17 dicembre 2017
APPUNTI SU VITTORIO EMANUELE III PER GAZZETTA
LE POLEMICHE SULLA SEPOLTURA DEI SAVOIA SONO VECCHIE DI 140 ANNI - AGI.IT –
Finisce l’esilio postmortem di Vittorio Emanuele III di Savoiae della moglie Jelena Petrovic Njegos. Dopo che la salma della Regina Elena, in gran segreto, era stata traslata dal cimitero di Montpellier, in Francia, dove fu inumata il 28 novembre 1952, è arrivata al santuario di Vicoforte, nei pressi di Mondovì, nel cuneese, anche il feretro del consorte, che riposava invece ad Alessandria d’Egitto.
ELENA-DI-SAVOIA SAVOIA VITTORIO-EMANUELE-III
Finisce l’esilio postmortem di Vittorio Emanuele III di Savoia e della moglie Jelena Petrovic Njegos. Dopo che la salma della Regina Elena, in gran segreto, era stata traslata dal cimitero di Montpellier, in Francia, dove fu inumata il 28 novembre 1952, è arrivata al santuario di Vicoforte, nei pressi di Mondovì, nel cuneese, anche il feretro del consorte, che riposava invece ad Alessandria d’Egitto.
Un trasferimento, che, come era previsto, ha sollevato polemiche, date le responsabilità storiche di Vittorio Emanuele III nella tragica avventura bellica dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale. Elena aveva seguito il marito in esilio ad Alessandria e, rimasta vedova, si era trasferita in Francia per curare i gravi tumori dei quali soffriva.
"Profonda gratitudine a Mattarella"
La notizia è stata data, a traslazione avvenuta, dalla nipote Maria Gabriella con un comunicato all’agenzia France Presse: "A nome dei discendenti della coppia reale che ha vissuto i suoi 51 anni di matrimonio insieme agli italiani, nella buona e nella cattiva sorte, esprimo la più profonda gratitudine al Presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, che ha favorito il trasferimento in Italia". Il Quirinale in una nota ha confermato di essersi mosso "sul piano diplomatico" per il rientro delle spoglie mortali degli ex regnanti.
"Confido che il ritorno in Patria della Salma di Elena di Savoia, la Regina amata dagli italiani, concorra alla composizione della memoria nazionale nel 70esimo della morte di Vittorio Emanuele III (28 dicembre 1947) e nel Centenario della Grande Guerra", ha aggiunto Maria Gabriella. E alcuni quotidiani sostengono che proprio in quella data la salma del re potrebbe essere rimpatriata. A confermarlo a Repubblica il rettore della basilica, don Meo Bessone, che ha celebrato ieri la cerimonia per la sepoltura della regina nel santuario che, nelle intenzioni dei duchi di Savoia, avrebbe dovuto diventare il mausoleo della casata. Chissà se vi troveranno posto in futuro anche Umberto II e Maria José, che regnarono un solo mese prima della proclamazione della Repubblica e riposano nell’abbazia di Heutecombe, in Savoia.
"I re e le regine d’Italia debbono riposare al Pantheon"
Un gesto di conciliazione che non tutti gli eredi hanno apprezzato. "La mia bisnonna, l’amata regina Elena seppellita a Cuneo? Mio padre Vittorio Emanuele, capo di Casa Savoia, è rimasto sconvolto dall’iniziativa della sorella Maria Gabriella e soprattutto dai modi della traslazione della salma della regina d’Italia, in gran segreto. Ma perché?" è subito sbottato Emanuele Filiberto di Savoia, che al ’Corriere della Sera’ spiega i motivi della tensione con la zia Maria Gabriella che ha preso "in autonomia" la decisione di far rientrare in Italia le spoglie. "Farla tornare adesso di nascosto, quasi fosse stata una terrorista, per noi Savoia è un insulto. La nostra battaglia è sempre stata quella di far tornare le salme degli ex re nell’unico luogo deputato alla loro sepoltura, il Pantheon a Roma. Non in una tomba qualsiasi in Piemonte".
Chi riposa al Pantheon
Il Pantheon conserva le tombe dei due primi re d’Italia, Vittorio Emanuele II e suo figlio Umberto I. La tomba di Vittorio Emanuele II si trova nella cappella centrale a destra. In realtà la destinazione della salma del re al Pantheon fu oggetto di un’accesa discussione: in molti, infatti, volevano che fosse inumata nella Basilica di Superga, luogo tradizionale di sepoltura dei Savoia. Alla fine tuttavia prevalse la volontà del presidente del Consiglio Agostino Depretis e del ministro dell’Interno Francesco Crispi.
Come sacrario di casa Savoia nel 1882 sorsero immediate le proteste per impedire che venisse inumata nel Pantheon la salma di Giuseppe Garibaldi. Esattamente sul lato opposto del Pantheon sorge la tomba di re Umberto I e della sua consorte, la regina Margherita.
Le tombe reali vengono mantenute in ordine da volontari delle organizzazioni monarchiche. Il servizio di guardia d’onore è reso dai volontari dell’Istituto nazionale per la guardia d’onore alle reali tombe del Pantheon.
Non solo Savoia, però: nel Pantheon riposano i pittori Raffaello e Carracci, l’architetto Baldassarre Peruzzi e il musicista Arcangelo Corelli.
Anche per il principe Serge di Jugoslavia, bisnipote della regina, l’ultima dimora dei reali d’Italia non può che essere il Pantheon. "Nonno Umberto II e il bisnonno Vittorio Emanuele III si rivolterebbero nella tomba", dichiara al Corriere, "i re e le regine d’Italia debbono riposare al Pantheon a Roma, e soltanto lì. È dal 1998, quando Vittorio Emanuele ed Emanuele Filiberto hanno potuto far ritorno in Italia che mi faccio portavoce di questa battaglia: i sovrani d’Italia debbono poter riposare tutti al Pantheon. E poi in famiglia le decisioni si prendono discutendo, e invece in questo caso, se i fatti stanno così, nessun altro in famiglia ne era al corrente. Mia madre, Maria Pia, con me non ne sapeva nulla, neppure zio Vittorio Emanuele e tantomeno Emanuele Filiberto con i quali ho parlato: siamo tutti contrariati da questa iniziativa".
