Corriere della Sera, 15 dicembre 2017
Putin
MOSCA In forma come sempre nelle grandi occasioni, Vladimir Putin ha risposto per più di tre ore e mezza in conferenza stampa negando tutte le accuse avanzate nei confronti del suo Paese e contrattaccando su tutti i fronti. Non è vero che i suoi servizi segreti hanno influenzato le elezioni americane; il doping? una montatura internazionale nella quale il principale accusatore, l’ex dirigente russo Rodchenkov, dice quello che dice perché è in mano all’Fbi che «forse gli somministra qualche sostanza». Naturalmente niente interferenze russe in Ucraina e nessuna volontà del Cremlino di uscire dai trattati antimissilistici internazionali. Sono invece gli Stati Uniti a voler rinnegare l’accordo sulla limitazione in Europa dei missili a media gittata.
Forte dei successi internazionali, a cominciare dalla Siria, e dell’enorme consenso interno, Vladimir Vladimirovich sceglie di candidarsi alle presidenziali di marzo da indipendente, slegandosi dal partito Russia Unita che non gode di buona fama. Dipinge l’opposizione come inesistente, con i personaggi più in vista che vorrebbero trascinare la Russia in una situazione di tipo ucraino, caos, scontri e «gli oligarchi che pescano pesci d’oro in una sorta di palude, come avveniva negli anni 90».
Il confronto con i 1.640 giornalisti scorre sui temi previsti. Approfittando della domanda di una reporter americana, Putin attacca il Congresso Usa: «Ci mettono sullo stesso piano di Corea del Nord e Iran e poi ci chiedono di mediare con Pyongyang. Ma siete normali o cosa?». Con Trump si chiamano per nome di battesimo ed è chiaro dalle sue parole che Putin vorrebbe collaborare di più. In serata i due si sentono al telefono proprio sulla crisi coreana e in vista del Consiglio di sicurezza Onu di oggi.
A un certo punto Putin si rivolge a Ksenya Sobchak, figlia del suo defunto mentore che era sindaco di San Pietroburgo, la quale ha annunciato di candidarsi. La «pizzica», chiedendole se è nella sala «in qualità di candidata o come giornalista». Ksenya è un po’ imbarazzata perché è strano che un aspirante presidente ricopra il ruolo di giornalista. Ma contrattacca subito, affermando di essere stata accreditata dalla sua tv. E aggiunge: «Volevo farle una domanda sulle libertà politiche». Sornione, Putin risponde: «Me lo aspettavo» e si prepara ad ascoltare la giovane ex reginetta dei salotti. Lei lo guarda in faccia e spara: «La gente capisce che essere un attivista dell’opposizione in Russia vuole dire che sarai ucciso o imprigionato. Perché succede questo? Il potere ha paura della competizione onesta?». Il presidente risponde: «Non abbiamo paura, ma non rimarremo a guardare mentre qualcuno tenta di rovinare il Paese». Quanto a Navalny, il blogger che non potrà correre alle elezioni perché condannato, Putin lo paragona all’ex presidente georgiano Saakashvili che ora fa l’oppositore in Ucraina. Il personaggio mondiale più odiato in Russia.