Libero, 13 dicembre 2017
In morte di Everardo Dalla Noce
Certamente non è un caso se a dare la notizia della morte di Everardo Dalla Noce sia stato un sito sportivo. Per la precisione quello della Spal di cui era gran tifoso essendo nato 89 anni fa a Ferrara. Eppure la sua è stata per molti anni la voce della Borsa di Milano. I suoi collegamenti con il Tg 2 delle 13 erano diventati un appuntamento fisso. Diventato imperdibile perché raccontava le azioni, le obbligazioni o il cambio della lira con lo stesso spirito che dedicava alle partite di calcio di cui era stato radiocronista la domenica pomeriggio ai microfoni mitici di Tutto il calcio minuto per minuto. Piazza Affari come San Siro, il rialzo o il ribasso di un titolo come un gol segnato o incassato. Everardo forse non ci capiva moltissimo di quello che raccontava, ma lo faceva con la passione trascinante di chi ha appena scoperto un universo sconosciuto. Era la passione che trasmetteva agli ascoltatori.
Certo era un mercato che non aveva nulla da spartire con quello di oggi fatto da migliaia di operatori senza volto che lavorano davanti ai computer. Allora a Piazza Affari c’erano ancora le grida con agenti di cambio, procuratori e remisier che affollavano i recinti dove i titoli venivano comprati e venduti. La voce di Everardo Dalla Noce rompeva la sacralità del listino che, fino ad allora era stato un esclusivo impegno della stampa specializzata. Per la prima volta Piazza Affari diventava un tema popolare. Erano gli anni di «panino e listino», del passaparola, dei titoli che salivano e scendevano senza una ragione precisa che non fossero quelle della speculazione più aggressiva. Erano i giorni in cui sembrava che a Palazzo Mezzanotte avessero trovato la ricetta magica per la moltiplicazione della ricchezza.
Everardo Dalla Noce lo raccontava con vivacità e allegria. Parlava di Fiat e di Generali, di Italmobiliare e di Ras come se stesse raccontando di Inter, di Milan, di Juventus. Erano anni ruggenti. Nel 1983, dopo anni di dibattito, era stata varata la legge che introduceva anche in Italia i fondi d’investimento. Strumenti fino ad allora sconosciuti, e fortemente osteggiati dal sistema bancario, che per la prima volta mettevano direttamente in collegamento il risparmio degli italiani con le azioni. Dopo un sonno ventennale, iniziato con la nazionalizzazione elettrica e la nascita dell’Enel, la Borsa sembrava tornata al centro del sistema economico e finanziario italiano. Bettino Craxi andò in visita ufficiale a Palazzo Mezzanotte. Era la prima volta di un presidente del consiglio. La «Milano da bere» impazzava. In realtà durò molto poco. La concorrenza dei Bot che rendevano il 20% era insostenibile. In un anno l’indice raddoppiò e poi ancora fino alla metà del 1986. Poi inevitabilmente la caduta. Il 19 ottobre 1987 tutto ebbe termine con il crollo di Wall Street che in un solo giorno perse il 22%.
Di quella stagione piena di speranze e di illusioni la voce di Everardo Dalla Noce fu la colonna sonora. Il portavoce di una un’epopea esaltante. Un sogno irripetibile. Dal 1993 al dicembre 1996 partecipò come inviato speciale a Quelli che il calcio, trasmissione allora condotta da Fabio Fazio. Sempre nel 1996 Fininvest, come succedeva spesso a quei tempi, cominciò a fare campagna acquisti tra i pensionati Rai. E Dalla Noce fu scelto dal Tg5 di Mentana, sempre per i collegamenti dalla Borsa di Milano. Fino a un incidente diplomatico: a Mentana toccò sospendere Dalla Noce perché aveva fatto il testimonial della Fiat in una pubblicità peraltro andata in onda subito dopo uno dei suoi collegamenti. Fu l’ultimo bagliore. Ma l’incantesimo si era rotto molto prima.