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>ANSA-BOX/ Savoia: solo tre sepolti al Pantheon, 20 a Superga
Il Santuario di Vicoforte doveva essere il mausoleo dei Savoia (ANSA) - ROMA, 17 DIC - Solo tre reali appartenenti al casato dei Savoia sono sepolti al PANTHEON a Roma: si tratta di Vittorio Emanuele II detto "il re galantuomo"; del re Umberto I assassinato a Monza nel 1900 e della Regina Margherita sua consorte, che morì nel 1926. La gran parte dei Savoia, venti per l’esattezza, sono sepolti nella BASILICA DI SUPERGA, che sorge sull’omonimo colle a nord-est di Torino e fu fatta costruire dal re Vittorio Amedeo II come ringraziamento alla Vergine Maria, dopo aver sconfitto i francesi che assediavano Torino nel 1706. Qui nel 1732 fu sepolto lo stesso Vittorio Amedeo II, nel 1773 Re Carlo Emanuele III, nel 1793 re Vittorio Amedeo III, nel 1824 Re VittorioEmanuele I, nel 1849 Re Carlo Alberto, promulgatore dello Statuto Albertino. E successivamente vi trovarono sepoltura principesse, duchi e conti. Al SANTUARIO DI VICOFORTE, nei pressi di Mondovì, dove verrà traslata la salma del re Vittorio Emanuele III, che riposerà accanto alle spoglie della moglie Elena di Savoia, arrivate due giorni fa dal cimitero di Montpellier, finora si trovava solo il corpo di Carlo Emanuele che avrebbe voluto che Vicoforte fosse il santuario di casa Savoia. Il duca morì nel 1630 mentre i lavori a Vicoforte erano in alto mare. Gli eventi portarono poi i Savoia a fare della Basilica di Superga il loro mausoleo. Nella SACRA DI SAN MICHELE DELLA CHIUSA, in Piemonte, sono sepolti Tommaso I (1233) e altri 28 principi sabaudi tra i quali il Cardinal Maurizio (1657). Altri Savoia sono sepolti in varie località d’Italia e all’estero: dal SACRARIO MILITARE DI REDIPUGLIA; alla CHIESA DI S.ANDREA AL QUIRINALE di Roma; dal TEMPIO OSSARIO DI BASSANO DEL GRAPPA fino in SOMALIA e nella CAPPELLA DEL CASTELLO DI KRONBERG dove dal 1944 riposa Mafalda di Savoia Langravia d’Assia, morta nel lager di Buchenwald. In KENYA riposa dal 1942 Amedeo III, Duca d’Aosta, Viceré d’Etiopia, sepolto vicino a Nairobi. Il capostipite della dinastia, Umberto I, è stato seppellito nel 1048 nella CATTEDRALE DI SAN GIOVANNI DI MORIANA, in Francia. Nella CATTEDRALE DI TORINO trovano posto 4 Savoia: Oddone (1451), Amedeo VIII, Emanuele Filiberto, Carlo Emanuele II. Nell’ l’abbazia di Altacomba, nella Savoia francese, sono sepolti conti e duchi di Savoia, l’ultimo re d’Italia Umberto II morto nel 1983, e Maria Josè sua consorte. (ANSA). VR 17-DIC-17 17:58 NNNN
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ILSOLE24ORE.COM –
La regina Elena e re Vittorio Emanuele III di Savoia riposano l’uno accanto all’altra nel santuario di Vicoforte, in provincia di Cuneo. L’aereo dell’Aeronautica militare partito questa notte da Alessandria d’Egitto con le spoglie del re Vittorio Emanuele III, è atterrato verso mezzogiorno all’aeroporto di Cuneo-Levaldigi. Un’ora dopo la bara, avvolta dalla bandiera dei Savoia, è stata benedetta sul sagrato della basilica dal rettore don Meo Bussone.
La salma dell’ex sovrano è partita ieri da Alessandria d’Egitto dove era sepolta nella cattedrale di Santa Caterina. Ad Alessandria erano presenti familiari e l’ambasciatore italiano al Cairo Giampaolo Cantini. Le spoglie del re sarebbero state portate da Alessandria in un aeroporto militare nelle vicinanze del Cairo dal quale partiranno a bordo di un aereo militare. La salma della regina Elena era giunta venerdì in Italia da Montpellier.
Vittorio Emanuele III, fu re d’Italia dal 1900 al 1946, quando abdicò in favore del figlio Umberto II (il «re di maggio») e poi andò in esilio ad Alessandria d’Egitto, dove morì il 28 dicembre del 1947.
Del rientro in Italia delle spoglie dei sovrani si è iniziato a parlare nel 2011, anno a cui risale la prima richiesta dei famigliari di Casa Savoia. Istanza poi reiterata nel 2013, con la dichiarata disponibilità del vescovo di Mondovì, monsignor Luciano Pacomio. È di ieri, però, la polemica di Vittorio Emanuele, discendente al trono, che ha criticato la sorella Maria Gabriella, per iniziativa della quale è avvenuto il trasferimento. «Non posso non rammaricarmi che tutto ciò sia avvenuto in gran segreto - ha detto -. Giustizia sarà fatta quando tutti i sovrani sepolti in esilio riposeranno nel Pantheon di Roma».
Emanuele Filiberto si è detto «felice» per il rientro della bisnonna in Italia - ringraziando il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per averlo reso possibile - ma anche «sorpreso» per la segretezza dell’operazione: «Io l’ho appreso dalla stampa e dalle agenzie. Non capisco questa specie di ’vergogna’ di riportare in Italia questa amata regina. Lo trovo strano».
L’arrivo della salma di Elena del Montenegro
Nel tardo pomeriggio di venerdì, dopo mesi di preparativi avvolti dalla massima segretezza, si è compiuto il primo passo con l’arrivo, dal cimitero di Montpellier - dove è sepolta dall’anno della sua morte nel 1952 - , della regina Elena del Montenegro. La cappella di San Bernardo è conosciuta anche come mausoleo del duca Carlo Emanuele I, che vi è sepolto, e che sostenne l’inizio della costruzione del santuario nel Monregalese tra il 1596 e i primi anni del ’600. In attesa della traslazione del re resterà chiusa.
