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 2018  marzo 14 Mercoledì calendario

Le lettere di Corrado Augias. Leone Ginzburg, una storia dimenticata

Gentile dottor Augias, in una pagina del documentato e intenso libro “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” ( Neri Pozza ed.), l’autrice Sandra Petrignani lamenta che nel cimitero del Verano «la tomba di Leone ( Ginzburg) – morto in seguito alle torture naziste – sia un loculo, un riquadro piccolissimo, terza fila dal basso in una parete che ne contiene molti altri di gente anonima». Anche la scritta che intende ricordare il suo martirio è molto generica: «Uomo sereno e giusto che all’ideale di un’umanità migliore votò se stesso fino al sacrificio estremo». Faccio mio quanto scrive la Petrignani: «Mi sembra che un popolo dovrebbe onorare diversamente gli eroi che hanno dato la vita per la patria comune. E dovrebbe onorare di più i suoi scrittori: dar loro una sepoltura solitaria dove chi li ama possa andare a raccogliersi». La prego ricordi almeno lei ai lettori di “Repubblica” chi è stato Leone Ginzburg.
Lorenzo Catania – Catania

Dal bel libro di Sandra Petrignani trascrivo alcune righe sulla ricerca della tomba: «Ho impiegato molto a trovarla. Nessuna indicazione, e ai custodi il nome non diceva niente. Mi sembra poco la scritta: “Uomo sereno e giusto che all’ideale di un’umanità migliore votò se stesso fino al sacrificio estremo. Qui giace”. Ripenso al fatto che a Torino, quando mi aggiravo negli androni delle case abitate da Leone e spiegavo le mie ragioni agli inquilini che mi domandavano cosa stessi cercando, la maggior parte delle volte mi sono sentita rispondere, spesso con sincero interesse: “E chi era questo Leone Ginzburg che ha abitato qui? Non ne so niente”. Mi sembra che un popolo dovrebbe onorare diversamente gli eroi che hanno dato la vita per la patria comune». Ho parlato con l’autrice del libro, mi ha confermato il suo sconcerto: «Non è stato facile trovare il loculo nel settore israelitico del Verano e il nome di Ginzburg ai custodi del cimitero non diceva nulla. Sicché è stata una mia solitaria, piuttosto lunga e malinconica ricerca. La scritta, che per fortuna qualcuno ha apposto, non mi pare sufficiente nascosta com’è e tutto sommato non adeguata alla sua statura intellettuale e al suo sacrificio». Mi è capitato talvolta di accostare la figura di Leone Ginzburg a quella di Piero Gobetti non soltanto per la coincidenza della città, di molte idee politiche, ma per il dato comune d’una stupefacente precocità. Torino era in quegli anni un concentrato di intelligenze che avrebbero poi contribuito alla nascita della casa editrice Einaudi. Basta pensare, oltre a Norberto Bobbio, a Elio Vittorini, Vittorio Foa, Cesare Pavese, Carlo Levi, Massimo Mila, Luigi Salvatorelli. Ginzburg aveva patito il confino e nel 1943, dopo la caduta del fascismo, era stato tra gli animatori della Resistenza romana. Arrestato dai nazifascisti subì in carcere tali torture da restarne ucciso. Morì il 5 febbraio 1944, ad appena 35 anni. La sepoltura non è degna né della sua vita né della morte.