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 2017  dicembre 14 Giovedì calendario

Google scommette su Pechino per l’intelligenza artificiale

«L’intelligenza artificiale e i suoi benefici non hanno confini». Feifei Li, capo del team di ricerca di Google Cloud AI, ha scelto queste parole per annunciare che il gigante di Mountain View aprirà in Cina un laboratorio sull’intelligenza artificiale. «Se passi avanti si raggiungono nella Silicon Valley, a Pechino o altrove, questi hanno il potenziale di migliorare la vita al mondo intero». Nel laboratorio di Google – che sorgerà nel distretto di Haidian, cuore dell’ innovazione nella capitale cinese – lavorerà un piccolo team di ricercatori e sarà il primo di questo tipo in Asia. Una mossa che è già stata salutata dalla stampa di Pechino. Per il «Global Times» la scelta del gigante della Silicon Valley «consentirà di attrarre in Cina i più grandi talenti sull’intelligenza artificiale dagli altri Paesi asiatici Giappone, Corea del Sud e l’India».
Già da anni i giganti di Internet in Cina – Baidu, Alibaba e Tencent – stanno facendo enormi investimenti sulla ricerca nell’intelligenza artificiale e si contendono i migliori cervelli. La Repubblica Popolare ha fatto della AI una sua priorità e secondo alcune stime la Cina avrà bisogno nei prossimi anni di 5 milioni di esperti. Tali sono le potenzialità di sviluppo commerciale, scientifico e militare dell’intelligenza artificiale che tra Cina e Stati Uniti è già iniziata la competizione. A settembre, Vladimir Putin aveva profetizzato che chi diventerà il leader nell’AI «guiderà il mondo». Lo scorso luglio Pechino ha annunciato un piano per fare della Cina, entro il 2030, «il centro mondiale di sviluppo della AI»: le stime ipotizzano un investimento complessivo di 150 miliardi di dollari. «Se sei un’azienda del settore – diceva il ceo di Baidu, Robin Li, in una recente intervista a Wired – devi solo dire di quanti soldi hai bisogno». La scorsa settimana, è stato il presidente cinese Xi Jinping a spingere per accelerare la realizzazione di una strategia nazionale sui big data «per meglio servire lo sviluppo economico e sociale del Paese».
Oltre ai forti investimenti del governo, la ricerca sull’intelligenza artificiale in Cina può fare affidamento sulla sterminata quantità di dati che producono i 750 milioni di utenti di Internet in Cina. Un bacino di persone enorme e con un’attenzione alla tutela della privacy più bassa rispetto a Europa e a Stati Uniti, ma su cui per ora il gigante di Mountain View non può fare affidamento. Aprendo un centro di ricerca a Pechino, Google tenta anche di fare rientro in Cina. Dal 2010 molti servizi offerti dal colosso della Silicon Valley – GMail, YouTube e anche le semplici funzioni di ricerca – sono bloccati nella Repubblica Popolare. All’apice di un contenzioso con le autorità locali, Google aveva annunciato la decisione di rimuovere i filtri della censura dalla versione locale del motore di ricerca. In realtà, Google non ha mai veramente lasciato la Repubblica Popolare: circa 600 dipendenti del colosso americano hanno continuato a lavorare a Pechino e il sistema operativo Android è tra i più usati sugli smartphone cinesi. Prima che Google venisse oscurato, in molti notavano come il gigante americano avesse perso la sfida con Baidu, la scelta preferita tra i motori di ricerca dall’80% degli utenti cinesi. Anche nel campo della ricerca sull’intelligenza artificiale la sfida più grande per Google arriva da Baidu. 1300 ingegneri e ricercatori lavorano al programma sull’AI di questo colosso di Internet in Cina che investe in ricerca e sviluppo il 15% del proprio fatturato (circa un miliardo e mezzo di dollari). «Tutto destinato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale», dice Robin Li.