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LA REPUBBLICA –
Il Pantheon? Non è lì che, se pure tornassero in Italia, finirebbero le spoglie di Vittorio Emanuele III. Per il Quirinale, che con discrezione ha lavorato dietro le quinte per agevolare la « richiesta umanitaria » di Maria Gabriella di Savoia, l’operazione- rientro dell’ex re ha una sola destinazione possibile, il santuario di Vicoforte, vicino a Mondovì. Per ricongiungersi alla moglie, la regina Elena, traslata due giorni fa dalla Francia nella chiesa del cuneese. Niente sacrario dei padri della patria, a Roma, dove altri re di casa Savoia sono sepolti. Sul Colle si lasciano cadere le polemiche innescate da Vittorio Emanuele IV che si scaglia contro ogni « rientro in clandestinità, senza onori» e pretende «la sepoltura al Pantheon» come eroi per il nonno e la consorte, chiamando in causa perfino l’intervento di Sergio Mattarella. Il Quirinale assiste con sorpresa e fastidio allo scontro, esploso soprattutto all’interno della famiglia.
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VITTORIO DEL FRATE, CORRIERE.IT –
L’aereo militare partito questa notte da Alessandria d’Egitto con le spoglie del re Vittorio Emanuele III, è atterrato pochi minuti dopo mezzogiorno all’aeroporto di Cuneo-Levaldigi. La salma del re è arrivata circa un’ora più tardi al santuario di Vicoforte, nei pressi di Mondovì. Il trasferimento in Patria della salma del re Vittorio Emanuele ha subito una accelerazione nelle ultime ore. In seguito all’intreccio diplomatico tra esponenti di Casa Savoia e le autorità italiane, in primis il Quirinale le spoglie del discusso ex sovrano riposeranno entro poche ore accanto a quelle della moglie la regina Elena di Montenegro. Alla partenza da Alessandria era presente anche l’ambasciatore italiano in Egitto Giampaolo Cantini. Sono molti i visitatori e i turisti che oggi sono saliti a Vicoforte, in attesa dell’arrivo delle spoglie del re. Nessuna voce polemica al rientro dell’ex sovrano all’infuori delle comunità ebraiche d’Italia secondo le quali «è un fatto inquietante», avendo Vittorio Emanuele firmato le leggi razziali del 1938.
Le Comunità ebraiche: «complice del fascismo»
Noemi Di Segni, presidente dele Comunità ebraiche d’Italia ha manifestato preoccupazione per il clima «di rimozione della memoria» in cui è avvenuto il rientro di Vittorio Emanuele in Italia. «In un’epoca segnata dal progressivo smarrimento di Memoria e valori fondamentali il rientro della salma del re Vittorio Emanuele III in Italia non può che generare profonda inquietudine, anche perché giunge alla vigilia di un anno segnato da molti anniversari», tra cui «gli 80 anni dalla firma delle Leggi Razziste; Vittorio Emanuele III fu complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l’ascesa» sono state le sue parole. «Per chi oggi vuole farne un eroe o un martire della Storia - ha aggiunto Di Segni - per chi ancora chiede una sua solenne traslazione al Pantheon, non può che esserci una risposta: nessun onore pubblico per chi porta il peso di decisioni che hanno gettato discredito e vergogna su tutto il paese».
La bara avvolta nel tricolore con lo stemma reale
A Vicoforte ad attendere il rientro in Italia dell’ex sovrano si era radunata una piccola folla di curiosi e simpatizzanti. Nessuna rappresentanza istituzionale, tuttavia, al di fuori del sindaco del piccolo borgo piemontese, Valter Roattino e del prefetto vicario di Cuneo. Roattino ha dichiarato che «da sindaco penso che avere due sovrani in questo monumento non può far altro che portarci del turismo». Il corpo del re era in una semplice bara di legno chiaro sulla quale era stata posata una bandiera italiana con lo stemma di Casa Savoia. All’arrivo davanti al santuario il piccolo corteo ha effettuato una breve sosta; qui il rettore don Meo Bussone ha impartito una benedizione prima che il feretro varcasse la soglia della Chiesa, che al momento è chiusa al pubblico. Al momento dell’arrivo non era presente nessun familiare o discendente di Vittorio Emanuele. Quando la cassa con i resti del re era scesa dall’aereo a Levaldigi, era passata davanti a un piccolo picchetto militare sull’attenti. Qualche interrogativo, invece, è sorto su chi abbia sostenuto le spese per il rientro delle spoglie di Vittorio Emanuele. Il feretro è sato trasportato da un volo dell’Aeronautica Militare italiana, dettaglio che fa pensare a un intervento diretto da parte dello Stato italiano.
L’iniziale indicazione di Genova
«Secondo le informazioni che abbiamo in questo momento - aveva detto al Corriere il professor Aldo Mola, presidente della Consulta dei senatori del Regno, l‘uomo che da anni sta seguendo da vicino tutte le questioni legate al ritorno in Italia dei membri di Casa Savoia - il feretro dopo il disbrigo delle formalità di rito partirà immediatamente per Vicoforte dove in serata sarà completata la tumulazione». Ma l’intera operazione, va detto, è proceduta sotto un velo di riservatezza. Secondo Mola, non è vero che una parte della famiglia reale è stata tenuta all’oscuro dell’arrivo in Italia delle salme della regina Elena e di re Vittorio Emanuele III. «Erano tutti assolutamente informati e bisogna distinguere nettamente fra discrezione e segreto, o tentativo di occultare». «Qui - ha precisato - non c’era niente da occultare. La scelta di Vicoforte era stata individuata sin dal 19 marzo 2011, nel centocinquantesimo dell’Unità d’Italia. Poi c’è stata la lunga attesa dell’autorizzazione del vescovo di Mondovì, monsignor Luciano Pacomio, che il 22 aprile 2013 ha scritto alla principessa Maria Gabriella di Savoia e alla presidenza della Consulta che sarebbe stato ben lieto di ospitare le salme».
