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 2017  dicembre 14 Giovedì calendario

70 anni. Buon compleanno Paperone

Adam Smith nacque a Kirkcaldy, in Scozia, a sole 30 miglia dal cimitero storico di Edimburgo, dove riposa ora, in una tomba capolavoro di frugalità scozzese, lastra di pietra e fiori dei turisti che onorano l’autore del classico elogio del libero mercato, La ricchezza delle nazioni, contro cui si scagliò Il Capitale di Marx. Nel dicembre di 70 anni fa, quando il disegnatore americano Carl Barks decise di dare a Paperino-Donald Duck uno zio capitalista, Scrooge McDuck-Paperon de’ Paperoni, ovvio dunque che la nazionalità prescelta fosse proprio la Scozia, culla teorica del capitalismo. Nei cartoni animati Usa Paperone parlerà con pesante accento scozzese, e le lingue che lo renderanno poliglotta grazie ai viaggi per affari –Bengali, cinese, finlandese, mongolo, arabo perfino, si dice, «dialetti Maya»…- mai cancelleranno il suo legame con la patria di Smith.
Il primo Paperone immaginato da Barks era un avaro dispeptico, che passava il Natale a Bear Mountain, omonima, occhio alle coincidenze letterarie!, della Bear Mountain da cui, solo quattro anni dopo, nel 1951, fradicio di pioggia, Sal Paradiso, eroe del romanzo Sulla strada di Jack Kerouac, parte in cerca dell’anima americana. Paperone è battezzato capitalista già nel cognome, Barks lo ruba a Ebenezer Scrooge, crudele protagonista del Canto di Natale di Dickens, che pentito del suo solitario odio contro feste e altruismo, diventa un benefattore. In 70 anni di avventure e successi, ahinoi, Paperone non conoscerà revival di bontà. Barks lo renderà meno odioso dai foschi esordi al Bear Mountain («era troppo vecchio, zoppo, dovetti ringiovanirlo per lanciarlo nelle avventure» commentava), e i successivi autori, l’italiano Scarpa e l’americano Rosa, gli daranno più simpatia e meno rancori, Scarpa perfino una bizzarra «fidanzata», Brigitta. Ma il fascino di Paperone resta quello odioso del padrone, che sfrutta prossimo e deboli e non paga mai pegno.
Paperone rimprovera a Paperino proprio la debolezza, ricordandogli che il suo carattere di ferro è nato dalle angherie subite da ragazzo, quando emigra dall’amata Scozia a faticare nelle miniere del Klondike dove, nel 1898, a soli 13 anni, trova una pepita d’oro grande come un uovo d’anatra. Allora il primo centesimo, guadagnato lustrando per ore stivali infangati, e custodito come un amuleto dalle brame della fattucchiera Amalia, diventa cimelio, non più valuta. La rivista Forbes calcolò nel 2013 che la fortuna di Paperone assommasse a 65,40 miliardi di dollari, oggi pari a 68,72 miliardi, (58 miliardi di euro), ma lo zio sarebbe livido se sapesse che Bill Gates, fondatore di Microsoft, conta nel suo deposito, pur non in monetine in cui far tuffi e bagni, oltre 90 miliardi di dollari.
Barks, Scarpa e Rose fanno dibattere spesso a Paperone il dilemma antico tra mercato e morale, Barks più liberista, persuaso che il merito crei ricchezza, gli altri più attenti al sociale. Nel suo studio sulla cultura di massa del 1964, Apocalittici e Integrati, il semiologo Umberto Eco non aveva dubbi: «La figura di Paperon de’ Paperoni riassume tutti i vizi di un capitalismo generico fondato sul culto del denaro e sullo sfruttamento dei propri simili a fini esclusivi di profitto; ma lo stesso nome che il personaggio assume nell’originale, Uncle Scrooge…serve a indirizzare questa critica indiretta contro un modello di capitalismo ottocentesco…». E che la filosofia di zio Paperone, ricco in cilindro e ghette da vignetta espressionista anni Venti di Grosz, sia obsoleta nel mercato globale, Eco lo ripete nei giorni tragici del rapimento del presidente Aldo Moro da parte dei terroristi delle Brigate Rosse.
In un editoriale su La Repubblica, 29 marzo 1978, Eco scrive infatti amaro: «È interessante che le Br abbiano abbandonato la loro mitologia alla Walt Disney, per cui da una parte c’era un capitalista cattivo individuale chiamato Paperon de’ Paperoni e dall’altra la Banda Bassotti, canagliesca e truffaldina è vero, ma con una sua carica estrosa di simpatia perché svaligiava a suono di espropri proletari il capitalista avaraccio ed egoista…Il capitalista “nazionale” alla Paperon de’ Paperoni teme la rivolta, il furto e la rivoluzione che gli sottraggono i mezzi di produzione. Il capitalismo moderno, che investe in paesi diversi, ha sempre uno spazio di manovra abbastanza ampio per poter sopportare l’attacco terroristico da un punto, due punti, tre punti isolati…il sistema manifesta un’incredibile capacità di rimarginazione e di riequilibrio. Dovunque venga colpito, sarà sempre alla sua periferia…».
Insomma, lo zio Paperone era ormai solo un caro personaggio dell’infanzia di cui sorridere insieme, non più maschera di un potere che spaventa. Auguri dunque Paperon de’ Paperoni, eroe di un capitalismo che sapeva creare lavoro, ricchezza, perfino uguaglianza. Che bei tempi i tuoi, zio Paperone, provate voi a fare il bagno nei bit digitali dei bitcoin, presunta moneta del futuro!

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