari in cui si scaglia contro i colossi della moda low cost quali Zara e H&M. Tra i suoi meriti, quello di aver fatto amare l’Italia a Colin, tanto che lui ormai ha la cittadinanza italiana e fa cose molto italiane tipo applaudire i cavalli del Palio di Siena da una finestra in piazza del Campo e parlare la nostra lingua meglio di Razzi.
I due non sono a braccetto solo sui vari red carpet, nel corso degli anni, ma pure in varie battaglie solidali, per cui per più di due decenni in cui saltano in aria tutti i sodalizi più certi – da Brangelina a Boldi/De Sica, per dire – loro due rappresentano la coppia perfetta. Lui, poi, nel tempo condivide il set mica solo con Bridget Jones, ma pure con gnocche di rara portata, dalla Witherspoon alla Knightley, eppure il suo amore per Livia è a prova di bomba (sexy). Allo stesso tempo, Livia, sembra investire il suo tempo non certo in filarini ma in filati green e poi, diciamolo, ha l’aria della sciura con una causa in cui credere e milionari a cui spillare soldi in party benefici, per cui l’idea che possa finire in qualche storia torbida come una Wanda Nara qualunque è cosa improbabile. E invece guarda un po’, come sempre sono le acque chete a esondare all’improvviso, travolgendo chiese e campanili.
Una settimana fa il Times annuncia che Livia Giuggioli ha denunciato un uomo, tal Marco Brancaccia, giornalista dell’Ansa, per stalking. Il giornalista avrebbe inviato a Colin Firth delle foto osé di Livia e una email in cui gli raccontava che Livia e lui avevano avuto una relazione. In più, secondo la denuncia, dopo la fine della relazione, lei si sarebbe sentita perseguitata dal giornalista in vari modi. Colin e Livia, dopo la divulgazione della vicenda, ammettono di essersi separati un anno tra il 2015 e il 2016 senza clamori, periodo durante il quale Livia, in effetti, ha avuto una relazione con Brancaccia. Insomma, un casino. Però interessante. Primo perché “eravamo separati” è una vecchia storia tipo “eravamo come fratello e sorella” o anche “stavamo insieme solo per i figli” e ci sono varie foto sul red carpet di loro due insieme e sorridenti anche nel 2015 e nel 2016. Secondo perché il dispetto di dire tutto al compagno ufficiale, di non rassegnarsi all’idea che alla fine sia stata un’avventura e l’altro non abbia voglia di traslochi, avvocati e figli a weekend alternati, è una faccenda molto femminile. Qui, invece, è Brancaccio quello che non abbozza. Quello che non accetta di essere stato una parentesi rosa tra le parole “tien’ e corne”! Quello che, come direbbe Gambardella, non si accontenta di non andare a una festa, ma vuole pure vederla fallire.
E allora manda la mail infame al povero Colin che scopre così di essere protagonista di “Un marito di troppo” non solo al cinema e in casa volano stracci. Equi, green e solidali, ma pur sempre stracci. A questo punto, siccome Colin non è mica un Francesco Monte qualunque che va per salotti tv a piagnucolare, ma è quello de Il Discorso del re, mica de “L’armadio di Cecilia”, manda a sua volta una mail al giornalista dell’Ansa ex amante di Livia. Una mail in cui in sintesi gli dice “Mi dispiace che tu soffra”. Capito? Mica “Se ti piglio la prossima Ansa sei tu!”. No, “Ti capisco”. Il cornuto che vola alto, il cornuto più equo e solidale delle camicette della moglie. Il cornuto che si mette nei panni di chi s’è tolto i panni con la moglie. Tanto epico quanto raro. Infine, in questa bizzarra storia, c’è il colpo di coda finale: l’ex amante, a sua volta, si difende: “Ma quale stalking. Le ho mandato un paio di messaggi su whatsapp. La verità è che Livia mi ha inviato centinaia di messaggi, foto, video e pure un diario segreto! Ha paura che faccia rivelazioni sul suo matrimonio”. Insomma, una dichiarazione dal sapore vagamente minatorio. Come a dire: “Ah, mi denunci? Guarda che poi io in tribunale mi devo difendere…”.
Insomma, la Glenn Close di Attrazione fatale, nel 2018 è un uomo, un giornalista dell’Ansa che non cucina coniglietti domestici nel pentolone, ma che come una ragazzetta isterica mollata dall’amante manager e bugiardo – ci tiene a far sapere al marito di lei – il povero Colin – che gli Oscar mettono in salvo dall’oblio cinematografico, forse, ma non dalle corna. È la fine del maschio dominante. E non solo nel matrimonio, ma pure nei ménage à trois.