I dubbi dei discendenti
Le voci sul repentino ritorno in Italia del defunto re, sul quale pesano le ombre del fascismo, delle leggi razziali e dell’8 settembre, avevano cominciato a rincorrersi nel pomeriggio di sabato. Il corpo verrà posto nella cappella di San bernardo dove già si trovano altri componenti dell’ex dinastia reale d’Italia. Sulla collocazione definitiva, tuttavia, non c’è accordo all’interno della stessa famiglia. Il principe Emanuele Filiberto aveva già espresso la sua insoddisfazione, dichiarando di ritenere il Pantheon la sede naturale e più adeguata come tomba del «re soldato». Specialmente da quando - era il 2002 - è stata abrogata la norma costituzionale transitoria che proibiva ai Savoia di rientrare in Italia.
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VOLO DI STATO, CHI HA PAGATO? - CORRIERE.IT
È polemica sull’aereo militare partito questa notte da Alessandria d’Egitto con le spoglie del re Vittorio Emanuele III e atterrato pochi minuti dopo mezzogiorno all’aeroporto di Cuneo-Levaldigi. Il capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana-Possibile,Giulio Marcon, esponente di Liberi e uguali, attacca: «Qualcuno prima o poi dovrà spiegare a noi, alla Corte dei Conti e soprattutto ai cittadini italiani, per quale motivo, se fosse confermato, sia stato utilizzato un aereo dell’aeronautica militare, un volo di Stato per riportare in Italia la salma di colui che non si oppose all’avvento della dittatura fascista, firmò la vergogna delle leggi razziali contro gli ebrei, portò il Paese al disastro della guerra al fianco dei nazisti e infine abbandonò vigliaccamente i suoi soldati fuggendo. Il governo e l’aeronautica spieghino per decenza questa scelta».
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REPUBBLICA.IT
È ARRIVATA al santuario di Vicoforte di Mondovì la salma di Vittorio Emanuele III. Partita da Alessandria d’Egitto - dove era sepolta nella cattedrale di Santa Caterina - è rientrata in Italia a bordo di un volo militare che è atterrato alle 11 all’aeroporto di Cuneo. Alla partenza ad Alessandria erano presenti i familiari e l’ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini.
Le spoglie di Vittorio Emanuele III sono state portate da Alessandria in un aeroporto militare nelle vicinanze del Cairo dal quale sono partite a bordo di un aereo militare non appena espletate le formalità burocratiche di rito. L’aereo è arrivato allo scalo militare di Cuneo in mattinata e la bara è stata traslata al Santuario di Vicoforte, accanto a quella della regina Elena. Sono molti i visitatori e i turisti che oggi sono saliti a Vicoforte. La cappella di San Bernardo, dove è già stata collocata la regina, è però, almeno per il momento, chiusa al pubblico.
Sulla vicenda interviene la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni: "In un’epoca segnata dal progressivo smarrimento di Memoria e valori fondamentali il rientro della salma del re Vittorio Emanuele III in Italia non può che generare profonda inquietudine, anche perché giunge alla vigilia di un anno segnato da molti anniversari", tra cui "gli 80 anni dalla firma delle Leggi Razziste". "Bisogna che lo si dica chiaramente, in ogni sede - scrive Di Segni in una riflessione pubblicata sul portale di informazione Ucei www.moked.it - Vittorio Emanuele III fu complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l’ascesa e la violenza apertamente manifestatasi sin dai primi mesi del Ventennio. Nessun tribunale ebbe mai modo di processarlo, per quelle gravi colpe. Cercheremo di colmare questo vuoto con una specifica iniziativa, nel prossimo mese di gennaio. Per chi oggi vuole farne un eroe o un martire della Storia, per chi ancora chiede una sua solenne traslazione al Pantheon, non può che esserci una risposta: nessun onore pubblico per chi porta il peso di decisioni che hanno gettato discredito e vergogna su tutto il paese. L’Italia non può e non deve dimenticare".
La regina Elena e re Vittorio Emanuele III di Savoia riposeranno l’uno accanto all’altra nel Santuario. Ma una parte della famiglia Savoia non è d’accordo e, a quanto sembra, è intenzionata a dare battaglia. Gian Nicolino Narducci, segretario di Serge di Jugoslavia, ha incontrato il rettore della basilica, don Meo Bessone, e nel corso di un colloquio che alcune fonti hanno definito "concitato" ha fatto presente che "tutto si può ancora bloccare".
"Mio nonno - osserva Emanuele Filiberto ai microfoni di Tgcom24 riferendosi a Umberto II, ultimo re d’Italia - diceva che le salme resteranno in esilio finché non torneranno al Pantheon a Roma. Dal 2002, quando è stata abrogata la norma transitoria della Costituzione sull’esilio, non c’erano più problemi nel riportarle in Italia. Ma abbiamo sempre aspettato. Ed è da sempre che vogliamo siano collocate al Pantheon".
Emanuele Filiberto si è detto "felice" per il rientro della bisnonna in Italia - ringraziando il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per averlo reso possibile - ma anche "sorpreso" per la segretezza dell’operazione: "Io l’ho appreso dalla stampa e dalle agenzie. Non capisco questa specie di ’vergogna’ di riportare in Italia questa amata regina. Lo trovo strano".
Al termine della tumulazione della salma di Vittorio Emanuele III al Santuario di Vicoforte, la famiglia Savoia ha incaricato Federico Radicati di Primeglio di fare una dichiarazione alla stampa. Il rappresentante ha ricevuto delega per rappresentare la famiglia in "tutti i passi necessari per la estumulazione delle salme del re d’Italia Vittorio Emanuele III e di Elena di Savoia affinché vengano traslati e ricongiunti in Italia nel centenario della Grande Guerra, come da noi auspicato nella lettera del 10 maggio al presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella". La delega è firmata di Vittorio Emanuele e da Maria Gabriella. "Si è parlato molto di segretezza negli ultimi tempi - ha dichiarato Radicati di Primeglio fuori dal Santuario - ma non c’è stato niente di segreto, c’è stata semplicemente riservatezza come è normale che sia nelle questioni di famiglia". "La speranza - ha aggiunto - è che questo ritorno in Italia possa portare alla condivisione della visione storica, della memoria storica, in Italia". Sulle polemiche in merito al trasferimento, a chi gli chiedeva se tutta la famiglia fosse d’accordo, il conte ha risposto: "Questa è una questione familiare che non mi riguarda, non posso dire di più".
