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 2017  dicembre 17 Domenica calendario

Intervista a Cristina Bowerman: È la cucina che fa dialogare le culture

Cristina Bowerman è una talentuosa chef con la passione per i viaggi e la cucina innovativa. Dopo aver vissuto negli Usa, è tornata in Italia con il progetto di ispirare una nuova generazione di cuoche e di plasmare una nuova immagine della cucina italiana. Alla «Glass Hostaria» di Roma si è guadagnata una stella Michelin per i suoi piatti creativi.

Lei è diventata chef in un modo particolare. Com’è andata?
«Dapprima sono stata affascinata dalle lingue straniere. Ne ho studiate cinque e ne parlo fluentemente tre: italiano, inglese, francese; ma so anche un po’ di spagnolo e di tedesco. Sono nata e cresciuta in un paese della Puglia, a Cerignola, in provincia di Foggia, poi mi sono trasferita a Bari. Ho scelto la facoltà di giurisprudenza perché volevo una laurea a largo raggio e quindi ho studiato diritto internazionale».
E poi cos’è successo?
«Quando mi sono laureata, nel 1990, per un paio di anni ho lavorato per un noto studio legale. Ma poi ho sentito il bisogno di una pausa e così sono partita per un lungo viaggio negli Usa. Mi sono trasferita prima a Oakland e poi a San Francisco».
A che età ha iniziato a cucinare?
«Ho sempre cucinato, fin da bambina. È un’attività che consente la massima libertà. Ho iniziato a farlo per gli amici come hobby. Ho frequentato il “Cordon Bleu” College di Austin e ho voluto aprire il mio ristorante ad Austin, ma avevo bisogno di qualcosa in più per convincere gli investitori. Così sono tornata in Italia per imparare a fare la pasta fresca. Dopo sei mesi mi hanno offerto un lavoro a Roma. Ho finito per incontrare altre persone e prendere il 50% in un’azienda che gestiva un ristorante e una ditta di ristorazione. Dopo tre anni abbiamo ottenuto una stella Michelin. Abbiamo iniziato nel 2006 e abbiamo avuto la stella nel 2009 per il ristorante “Glass Hostaria” a Trastevere. Nel 2011 abbiamo deciso di rivolgerci a una fascia media del mercato, perché “Glass” è di fascia alta e volevo creare un cibo di fascia alta accessibile. Nel 2006 ho creato il “panino” per “Glass Hostaria”».
Che cos’è?
«Un panino alla liquirizia con una scaloppa di foie gras e un finto ketchup di mango con chips di riso. È il modo in cui dovrebbe funzionare la mia cucina. Alla “Glass Hostaria”, anche se è un ristorante di alto livello, non ci sono tovaglie».
Cosa rappresenta la sua cucina?
«Un modo per esprimere cultura e valori sociali e anche un modo di essere un imprenditore. La mia è una cucina “contaminata”. Significa che la base è, ovviamente, italiana, “contaminata” da tutti i miei viaggi e le mie letture. Quando vedo una pizza, vedo la cultura, la mozzarella, le persone che la fanno. Se vedi queste cose, hai il potere di diffondere cultura».
Cosa fa ad esempio?
«“Contaminato” significa che, per esempio, nel mio menu ho tapioca, cocco, gamberi e ravanelli come antipasto. Oppure i ravioli ripieni di parmigiano stagionato di 60 mesi liquido. In Israele, invece, dove ho trascorso alcuni giorni per la Settimana Internazionale della Cucina Italiana, ho preparato il confit di anatra come un carpaccio marinato con spezie esotiche. Il tutto combinato con il Grana Padano e il Castelmagno, in un risotto ai frutti di bosco».
La sua cucina è leggera?
«Molto leggera, perché uso pochissime fritture, lunghe cotture, niente grassi. Uno dei miei obiettivi principali è il risotto senza grassi, senza burro, senza formaggio, senza olio. Risulta cremoso e lì si possono mescolare radici tuberose come i topinambur o il sedano rapa. Personalmente, amo formaggi e verdure e uso molto olio d’oliva».
E i dolci?
«Non sono molto dolci. In questo momrnto ho un dessert fatto soltanto con fagioli cannellini».
Ha un piatto speciale?
«No. Il mio ristorante “Romeo” mi permette di avere una grande varietà di cose. Ho un panificio, un bar, un ristorante, una pizzeria che si chiama “Giulietta” e, accanto, “Frigo” la nostra gelateria».
La cucina diventa sempre più importante. Come mai?
«Perché non è solo cibo, ma qualcos’altro. Attraverso il cibo si penetrano le menti. E il cibo ha dato alle donne un modo per raggiungere l’uguaglianza».
Traduzione di Carla Reschia