la Repubblica, 25 febbraio 2018
Il giallo delle provette di Alex Schwazer. «La verità con il Dna»
Roma La pipì di un ragazzo italiano sta spingendo fuori tutto il marcio che c’è nel mondo dell’atletica internazionale. E quella squalifica di Rio, così eccellente e così clamorosa, puzza sempre più di trappola.
Fiale che passano furtivamente di mano in mano, i misteri di un laboratorio, analisi che affogano nel sospetto. È la macabra “danza delle provette” che contengono le urine di Alex Schwazer, marciatore altoatesino sospeso per otto anni dalle gare dopo uno sbrigativo processo – il tribunale sportivo riunito in Brasile, ad Olimpiadi già cominciate nei primi di agosto del 2016 – e probabilmente “incastrato” da un clan che non lo voleva più fra i piedi dopo le sue denunce sul doping. Alex si è autoaccusato e ha accusato, ha “parlato”, ha fatto nomi e cognomi violando la legge dell’omertà. Troppo per tornare a vincere una medaglia d’oro.
Questa è la cronaca degli ultimi avvenimenti di una vicenda sportiva che sportiva non è, è la caccia grossa ad Alex Schwazer, atleta sottoposto a controllo nell’insolita data di Capodanno 2016, alla vigilia del suo ritorno alle gare dopo la squalifica ai Giochi di Londra del 2012.
Martedì prossimo al quartiere generale dei carabinieri del Ris di Parma inizieranno le operazioni per stabilire se nell’urina prelevata quel giorno c’è la presenza anche di un Dna estraneo a quello di Alex, presenza che proverebbe una manipolazione, ultimo atto di una congiura che l’allenatore Sandro Donati – una vita intera dedicata contro “i signori del doping” – definisce «l’esecuzione di un agguato».
L’urina di Schwazer è stata conservata nel laboratorio antidoping di Colonia per due anni e in due provette, campione “A” e campione “B”. Ma, prima che l’urina di Alex arrivasse al Ris di Parma, è accaduto di tutto. E quel tutto racconta molto.
Cominciamo dal 7 febbraio scorso quando – su ordine del gip di Bolzano Walter Pelino e attraverso una rogatoria internazionale – il colonnello Giampietro Lago che è il comandante del Ris, il genetista Giorgio Portera e l’avvocato Gerhard Brandstaetter difensore di Schwazer, vanno a Colonia per ritirare alcuni millilitri di urina da ciascuna delle due provette.
L’accoglienza per gli italiani non è delle migliori. I responsabili del laboratorio non vogliono far entrare il genetista e l’avvocato, ma c’è un’ordinanza del giudice e alla fine acconsentono. I responsabili del laboratorio di Colonia – con loro ci sono anche due agenti della polizia criminale tedesca e il legale della Iaaf, la Federazione internazionale di atletica – vogliono parlare in tedesco. Altra discussione animata, si decide per l’inglese ma poi si torna a parlare in tedesco.
Per mesi i dirigenti della Federazione internazionale di atletica avevano tentato di opporsi all’esame del Dna e poi di convincere i magistrati che, se proprio volevano farlo, bastava il campione “A”. Provetta aperta e mai richiusa più di due anni fa, priva quindi di valore di prova. I procuratori non hanno abboccato. E ordinato la consegna anche di 6 millimetri di urina del campione “B”.
A Colonia, il colpo di scena dopo un quarto d’ora di tira e molla. Da una porta sbuca qualcuno con una fialetta di plastica aperta, il residuo di una vecchia analisi. Non è il campione “B”. Nel laboratorio succede il finimondo.