"Porto il ringraziamento della famiglia ai frati minori della cattedrale di Alessandria d’Egitto che si sono occupati amorevolmente della cura della tomba di Vittorio Emanuele III", ha concluso Federico Radicati di Primeglio.
Del rientro delle salme del re e della regina si è iniziato a parlare nel 2011, anno a cui risale la richiesta dei familiari di Casa Savoia. Istanza poi reiterata nel 2013 con la dichiarata disponibilità del vescovo di Mondovì, monsignor Luciano Pacomio. Il tutto cadrebbe nel settantesimo anniversario della morte di Vittorio Emanuele III (28 dicembre 1947) e, come ha voluto sottolineare la principessa Maria Gabriella, "nel centenario della Grande Guerra" con l’auspicio che l’iniziativa "concorra alla composizione della memoria nazionale".
Nel tardo pomeriggio di ieri, dopo mesi di preparativi avvolti dalla massima segretezza, si è compiuto il primo passo con l’arrivo, dal cimitero di Montpellier, della ex sovrana. La collocazione è stata accompagnata "in un contesto di riserbo e sobrietà" dalla preghiera, a cura di don Bessone, prevista per il Rito delle esequie. La cappella di San Bernardo è conosciuta anche come mausoleo del duca Carlo Emanuele I, che vi è sepolto, e che sostenne l’inizio della costruzione del santuario nel Monregalese tra il 1596 e i primi anni del ’600. Ora si attende, ad ore, la traslazione del re. Poi - spiegano a Vicoforte - si "predisporrà quanto opportuno per la visita di chi vorrà sostare in ricordo o in preghiera".
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PAOLO GRISERI, LA REPUBBLICA
Le spoglie di Vittorio Emanuele III e della regina Elena sono arrivate in Italia. Ma perché il penultimo re d’Italia era sepolto da settant’anni ad Alessandria d’Egitto? Nel maggio del 1946, dopo aver abdicato in favore del figlio Umberto II, Vittorio Emanuele e la regina Elena di Montenegro lasciarono l’Italia e ripararono in Egitto, accolti dall’amico re Faruk che li accolse con grandi onori. L’ex coppia reale andò a vivere a Villa Jela, chiamata con il nome montenegrino dell’ex regina. Vittorio Emanuele III morì di congestione polmonare il 28 dicembre 1947, proprio il giorno dopo la sottoscrizione della Costituzione della Repubblica Italiana, e fu sepolto ad Alessandria. La moglie Elena lasciò presto l’Egitto per andare in Francia. A Montpellier si fece curare da una grave forma di tumore ma morì durante l’intervento chirurgico e venne sepolta nella città francese. Da oggi, dopo settant’anni e una trattativa durata sei anni, la coppia reale si ricongiunge nel santuario di Vicoforte.
Perché non i reali non saranno sepolti al Pantheon?
Il re che nel 1938 ha firmato le leggi razziali volute dal governo Mussolini ed ha avuto un rapporto molto ambiguo con il fascismo non potrebbe mai essere tumulato al Pantheon. Il rientro della salma in Italia è avvenuto con questa precisa e inevitabile condizione posta dal Quirinale e accettata dalla nipote, Maria Gabriella. L’altra responsabilità che la storia attribuisce al "re soldato" è quella di essere fuggito da Roma nella notte tra l’8 e il 9 settembre alla volta di Brindisi, città libera dai tedeschi e non occupata dagli angloamericani, senza aver dato disposizioni all’esercito finito così allo sbando. La fuga provocò in dieci giorni dure rappreesagli etedesche contro l’esercito italiano che in dieci giorni perse 20mila uomini. Altri 800mila soldati vennero fatti prigionieri. A Brindisi trovò sede il nuovo governo da dove Vittorio Emanuele dichiarò formalmente guerra al Terzo Reich il 13 ottobre. Gli Alleati dichiararono quindi l’Italia "nazione cobelligerante".
Perché Vittorio Emanuele IV e il figlio Emanuele Filiberto contestano la scelta di Vicoforte?
È l’ultimo episodio di una lite dinastica che oppone Amedeo di Savoia a Vittorio Emanuele IV. Quest’ultimo, sposando Marina Doria senza il consenso del padre, ha violato le regole di successione dei Savoia. La sorella Maria Gabriella ha sostenuto, a questo punto, le pretese di Amedeo d’Aosta che si considera il vero erede al trono virtuale d’italia.
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PAOLA SCOLA, LA STAMPA.IT
Le spoglie di Vittorio Emanuele III sono arrivate al Santuario di Vicoforte, nel Cuneese, verso le 13 trasportata dall’aeroporto di Levaldigi. Il viaggio è avvenuto questa notte da Alessandria d’’Egitto, dove era morto in esilio nel 1947 e sepolto nella cattedrale di Santa Caterina.
Una bara in legno chiaro, avvolta da una bandiera tricolore con lo stemma della casata Savoia, è stata benedetta sul sagrato della basilica dal rettore don Meo Bussone. Lì, dentro al santuario, il re è stato tumulato nella cappella del Duca dove già riposa la Regina Elena dopo il trasferimento dalla Francia avvenuto venerdì scorso. I due regnati riposeranno ai due lati dell’altare San Bernardo.
Le note del `Silenzio fuori ordinanza´ sono echeggiate dalla basilica durante il rito. A suonarle la tromba di un caporalmaggiore degli Alpini.
Durante la cerimonia, svoltasi in forma strettamente privata, è stata recitata la preghiera dal titolo “Al sepolcro”.
