La Stampa, 14 dicembre 2017
Da Pegaso a Harry Potter. Nuovi nomi alle costellazioni per attirare i più giovani
Chi corre più veloce tra Usain Bolt e Pegaso, il più famoso dei cavalli alati, che un giorno volò verso la parte alta del cielo e si trasformò in una nube di stelle scintillanti? Nessuno può dirlo. Senz’altro, in una gara di notorietà, il centometrista giamaicano vince a mani basse. E la costellazione che ha preso il suo nome attirerà lo sguardo di adulti e bambini molto più di quella che si ispira al vecchio mito greco, nato dopo che Perseo tagliò il collo a Medusa.
L’università britannica di Birmingham e la Big Bang Fair, la fiera per bimbi e ragazzi che spiega l’ingegneria e l’astrofisica con il gioco, hanno capito che oggi il logo è tutto, anche per le stelle.
Le statistiche dicono che i piccoli e i loro genitori non alzano più la testa per ammirare il cosmo. Così hanno deciso di rottamare le costellazioni dai nomi criptici, disegnandone di nuove con le forme di oggetti più conosciuti alle ultime generazioni: dagli occhialini di Harry Potter, agli stivali dell’orso Paddington, icona della letteratura per i bambini inglesi. E ancora, la racchetta di Serena Williams e il libro della premio Nobel Malala, la posa della vittoria di Bolt e il «Mobot», il gesto di esultanza che il corridore Mo Farah si è inventato alle Olimpiadi di Londra nel 2012.
Per la nostra società, cosa rappresentano più Orione, Perseo o la Chioma di Berenice? Gli appassionati del mito greco storceranno il naso e faranno fatica ad accettare la ricerca inglese, che alle dodici fatiche di Ercole sostituisce nell’immaginario le magie di Harry Potter, all’Orsa Maggiore lo shuttle dell’astronauta britannico Tim Peake.
Emma Willett, a capo del team dell’università di Birmingham, spiega: «È stato un onore creare un nuovo elenco di costellazioni, che incoraggino i bambini a guardare di nuovo le stelle.
Speriamo che questa ricerca possa aiutare persone di tutte le età a sviluppare nuovi interessi sullo spazio, e ispiri le prossime generazioni di astrofisici». In fondo, il ruolo sociale del mito era anche educare.
Per gli scienziati britannici le costellazioni di Arato (del 270 a.C.) non erano più al passo coi tempi, ci volevano nuovi eroi interstellari.
L’indagine di Birmingham è partita da un dato: il 72% dei giovani tra 7 e 19 anni non ha mai osservato il cielo, il 29% di quelli che ci hanno buttato un occhio, non sa individuare nessuna delle 88 costellazioni riconosciute dall’unione astronomica internazionale, basata sullo zodiaco e sulla mitologia greca e latina.
Via ai nuovi eroi ispirati alla contemporaneità dunque, si son detti a Birmingham, per celebrare sport, letteratura, impegno civile. Ciascun nuovo «mito» è visibile nel cielo in una data stagione: il libro di Malala in febbraio, gli occhiali del maghetto a marzo, la racchetta di Serena Williams a settembre, Bolt a novembre, e include nel suo gesto atletico riprodotto anche Orione e le stelle T Tour e Aldebaran. Saranno visibili, sì. Sempre se i cieli inquinati delle nostre città renderanno ancora possibile, almeno un po’, il magico spettacolo della notte trapuntata di stelle.