Il colonnello del Ris si rifiuta di “prendere in consegna” la fiala. Gli rispondono i capi del laboratorio e il legale della Iaaf: «Questo è il campione, se lo volete prendere bene altrimenti tornatevene in Italia, fate reclamo, fate quello che vi pare». L’avvocato di Schwazer e il colonnello Lago telefonano ai giudici tedeschi e al gip di Bolzano, quest’ultimo prospetta un’azione penale contro i responsabili del laboratorio per la “mancata esecuzione” dell’ordinanza della Corte di Appello di Colonia. Il legale della Federazione di atletica non si scompone, i chimici del laboratorio invece si impauriscono. Un tecnico sparisce in una stanza ( impedendo al colonnello Lago di seguirlo) e poi torna con il campione “B”, congelato e sigillato. Questa urina è rimasta nelle mani dei chimici di Colonia dal 2 gennaio 2016 al 7 febbraio 2018. Due anni, un mese e cinque giorni.
Quali sono a questo punto gli scenari che si annunciano con le analisi del Ris? Il primo. Se non si troveranno tracce di Dna estraneo ad Alex nei campioni “A” e” B”, il caso Schwazer potrà considerarsi ufficialmente chiuso nonostante i buchi neri. Il secondo. Se verrà individuato un Dna estraneo sia nel campione “A“che in quello “B”, questo porterebbe grossi guai alla Federazione internazionale di atletica. Il terzo. Se si troveranno importanti differenze fra i campioni “A” e “B”, sarebbe la prova che quell’urina è stata manipolata due volte. La prima nel gennaio 2016 dopo il prelievo per farla risultare “positiva”, la seconda nel laboratorio di Colonia per provare a far sparire tracce compromettenti della prima manipolazione.
Ma torniamo indietro, per capire qualcosa di più sulle provette. L’azienda produttrice le ha modificate a più riprese per renderle “non manomissibili”. E, guarda caso, proprio sei giorni prima della missione italiana in Germania il laboratorio di Colonia ha segnalato all’Agenzia Mondiale Antidoping che anche le ultime immesse sul mercato si potevano praticamente aprire senza spezzare il tappo. Cosa significa? Significa che qualcuno può taroccare le urine senza che qualcun altro se ne accorga.
C’è dell’altro ancora, per esempio due verbali contrastanti firmati dall’ispettore che ha eseguito il controllo. Se n’è accorto il giornalista Rai Emanuele Piano.
È Denis Jenkel, l’uomo che ha portato nell’ufficio di Stoccarda le urine prelevate a Schwazer il 1 gennaio 2016. Nel verbale acquisito dal tribunale sportivo di Rio, Jenkel afferma di averle lasciate in frigorifero alle 15 del 1 gennaio, nel verbale di “accompagnamento” delle urine, Jenkel dichiara di averle consegnate al padre del proprietario dell’ufficio ( che poi le portate a Colonia) la mattina del 2 gennaio. Qual è la verità? Di sicuro quell’ufficio di Stoccarda era un porto di mare. E quando la Federazione internazionale di atletica ordina un controllo sulle urine del marciatore? Appena un’ora dopo la sua deposizione nell’aula del Tribunale di Bolzano – il 16 dicembre 2015 – che metteva sotto accusa i due medici Pierluigi Fiorella e Giuseppe Fischetto. Come non collegare questa testimonianza contro sé stesso e contro di loro con quell’improvvisa decisione?
I due medici sono stati condannati il 18 febbraio scorso “per favoreggiamento del doping” a due anni e alla”inibizione perpetua da incarichi al Coni e in società sportive”. Fischetto, pezzo grosso della Federazione italiana e anche di quella internazionale, è lo stesso uomo che, intercettato dai carabinieri al telefono, parlava così: «Questo crucco addamorì ammazzato... e devono inc... la Kostner».
C’era una simpatica combriccola nelle alte sfere dell’atletica italiana. Un altro della compagnia era quel giudice di gara internazionale che per due volte – (mandato da chi?) – ha invitato Donati a “frenare” Schwazer nelle gare di La Coruna e di Roma. Tutti personaggi legati a una Cupola sportiva che sembra intoccabile. Nonostante gli scandali. Nonostante la danza macabra delle urine di Alex.