“Nessuna segretezza, solo riservatezza”
Al termine della tumulazione la famiglia Savoia ha incaricato, attraverso una delega firmata dal principe Vittorio Emanuele e dalla principessa Maria Gabriella, il conte Federico Radicati di Primeglio a fare una dichiarazione alla stampa: «Si è parlato molto di segretezza negli ultimi tempi, ma non c’è stato niente di segreto, c’è stata semplicemente riservatezza come è normale che sia nelle questioni di famiglia. La speranza è che questo ritorno in Italia possa portare alla condivisione della visione storica, della memoria storica, in Italia». Sulle polemiche in merito al trasferimento, a chi gli chiedeva se tutta la famiglia fosse d’accordo, il conte ha risposto: “Questa è una questione familiare che non mi riguarda, non posso dire di più”.
“Al santuario perché è il mausoleo dei Savoia”
Al santuario era presente il professor Aldo Alessandro Mola presidente della Consulta dei Senatori del Regno che, in attesa dell’arrivo del monarca, ha spiegato: «C’è stata polemica sulla scelta di Vicoforte anziché il Pantheon a Roma, ma questo santuario venne fatto costruire come mausoleo dei Savoia».
E ha aggiunto: «Il Pantheon invece doveva essere la tomba provvisoria di Vittorio Emanuele II e Umberto I. Entrambi morirono prima che fosse completato il Vittoriano che avrebbe dovuto ospitare i Re d’Italia».
La comunità ebraica: profonda inquietudine
«In un’epoca segnata dal progressivo smarrimento di Memoria e valori fondamentali il rientro della salma del re Vittorio Emanuele III non può che generare profonda inquietudine, anche perché giunge alla vigilia di un anno segnato da molti anniversari», tra cui «gli 80 anni dalla firma delle Leggi Razziste». Lo sottolinea la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, ricordando che «Vittorio Emanuele III fu complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l’ascesa».
Il principe Vittorio Emanuele
Domani, lunedì 18 Dicembre 2017, alle 15, insieme alla moglie Marina, e al figlio Emanuele Filiberto, alla sorella Maria Pia e al nipote Serge di Jugoslavia, il principe Vittorio Emanuele si recherà al Santuario di Vicoforte «per rendere omaggio alle sepolture provvisorie dei nonni, il Re Vittorio Emanuele III e la Regina Elena».
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GIOVANNI SABBATICI, LA STAMPA –
Come tutti i Paesi che hanno vissuto cambi di regime e fratture politiche profonde, l’Italia ha sempre avuto qualche difficoltà a riconoscersi in un passato comune e a coltivare una memoria condivisa dei suoi morti.
Il nostro - non dimentichiamolo - è il Paese in cui, nel 1878, gruppi di repubblicani cercarono di gettare nel Tevere la bara con la salma di Pio IX, di cui si stava celebrando il funerale; e nel 1946 un manipolo di irriducibili fascisti trafugò i resti di Mussolini da un cimitero milanese.
Per questo va salutata come un gesto di civiltà la decisione del presidente Mattarella di consentire una silenziosa traslazione nel santuario piemontese di Vicoforte delle spoglie della regina Elena del Montenegro, consorte di Vittorio Emanuele III, morta in esilio a Montpellier e lì sepolta nel 1952. Una figura, politicamente neutra (molto diversa da quella della suocera, l’ingombrante Margherita di Savoia) e generalmente benvoluta dagli italiani.
Ma la polemica non poteva mancare ed è puntualmente arrivata. A sollevarla alcuni fra i numerosi, e sempre litigiosi, rampolli della dinastia sabauda, che hanno contestato le modalità discrete del trasferimento e hanno subito alzato la posta: se torna la regina - questo il ragionamento - è giusto che torni anche il sovrano, ora sepolto ad Alessandria d’Egitto; e che riposi, accanto ai primi due re d’Italia (Vittorio Emanuele II e Umberto I), a Roma, nella sede augusta del Pantheon.
In questo caso, però, l’analogia non funziona. Quella di Vittorio Emanuele III è una figura controversa e fortemente contraddittoria. Fu, nel suo primo quindicennio di regno, un re equilibrato, addirittura in fama di progressista o quanto meno di «giolittiano». Eppure, nel 1915, non tenne in alcun conto il parere del Parlamento, come peraltro le sue prerogative gli consentivano, pur di portare l’Italia in guerra. Nell’ottobre del 1922, fu il suo rifiuto di firmare un decreto di stato d’assedio già pronto a spalancare le porte della capitale ai fascisti. Da allora il re avallò, senza visibili resistenze, tutte le scelte più sciagurate del regime, dalla cancellazione di ogni procedura democratica alla discriminazione dei cittadini su base razziale (provvedimento che violava la lettera, oltre che lo spirito, dello Statuto), fino all’entrata in guerra a fianco della Germania nazista. E’ vero che alla fine fu lui a decretare la caduta di Mussolini, così come ne aveva consentito l’ascesa.
Ma, quando si trattò di tirar fuori l’Italia dalla guerra, il re condivise con il suo governo e i suoi generali la responsabilità della tragedia del dopo 8 settembre: dove lo scandalo non stava tanto nella sua fuga dalla capitale, quanto nella somma di disorganizzazione, inganni e inutili furbizie con cui l’operazione era stata preparata sotto la sua regia.
Ricordare tutto questo non significa negare la possibilità di un trasferimento delle spoglie di Vittorio Emanuele III in una sede meno lontana di Alessandria d’Egitto, e comunque dentro i confini della patria. Ma questo luogo non può essere il Pantheon: un nome che evoca non solo un famoso monumento, ma anche un luogo ideale in cui raccogliere e onorare le riconosciute glorie nazionali. La salma del sovrano potrebbe riposare in pace, accanto a quella della moglie, a Vicoforte, o a Superga, o in uno dei numerosi luoghi di culto che i Savoia, quando non erano ancora re d’Italia, edificarono a gloria della loro dinastia.
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MARCO VENTURA, IL MESSAGGERO –
È partita nella notte da Alessandria d’Egitto la salma di Vittorio Emanuele III, per rientrare in Italia a bordo di un volo militare. Ad Alessandria erano presenti alcuni familiari e l’ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini. Entro il 28 dicembre, a settant’anni dalla sua morte in esilio, la possibilità per gli italiani di pregare davanti ai loculi di colui che fu re d’Italia per quasi mezzo secolo, dal 1900 all’abdicazione nel 1946, e della regina più amata, Elena, le cui spoglie sono rientrate in gran segreto dal cimitero di Montpellier venerdì scorso. Il Piemonte potrebbe non essere la destinazione finale e, certo, non è quella che tutta la famiglia si aspettava, cioè il Pantheon.
