Il Sole 24 Ore, 17 dicembre 2017
Anche la Borsa sale sull’auto elettrica
Nello sviluppo dell’auto elettrica c’è un prima e un dopo: il dieselgate. Lo scandalo emissioni scoppiato negli Stati Uniti attorno a Volkswagen, che ha coinvolto via via altri marchi con diverse inchieste ancora aperte in Europa, è stato lo spartiacque. Il punto di non ritorno. Prima c’erano la Tesla, all’inizio vista come una bizzaria di un manager visionario, la Prius Toyota, la Nissan Leaf, le Renault elettriche e poco altro. Le case non ci credevano più di tanto.
Investimenti miliardari
Dopo lo scandalo diesel tutti i brand dell’auto, a partire proprio dal gruppo Vw, hanno preso con decisione la strada verso la mobilità sostenibile. Con piani strategici pluriennali fotocopia e investimenti miliardari che vanno tutti nella medesima direzione. Annunci a ripetizione di nuovi modelli. Marchi storici che programmano di non produrre più nuovi motori a combustione – la prima è stata Volvo. Infrastrutture di ricarica che diventano più diffuse. Batterie di nuova generazione con maggiore autonomia. La spinta sulla ricerca per rendere le tecnologie più performanti e accessibili. Questa la scommessa.
Boom in Cina
Nella realtà l’accelerazione nella produzione è stata generata dalle nuove normative sulle emissioni appena approvate in Cina. Nel primo mercato mondiale per l’industria dell’auto, tra pochi mesi le case saranno obbligate a rispettare delle quote minime di commercializzazione per le auto a zero emissioni. Dal 2019 almeno il 10% delle auto vendute dalle società europee e americane dovrà essere con motore elettrico o ibrido. La quota si alzerà dal 10 al 12% nel 2020. L’obiettivo di Pechino è quello di arrivare ad avere il 20% del parco circolante alimentato a batteria entro il 2025. I produttori inadempienti, se non raggiungeranno la percentuale minima stabilita, saranno costretti ad acquistare dei crediti, sorta di bonus verdi, per poter continuare a vendere le loro auto. Con aggravi di costi che peseranno sulla competitività.
Corsa contro il tempo
In un primo momento, le nuove regole cinesi prevedevano un tetto dell’8% dal 2018. Troppo poco per adeguarsi. Le associazioni dei costruttori di Usa ed Europa hanno evidenziato l’impossibilità di far fronte ai nuovi obblighi in un periodo così breve. E Pechino ha cancellato il limite iniziale dell’8%. Si parte dunque dal 2019. Ed è scattata, da diversi mesi ormai, una corsa da parte di quasi tutte le case adeguarsi ai nuovi limiti. A caccia di alleanze con partner locali. Con portafogli prodotti che si allargano ai nuovi modelli. E investimenti in ricerca e sviluppo. Una corsa contro il tempo.
Lo stock
Nel 2017 per la prima volta le vendite di auto elettriche e ibride nel mondo sorpasseranno un milione di unità. Lo stock complessivo di auto elettriche – le auto vendute più quelle circolanti – supera già i due milioni di unità (dati Iea). Ancora poco rispetto ai 96 milioni di auto vendute ogni anno (dati Acea 2016). Ma tanto se si considerano i numeri esigui di questo mercato fino all’altro ieri, e quelli potenziali in arrivo nel futuro prossimo. Secondo un report Ubs nel 2025 le vendite di auto a batteria potrebbero raggiungere quota 16,5 milioni e una percentuale del 16% rispetto al totale delle vendite globali.
Bonus spingono le vendite
Nel terzo trimestre le vendite globali di auto elettriche hanno registrato una crescita record del 63% rispetto allo stesso periodo del 2016. Un livello raggiunto proprio grazie alla forte domanda cinese: nel mondo negli ultimi tre mesi sono state vendute 287mila auto elettriche e ibride plug-in e la Cina pesa per oltre la metà sul totale. Il mercato cinese è raddoppiato in un anno grazie ai ricchi incentivi concessi dal governo (dai 5 agli 8mila dollari a seconda dei modelli) che hanno fatto scendere del 40% il prezzo delle auto a batteria rispetto a diesel e benzina. La Cina è il primo mercato anche per la produzione: nel 2016 il 43% delle 870mila auto elettriche vendute nel mondo è stato prodotto in Cina (dati McKinsey). Contro una quota del 23% per la Germania e del 17% per gli Stati Uniti.
La Borsa premia l’e-car
La vivacità che sta conoscendo tutto il comparto dell’automotive con gli investimenti per elettrico e ibrido si riversa su tutta la filiera. Dalle materie prime ai componentisti, alla microelettronica. E la Borsa li premia. L’ultimo esempio. Il colosso minerario Glencore nei prossimi due anni raddoppierà la produzione di cobalto, minerale chiave nella produzione di batterie agli ioni di litio: Telsa e Vw sono tra i clienti di Glencore. I prezzi di cobalto nel 2017 sono aumentati del 120%. E le azioni della controllata Katanga Mining, quotata in Canada, a dicembre hanno avuto un balzo del 40%. Tanto per restare a casa nostra, Stmicroelectronics, che fornisce tecnologia ai componentisti, ha la leadership nell’inverter, il dispositivo che converte la potenza delle batterie, grazie alla tecnologia in carbon silicio che ha meno dispersione di potenza e fa risparmiare il 20% di energia rispetto agli inverter tradizionali. St inoltre ha da poco firmato un importante accordo in Cina con il consorzio dei sei costruttori di batterie per lo sviluppo dell’elettronica che gestirà le nuove batterie con 600 km di autonomia. Da inizio anno il titolo St in Borsa è salito del 70 per cento.