Il Sole 24 Ore, 15 dicembre 2017
Più gas che petrolio nei consumi italiani Chiusi 400 benzinai
Prezzo del petrolio in risalita nel 2017, a 54,2 dollari al barile (+25% rispetto al 2016), per effetto dei tagli alla produzione decisi alla fine del 2016 e poi prorogati anche nei mesi successivi. E, per il 2018, secondo le principali stime, le quotazioni dovrebbero attestarsi nella forchetta 55-65 dollari al barile, a meno di crisi globali al momento difficili da prevedere. È la fotografia scattata dall’Unione Petrolifera nel preconsuntivo 2017 diffuso ieri che tratteggia uno scenario in cui l’offerta mondiale di greggio è aumentata in misura modesta (+0,5%), soprattutto per via della spinta della produzione non-Opec, con gli Usa che si confermano per il quarto anno consecutivo il primo produttore (13 milioni di barili al giorno, il 24% del totale non-Opec). Mentre la domanda di petrolio, sospinta, in particolare, dalla Cina (+38% negli ultimi cinque anni), ha registrato un incremento dell’1,6%. Con l’Europa che avanza per il terzo anno consecutivo, superando i 14 milioni di barili al giorno (il 30% del totale Ocse).
Ma cosa è accaduto in Italia? I consumi di energia sono risultati in linea con il 2016 (+0,5%) e, diversamente da quello che accade oltreconfine dove il petrolio si conferma la prima fonte di approvvigionamento (con una quota del 32%), è il gas a conquistare la leadership della penisola, con un peso del 38,3% sul totale dei consumi (mentre il greggio si ferma al 35%). Quanto alla fattura energetica, l’asticella 2017 si attesta a 34,4 miliardi, con un incremento del 24% sul 2016 a causa dell’andamento delle quotazioni delle diverse fonti di energia. Ma cresce anche la fattura petrolifera, stimata in 17,4 miliardi di euro (3,8 miliardi in più del 2016 anche se resta tra le più basse degli ultimi due decenni) per via dell’aumento del costo del greggio importato, pari a 11 dollari al barile (+25%). E l’Italia conferma la sua dipendenza dall’estero: nei primi 10 mesi del 2017, certifica l’Up, le importazioni di greggio sono aumentate del 7,8% (a farla da padrone è il Medio Oriente che incide per più del 41%, seguito dall’ex Urss con il 35%, mentre sono triplicati gli arrivi dagli Usa rispetto al 2015). Calano, invece, i consumi petroliferi (-1,1% sul 2016, dal 2010 -20%), soprattutto per la flessione della benzina (-3,5%).
La spiegazione è la seguente: la ripresa economica, sancisce il preconsuntivo, non sembra aver avuto effetti positivi sui carburanti autotrazione rispetto a quanto avvenuto negli altri principali mercati europei. Sul fronte dei prezzi dei carburanti in rete, poi, le quotazioni sono risalite (9 centesimi euro/litro per la benzina e 10 per il gasolio, comprensivi dell’Iva). Ergo, lo “stacco Italia” dei prezzi industriali è tornato in territorio positivo dopo il valore negativo del 2016, pur rimanendo su valori molto bassi (1,3 centesimi per la benzina, 3 millesimi per il gasolio). Il gettito fiscale 2017 dovrebbe posizionarsi sui 39 miliardi (+0,5% rispetto al 2016), 2 miliardi in meno rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Infine, la rete carburanti che, nel 2017, ha chiuso altri 400 impianti: a perdere terreno sono i grandi marchi, mentre crescono le pompe bianche.