È stata la nipote Maria Gabriella da sola a organizzare la traslazione senza informare i fratelli, dandone poi l’annuncio all’agenzia France Press. Re e regina riposeranno uno accanto all’altra nel santuario di Vicoforte vicino a Cuneo, nella cappella a sinistra dell’altare maggiore, adesso sbarrata da un’intelaiatura che nasconde una speciale gru su rotelle utilizzata per rimuovere le pesanti pietre tombali.
LA COLLOCAZIONESi tratta della cappella di San Bernardo, o Mausoleo del Duca, perché vi è sepolto Carlo Emanuele I, che della costruzione del santuario, a fine 500, fu promotore e mecenate. «Elena di Montenegro deve riposare nel Pantheon, verso la sua figura non si può che avere una venerazione assoluta», dice lo storico delle famiglie reali Domenico Savini. «Mai si compromise con la politica. C’è su di lei una causa di beatificazione. A Messina le hanno eretto un monumento per come ha assistito i terremotati del 1908. Durante la Grande Guerra, caso unico in Europa, ha trasformato la reggia del Quirinale in ospedale. Sì, il santuario di Vicoforte è più adeguato della tomba del medico che l’aveva curata a Montpellier, ma sarebbe stata più giusta la Basilica di Superga. A meno che questo non sia un primo passo verso il Pantheon. Fu una regina di pace, contraria a qualsiasi violenza».
LE DIVISIONIIn rivolta il ramo di Maria Pia, la primogenita di re Umberto II. Serge di Jugoslavia, suo figlio, ha inviato al santuario di Vicoforte il segretario, Gian Nicolino Narducci, a parlare col rettore don Meo Bessone. Colloquio «concitato», dicono, dal quale emerge che per Serge «tutto si può ancora bloccare». Critico Emanuele Filiberto, che al Tgcom24 ha ricordato come per Umberto II, «mio nonno, le salme dovevano restare in esilio finché non fossero tornate al Pantheon. Dal 2002 quando è stata abrogata la norma transitoria della Costituzione sull’esilio, non c’erano più problemi nel riportarle in Italia. Abbiamo sempre aspettato perché da sempre vogliamo siano collocate a Roma». Emanuele Filiberto si dice comunque «felice» per il rientro da Montpellier, e ringrazia il capo dello Stato, ma «sorpreso per la segretezza dell’operazione, non capisco questa specie di vergogna di riportare in Italia questa amata regina».
LE RIMOSTRANZEPer il padre Vittorio Emanuele, discendente al trono, «giustizia sarà fatta quando tutti i sovrani sepolti in esilio riposeranno al Pantheon». Così le guardie d’onore alle Reali Tombe, che definiscono «iniziativa scriteriata» avere traslato la regina Elena «in un santuario di campagna».
Caustico Serge, fratello di Maria Gabriella, che apprezza la sensibilità di Mattarella ma si rammarica che non siano stati concessi «alla regina d’Italia, sovrana della Carità Benefica, gli onori dovuti e il Pantheon». Riportare la salma «in totale anonimato e in segretezza è un insulto alla sua memoria e a tutto ciò che ella rappresenta, dall’angelo del terremoto di Messina all’infaticabile crocerossina della Grande Guerra». Per il principe Guglielmo Giovanelli Marconi, «una Repubblica forte e uno Stato democratico non dovrebbero avere paura dei propri morti».
Lo storico Lucio Villari invita a voltare pagina: «Di questo capitolo di storia possiamo riappropriarci ormai». Don Bessone, a Vicoforte, conferma «riserbo e sobrietà». La cappella resterà chiusa fino all’arrivo del re, «poi si predisporrà quanto opportuno per chi vorrà sostare in ricordo o in preghiera».
Marco Ventura
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FABIO ISMAN, IL MESSAGGERO
Da quando hanno smesso, non per loro volontà, di essere dei monarchi, i Savoia non hanno mai costituito un esempio di unità familiare. I re di maggio, Umberto II e Maria José, si sono quasi subito divisi: lui a Cascais, lei a Merlinge, in Svizzera. Né i figli sono mai andati d’accordo. La più giovane, Maria Beatrice detta Titti, a un certo punto si impadronì della madre, convincendola ad andare da lei, in Messico: e fino a cose fatte, gran parte della famiglia ne era rimasta all’oscuro. Poi, lei stessa mise all’asta vari cimeli di famiglia, che altri Savoia (in particolare Maria Gabriella) comperarono. E quando Maria José, con il marito di Maria Beatrice, tornò in Europa, quasi di nascosto a Bruxelles, trovò gli altri figli ad attenderla all’aereo, sorprendendosene. Vittorio Emanuele, invece, ha sfrattato la mamma dalla ville di Merlinge; poi, pare, le ha perfino intentato causa. Sullo sfondo, forse, problemi di eredità. In confidenza, qualcuno dei consiglieri della Casa spiegava che la parte migliore della famiglia era certamente quella femminile.
I RUOLIMaria Pia, la primogenita, se ne è sempre stata in disparte, a Parigi; ma nei momenti topici, era chiamata in causa: a Ginevra, ricordo le sue parole di fuoco contro il fratello che aveva minimizzato le leggi razziste firmate dal padre, Vittorio Emanuele III. Maria Gabriella era tutta dedita alla fondazione culturale fondata nel nome di papà e papà, che tramandava le memorie di casa. Anche se dovevano comparire, tutti insieme, a qualche cerimonia pubblica, la disposizione dei posti che sceglievano palesava divergenze ed alleanze. E accanto a Gabriella, c’era immancabilmente Amedeo d’Aosta: ad un certo punto, i monarchici italiani tentarono perfino di sostituirlo a Viktor come capo della famiglia. L’unica, forse, che a nome dei Savoia poteva condurre una trattativa ragionevole sul ritorno delle salme degli avi, era dunque Ella, come la chiamano gli amici.
