Il Sole 24 Ore, 13 dicembre 2017
Il «Dna-gate» e gli ultra-centenari dell’Ogliastra
Un paio di copie di chiavi o un grimaldello, del ghiaccio secco e un furgone erano bastati per mettere a segno, un anno fa, uno dei furti più insoliti della storia. Perché, se le modalità di esecuzione erano comuni, altrettanto non lo era il bottino: circa 25mila provette di Dna appartenenti a 14mila abitanti dell’Ogliastra, la zona della Sardegna dove risiedono alcune delle persone più longeve del mondo, una banca dati genetica di straordinaria rilevanza scientifica. Il patrimonio della regione sarda faceva e fa tuttora gola a tanti.
A un anno dal clamoroso furto, la vicenda è tornata a far notizia in questi giorni con la proroga delle indagini da parte della Procura di Lanusei e il recapito di 17 avvisi di garanzia tra ricercatori, amministratori e sindaci della zona, per i reati di furto aggravato, peculato, abuso d’ufficio, falsità materiale commessa da pubblico ufficiale e violazione di dati relativi alla privacy. Accuse gravi, con ancora tanti aspetti da chiarire sia a livello giudiziario che a garanzia della privacy, per una spy story internazionale che, pur avendo tutte le carte in regola per sembrare la trama di un film, per il momento costituisce solo una figuraccia internazionale, a dispetto di un progetto scientifico di alto profilo e dalle grandi potenzialità.
Questa zona della Sardegna, che comprende numerosi comuni dell’entroterra nuorese, fa parte delle cinque cosiddette “Blue zone” del pianeta (insieme all’isola di Okinawa in Giappone, Nicoya in Costa Rica, Icaria in Grecia ed alla comunità di avventisti di Loma Linda, in California) caratterizzate da un tasso di longevità della popolazione residente sorprendentemente superiore rispetto alla media e per questo oggetto di studio da parte dei ricercatori di tutto il mondo. Di queste “riserve naturali” di centenari sono state e vengono tuttora studiate le caratteristiche ambientali, lo stile di vita, l’alimentazione, ma soprattutto le caratteristiche genetiche.
Complice l’isolamento geografico che, negli anni, avrebbe determinato anche una crescita lenta della popolazione, un’elevata consanguineità e un bassissimo tasso di immigrazione, le caratteristiche genetiche degli abitanti di queste zone sono uniche ed è proprio tra le basi del Dna che si potrebbe nascondere il segreto della longevità.
Negli ultimi anni si è assistito in tutto il mondo a una significativa espansione nella collezione di campioni di Dna e nell’analisi dei dati da questi derivanti. Questa attività è di importanza strategica per la ricerca genetica, clinica e per lo sviluppo di trattamenti farmacologici. Alla creazione di tali banche dati di Dna sono però connessi numerosi rischi e problemi etici, di cui il furto dell’Ogliastra è un caso eclatante.
La ricerca sulle banche di Dna come quella sarda deve essere in primo luogo una ricerca senza scopo di lucro, per il bene della collettività e del progresso-medico scientifico e come tale non può essere strumento di business e di speculazione, con la creazione di brevetti o la generazione di dati da rivendere alle case farmaceutiche o, peggio, alle compagnie assicurative, che sulla base del rischio scritto nel Dna per numerose patologie nonché per le aspettative di vita, potrebbero sfruttare tali dati a proprio vantaggio nella stipula delle polizze.
Come riportato da un’inchiesta di Report, la società britannica “Tiziana Life Science”, che ha acquistato all’asta la sarda SharDna, che aveva raccolto 230 mila campioni di Dna della popolazione locale, ha in breve tempo visto crescere di decine di milioni di euro la propria capitalizzazione di borsa.
Pur non conoscendo nella maggior parte dei casi nemmeno il significato della parola Dna, i vecchietti sardi hanno capito che qualcuno voleva rubare e sfruttare il “tesoro” contenuto nel sangue donato alla ricerca e si sono riuniti in un’associazione che ha richiesto la tutela dei dati genetici dei donatori e la revoca del consenso al trattamento dei dati personali ora in possesso della Tiziana Life Science, per far ritornare la ricerca sulla longevità pubblica e libera, non assoggettata alle speculazioni e agli interessi commerciali di privati.
Il Garante della privacy ha decretato il blocco al trattamento dei dati conservati nella biobanca e negli archivi a essa collegati, in attesa di definire a chi spetti ora la titolarità della ricerca, aspetto ancora da chiarire.
L’incresciosa vicenda di Ogliastra è un monito per definire leggi univoche a tutela dei cittadini e della loro privacy in tutti i casi in cui si faccia uso di materiale genetico. È incredibile come vicende del genere danneggino l’immagine dell’Italia, un Paese che ha invece tutti gli strumenti e le potenzialità per essere all’avanguardia della ricerca scientifica. Questa vicenda, e noi speriamo proprio di no, potrebbe archiviare del tutto la speranza di trovare l’elisir di lunga vita attraverso l’analisi del genoma delle popolazioni sarde.
Maurizio Bifulco è ordinario di Patologia generale all’Università degli studi di Napoli Federico II