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 2017  dicembre 17 Domenica calendario

Toccami la pelle

Quella di Didier Anzieu, scomparso allo scoccare del secolo e in rotta con Lacan, è stata una delle voci più autorevoli della psicoanalisi francese. Nel 1985 scrive un libro che non molti hanno letto ma molti citano, sicuramente per il potere evocativo di un titolo, Le Moi-peau, capace di tenere insieme, in formula stringente, la mente e il corpo. Benvenuta, dunque, questa riedizione di L’Io-pelle. Sforzo di sistematizzazione ambizioso, trattazione complessa e discontinua, ma teoria di fondo forte e intuitiva: esiste un legame (inconscio) tra le funzioni protettive della pelle e quelle dell’Io. Il saggio ruota attorno a una metafora: l’Io avvolge l’apparato psichico proprio come la pelle offre un involucro al corpo. Che segna un confine, mette in comunicazione, protegge dall’eccesso di stimoli.
L’Io-pelle serve al bambino per rappresentare se stesso, a partire dall’esperienza della superficie corporea, come un Io «che contiene i contenuti psichici», possibilità di tenere insieme le parti della personalità infantile ancora non differenziate da quelle del corpo. E siccome, lo afferma Anzieu, l’espressione Io-pelle «fa da scintilla» e mette in connessione pensieri, è inevitabile ricordare Winnicott, pediatra prima ancora che psicoanalista: il bambino può imparare ad abitare il proprio corpo solo se, nelle interazioni fisiche con la madre, ha imparato a mettere in relazione ciò che immagina accadere nel e sul proprio corpo con le sensazioni somatiche suscitate dal contatto. «La pelle è il sacco che contiene e trattiene all’interno il buono e il pieno che l’allattamento, le cure, il bagno di parole vi hanno accumulato». Nel concetto di Io-pelle vive l’idea del contenitore che racchiude, quando c’è, il benessere dell’accudimento materno – la nutrizione, il bagnetto, le ninne nanne, il linguaggio amorevole.
L’investimento del paziente sull’Io-pelle può fornire al clinico indicazioni utili per comprendere la dinamica di strutture patologiche come il masochismo, le patologie narcisistiche (“di pelle spessa”, corazza insensibile, o “di pelle sottile”, facile da scalfire – dirà Rosenfeld) e borderline (pelle bucata da cui fuoriescono i contenuti psichici). Dal concetto di seconda pelle della Bick a quello di identificazione adesiva di Meltzer si potrebbe scrivere una storia della pelle in psicoanalisi. Soprattutto, il percorso di Anzieu non può fare a meno di Bowlby e degli studi sull’attaccamento. Come non ricordare l’esperimento di Harlow e Zimmerman alla fine degli anni ’60 con i cuccioli di scimmia e la potente immagine di un “manichino-madre” in fil di ferro che somministra latte, ma non basta a persuadere i piccoli a starle vicino? Le scimmiette preferivano infatti una “madre di stoffa” che non alimenta, ma fornisce un contatto confortevole.
Non è raro sentire psichiatri affermare che, se non avessero fatto gli psichiatri, avrebbero fatto i dermatologi. Con i suoi eritemi e le sue escoriazioni, la pelle è anche un test di Rorschach. Proprio dalla dermatologia proviene un’altra radice del concetto di Io-pelle. Negli anni ’50, Anzieu trascorre il suo primo tirocinio nel reparto di dermatologia all’ospedale Saint-Louis di Parigi. Un’esperienza che lo porterà ad affermare che nelle malattie dermatologiche «l’alterazione della pelle è proporzionale alla profondità dell’attacco psichico». Posizioni teoriche da mettere alla prova della ricerca.
Con il mio gruppo, e la collaborazione dei colleghi del Sant’Andrea di Roma, stiamo studiando la storia evolutiva e la personalità in un campione di pazienti con psoriasi. Consapevoli che l’enigma cutaneo non deve reificarsi nel simbolico, come voleva la psicoanalisi di un tempo, ma neppure nelle odierne semplificazioni evidence-based. Sotto la pelle è un fortunato libro della psicoanalista italo-inglese Alessandra Lemma che esplora il significato mentale delle modificazioni corporee oggi sempre più diffuse – tatuaggi, piercing e chirurgia estetica – e riconsegna la pelle, il nostro organo più esposto, ma anche più intimo, alla sua centralità psichica.
Secondo la psicoanalisi contemporanea corpo ed esperienza corporea sono costruiti dalla relazione, che entrambi a loro volta costruiscono. Il nostro corpo diventa un oggetto psichico che nasce e si sviluppa nella vita intersoggettiva. Ciò che Anzieu chiamava Io-pelle, oggi, più consapevoli del gioco di regolazione reciproca tra bambino e caregiver, dovremmo chiamarlo Io-tatto. Le neuroscienze affettive indicano la qualità del contatto con il termine affective touch, una sensibilità tattile affettiva con caratteristiche proprie, legata alle emozioni, alla percezione del gesto del caregiver e probabilmente all’attaccamento. Un costrutto alla base di un progetto di ricerca che abbiamo avviato in Sapienza per cogliere i legami tra pelle, mente e relazione. E dare ragione a Paul Valéry: «quel che c’è di più profondo nell’uomo è la pelle».
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Didier Anzieu, L’Io-pelle, Traduzione di Antonio Verdolin e Marta Sghirinzetti, Raffaello Cortina, Milano, pagg. 255, € 26