IL RIENTROInfatti, del rientro della salma di Elena del Montenegro, la vedova di Vittorio Emanuele III, nessun altro era informato. Il primo a lamentarlo, è stato Serge di Jugoslavia, figlio di Maria Pia; poi, pure Vittorio Emanuele (non IV: spetta solo ai re il numero ordinale). Tuttavia, insistere nella richiesta di sepolture al Pantheon, che già nel passato aveva suscitato altissime opposizioni, non avrebbe avuto sbocchi: quella di Maria Gabriella, è stata una scelta di Realpolitik, che non significa politica reale, ma realistica. In passato, mi è capitato perfino di assistere a dissapori pronunciati tra lei e il fratello: se l’ultima regina, Maria José, rimasta vedova, ha potuta rivedere l’Italia, non è stato certo per le avventate frasi dell’unico figlio maschio. Ora, Ella, con una trattativa segreta, ha fatto tornare la salma, per adesso, della nonna: mostrando tutta la diplomazia richiesta dal caso, ieri si negava addirittura al telefono.
Fabio Isman
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ANTONIO CARIOTI, CORRIERE DELLA SERA –
Se Vittorio Emanuele III avesse firmato il decre-to di stato d’assedio proposto dal primo mini-stro Luigi Facta, nell’ottobre 1922, la marcia su Roma sarebbe quasi certamente fallita, quindi l’Italia avrebbe evitato il regime fascista e magari sarebbe tuttora una monarchia. Ma la storia non si fa con i se. E quel sovrano, al di là del rispetto che si deve alle spoglie dei defunti, resta una figura su cui il giudizio storico non può che essere negativo. Forse il re sperava che affidando il governo a Benito Mussolini ne avrebbe placato l’oltranzismo. O temeva che l’esercito non avrebbe accettato di contrapporsi alle camicie nere. Di certo Vittorio Emanuele III si dimostrò inadeguato alle sue alte responsabilità. Da allora il suo regno fu un susseguirsi di cedimenti e complicità. Cedimenti alle pretese del fascismo, che si arrogò il diritto di interloquire anche sulla successione al trono. Complicità con le mosse di Mussolini per trasformare l’Italia in uno Stato totalitario. Anche quando il delitto Matteotti mise in luce la vocazione violenta dei fascisti, il re rimase inerte. Poi avallò le misure liberticide, le leggi razziali, le guerre di aggressione. Solo l’imminenza della disfatta nel secondo conflitto mondiale indusse il monarca a dissociarsi dal regime. Ma l’armistizio con gli Alleati sfociò nel disastro dell’8 settembre. La stessa l’abdicazione di Vittorio Emanuele III, dopo il compromesso della luogotenenza, giunse tardi, alla vigilia del referendum che avrebbe bocciato la monarchia. Che oggi la salma del re torni in Italia non può turbare nessuno. Però le sue colpe (condivise con molti altri, ma comunque pesantissime) rimangono incancellabili.
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ENRICA RODDOLO, CORRIERE DELLA SERA –
Le spoglie mortali dell’ex re Vittorio Emanuele III, morto in esilio in Egitto il 28 dicembre 1947, tornano oggi in Italia. Un volo militare le trasporterà nel nostro Paese dove sono attese per le 11 di stamane. Quindi prima di quanto aveva annunciato il rettore della basilica di Vicoforte, don Meo Bessone che aveva parlato di un giorno della prossima settimana. Venerdì Maria Gabriella, nipote di Vittorio Emanuele III, aveva rivelato la tumulazione dei resti della regina Elena nel Santuario di Vicoforte Mondovì nel Cuneese, traslata da Montpellier in Francia dove nel 1952 l’ex sovrana morì dopo una lunga battaglia contro un tumore. Dalla vicina Montpellier il viaggio verso il Piemonte è stato breve e semplice. La famiglia è divisa, ancora una volta. Il principe Vittorio Emanuele, formalmente capo di Casa Savoia, dice: «Sognavamo per questo giorno di festa un epilogo ben diverso, giustizia sarà fatta quando tutti i sovrani sepolti in esilio riposeranno nel Pantheon di Roma». Gli eredi Savoia polemizzano sull’operazione «segreta».
Segreto? «Sulla scrivania del presidente Mattarella è arrivata la richiesta della famiglia Savoia per riunire le sepolture dei nonni in Italia e per spirito umanitario il capo dello Stato ha ritenuto di dare il consenso, disponendo con il governo il sostegno necessario», spiegano al Corriere fonti del Quirinale. Lasciando intendere che ci sia stata solo normale discrezione per una questione delicata come questa che, altrimenti, avrebbe inevitabilmente suscitato rumore.
Risulta che a Mondovì, per la tumulazione della regina Elena, siano stati inviati anche due carabinieri in alta uniforme.
Lo storico Lucio Villari ricorda come per il rientro delle salme dei Savoia «l’approvazione del presidente Mattarella ha fatto seguito alla precedente presa di posizione del presidente Pertini, entrambi uomini di grande spessore democratico e nobiltà di ideali. Dopo tanti anni, i rapporti civili servono anche a sciogliere alcuni dissapori. La storia non è vendicatrice, non è giustiziera, per dirla con Benedetto Croce, ma giustificatrice», conclude lo studioso.
«Non credo proprio che la nostra Costituzione, la nostra stabilità democratica abbiano alcunché da temere dal rientro in Italia delle salme dei Savoia», nota l’editore Stefano Mauri, amministratore delegato (con Luigi Spagnol) del gruppo editoriale che con i saggi storici Longanesi e Garzanti la storia d’Italia l’ha raccontata con tanti titoli, nel bene e nel male.
E aggiunge: «Abbiamo respinto ben altre spallate antidemocratiche, possiamo tranquillamente far rientrare i morti in Italia, ai defunti poi si deve rispetto, siano re o persone comuni. Aggiungo che siamo un Paese con un vero equilibrio del potere, con il capo dello Stato che ha fatto bene a dare il suo assenso al rientro. Certo la politica lascia un po’ a desiderare, ma questa è un’altra storia».