Il Sole 24 Ore, 6 novembre 2017
Il coraggio dei testimoni cerca una legge
Chissà se quel pugno di persone – 80 testimoni di giustizia alla fine del 2013, ultimo dato distinto, seguito nel tempo da statistiche che li registrano insieme ai collaboratori – avrebbe mai pensato di entrare nel cuore di Papa Francesco.
Nel messaggio rivolto alla Commissione parlamentare che il 19 settembre per la prima volta è stata ricevuta in udienza speciale al Vaticano, il pontefice è stato chiarissimo: «Non si può dimenticare che la lotta alle mafie passa attraverso la tutela e la valorizzazione dei testimoni di giustizia, persone che si espongono a gravi rischi scegliendo di denunciare le violenze di cui sono state testimoni. Va trovata una via che permetta a una persona pulita, di uscirne senza subire vendette e ritorsioni».
Parole ancora più significative se si pensa che sono state pronunciate a poche ore dal 27 anniversario dall’assassinio del giudice Rosario Livatino, ucciso il 21 settembre 1990 mentre percorreva la statale 640 di Porto Empedocle diretto al Tribunale di Agrigento. Proprio Papa Francesco nel corso di un’altra storica udienza al Consiglio superiore della magistratura il 17 giugno 2014, aveva invitato i giudici a essere di «integra moralità per l’intera società», citando due modelli a cui ispirarsi: Vittorio Bachelet e lo stesso Livatino, definito «testimone esemplare, giudice leale alle istituzioni, aperto al dialogo, fermo e coraggioso nel difendere la giustizia e la dignità della persona umana».
Due figure diverse di testimoni – l’una sostiene, mentre l’altra amministra – ma entrambe al servizio della Giustizia.
Una via va trovata anche perché la legge è ferma al 2001, quando venne modificata la precedente disciplina del 1991. Sono passati 16 anni dall’ultimo intervento ma nel frattempo il mondo è cambiato e la necessità di salvaguardare i testimoni di giustizia – che a differenza dei collaboratori o pentiti che dir si voglia, non hanno nulla a che fare con contesti criminali e anzi spesso ne sono vittime – è aumentata.
Sta di fatto che la proposta di legge A.C. 3500, presentata il 16 dicembre 2015 (prima firmataria Rosy Bindi) che vorrebbe introdurre una normativa speciale riservata ai soli testimoni, giace in Parlamento.
Molte le novità che si vorrebbero introdurre: la definizione del testimone di giustizia, ancorata a parametri più stringenti; la personalizzazione e gradualità delle misure (è data preferenza nell’adozione di misure di tutela nella località di origine rispetto al trasferimento in località protetta, adottato col programma di protezione); la possibilità per il testimone di godere di misure di sostegno economico anche nel luogo di residenza, in presenza di riduzione della capacità di reddito (attualmente garantite dal solo programma di protezione); l’introduzione di misure a salvaguardia dell’impresa del testimone; l’istituzione di una figura, il referente del testimone di giustizia, che garantisca a questi un riferimento certo nei rapporti con le istituzioni, assicurando una piena assistenza al testimone per tutte le sue necessità; l’introduzione di un termine di durata massima delle misure.
Avviso Pubblico, Arci, Acli, Centro studi Pio La Torre, Cgil, Cisl, Uil, Legambiente, Lega Coop, Libera e Sos Impresa hanno inviato un appello al presidente del Senato Pietro Grasso e ai senatori di tutte le forze politiche affinché approvino il testo della riforma nel più breve tempo possibile, senza apporvi alcuna modifica.
L’importanza della nuova disciplina è sottolineata dal testimone Rocco Mangiardi. «Non si contano ormai più le volte che erroneamente, o ancor peggio, per incompetenza – dichiara Mangiardi al Sole 24 Ore del lunedì – mi sono sentito tacciare per collaboratore di giustizia. Tutte le volte che questo avviene, per chi come me non proviene da nessuna cosca mafiosa ma bensì da una scelta di campo netta e precisa, è un vero pugno allo stomaco. Fosse per me, preferirei essere chiamato più semplicemente per quello che in realtà mi sento da sempre essere: cittadino responsabile. Tuttavia, la nuova proposta di legge, se finalmente – come spero – venisse approvata, rappresenterebbe un vero spartiacque contribuendo a portare molta chiarezza».