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 2017  dicembre 15 Venerdì calendario

Differenziata, cultura e dolci tipici. Così Montelepre archivia la mafia

«Non siamo il paese perfetto, ma siamo un paese rinato: con le buone pratiche, il buon senso e la riconquista della nostra identità». È orgoglio e appartenenza quello che si respira passeggiando per le strette vie di Montelepre, Comune di 6 mila abitanti in provincia di Palermo appoggiato sulle pendici del Monte d’Oro, vincitore dell’undicesima edizione del Premio «Comuni Virtuosi». Un comune con un’eredità difficile. Sia per quanto riguarda la memoria – nell’immaginario il luogo evoca irrimediabilmente il periodo drammatico e insanguinato del bandito Salvatore Giuliano – e sia per quanto la recente cronaca, con lo scioglimento dell’amministrazione per mafia nel marzo del 2014 e il conseguente anno e mezzo di commissariamento. «Un fatto che ci ha fatto ripiombare indietro di mezzo secolo, da cui abbiamo però trovato la forza per trasformarci: ci vorrà tempo, ma con la rivoluzione della sana amministrazione raggiungeremo l’agognata normalità».

La porta dell’ufficio sempre aperta, il cellulare che squilla e un’anziana signora a cui spiegare perché la sua casa è senza acqua, il caffè al bar che si trasforma in una improvvisata riunione con i commercianti per discutere delle multe date alle auto in sosta nei pressi dei negozi: esserci, coinvolgere i cittadini, farli diventare parte della gestione del bene comune. È questa la parola d’ordine della snella giunta di Maria Rita Crisci, 49 anni, insegnante d’arte eletta sindaca nel novembre del 2015 con «Reset», una lista civica sostenuta dal centrosinistra. «Siamo ripartiti da zero, come zero era il budget destinato alla cultura da chi ci aveva preceduto». Tagliarsi le indennità e creare un fondo per finanziare le attività delle tante associazioni presenti sul territorio è uno dei primi atti per rivitalizzare le energie creative dei cittadini. Per trasmettere il piacere di svegliare il proprio paese.

Il secondo obiettivo è la soluzione di un problema annoso: quello dei rifiuti. «Le leggi ci sono, basta applicarle. I regolamenti anche, basta saperli leggere. I finanziamenti pure: bisogna studiare e studiare, trovare le soluzioni per rompere le consuetudini, creare sana concorrenza, smuovere competenze e responsabilità». È questa la ricetta per incentivare in maniera strategica la raccolta differenziata, come spiega Salvatore Cristiano, 50 anni, vice sindaco. «O vicesindaca – commenta sorridendo –. Mi sono posto il dubbio in effetti, ho anche scritto all’Accademia della Crusca, ma non ho ricevuto risposta». L’eliminazione di tutti i cassonetti, l’installazione di fototrappole per fronteggiare l’abbandono dei rifiuti lungo le strade, una distribuzione capillare dei sacchetti porta a porta per spiegare e giustificare il nuovo tipo di raccolta. Con un occhio all’ambiente e l’altro alle bollette. «Abbiamo trascorso le notti sui numeri, per poter ridurre le tasse a tutti e dimostrare come ci fosse un reale beneficio economico per l’intera comunità», spiega Giuseppe Palazzolo, 34 anni, l’assessore al Bilancio. «Questo è stato un fortissimo incentivo, ma c’è stato un vero scatto culturale: prima si viveva tra i cumoli di sporcizia e si era rassegnati, ora ci si sta abituando al pulito e c’è chi bussa alla porta per brontolare per una manciata di aghi di pino sul marciapiede». E così, se nel 2015 la raccolta differenziata era di fatto inesistente, a settembre del 2017 raggiunge il 70%, punta d’eccellenza per l’intera regione.

Ma non basta: per la giunta Crisci la valorizzazione delle radici è una delle priorità, per creare coesione sociale e per accendere nuovi indotti economici. Con un appello pubblico – a cui la risposta è sorprendente – si chiede di restituire reperti rubati negli anni negli adiacenti scavi archeologici, per potenziare l’offerta del museo civico allestita all’interno della maestosa torre Ventimiglia, simbolo e cuore del paese. E poi si punta su un dolce tipico, la «Pasta all’antica», cercando un accordo tra i pasticcieri per stilare la ricetta originale di questo impasto di crema di latte, farina di maiorca e mandorle punteggiato da una ciliegia. Un patrimonio culinario adottato dal progetto «Terra Madre», che sta portando il nome di Montelepre fuori dagli usuali confini. «E poi vorremmo istituire un centro studi sull’epoca relativa a Salvatore Giuliano – conclude la sindaca –. È un passato irrisolto, tra rischi di revisionismo, fatti mai accertati e mal documentati, dolore e sensi di colpa. È un tema che ancora spacca, di cui si preferisce non parlare, con il rischio che alle nuove generazioni arrivi una versione annacquata e mitizzata. Montelepre ha scelto la legalità e la legalità passa per la verità».