la Repubblica, 13 dicembre 2017
Incidente in Austria, stop al gas russo e ora il prezzo salirà
Milano Le cause dell’incidente non sono ancora note. Lo sono, invece, le sue conseguenze. Lo scoppio di una tubatura alla centrale di compressione a Baumgarten, avvenuto ieri mattina al confine tra Austria e Slovacchia in uno degli snodi fondamentali per la distribuzione del gas in tutta Europa, ha provocato un morto e 21 feriti. Le misure di sicurezza, scattate subito dopo, hanno bloccato le forniture di gas in arrivo dalla Russia e dalla Norvegia sia verso l’Italia ( gestite da Snam, gruppo a controllo pubblico) sia verso la Slovenia. L’aver chiuso i “rubinetti” dei gasdotti ha fatto schizzare verso l’alto i prezzi della materia prima in tutta l’Eurozona.
Nel giro di poche ore, le quotazioni sono raddoppiate rispetto al giorno precedente, con il governo italiano costretto a dichiarare lo stato di allarme, rientrato solo nella notte quando le forniture sono riprese regolarmente. L’allarme avrà conseguenze sulle bollette nei prossimi mesi: secondo le prime stime, il blocco delle forniture per l’intera giornata ha portato a maggiori costi per 100- 120 milioni di euro. Oltre a riaccendere il dibattito sulla dipendenza dell’Italia dalle importazioni e sul deficit di infrastrutture necessarie per far fronte a situazioni eccezionali. Come quella che si è verificata ieri o nel caso di un periodo di temperature invernali sotto la media.
Guarda caso, l’incidente in Austria non poteva accadere in un periodo peggiore. Già nei giorni scorsi, il ministero dello Sviluppo economico – responsabile “politico” degli approvvigionamenti di gas aveva decretato lo stato di pre- allerta. Un provvedimento provocato da due fatti tra loro non collegati. Il primo riguarda la riduzione del flusso di gas in arrivo dal gasdotto che collega l’Italia alla Svizzera e alla Germania e che porta nel nostro paese la materia prima dal Mare del Nord e dagli impianti di rigassificazione di Belgio e Olanda: al momento, funziona solo al 30 per cento per consentire lavori di manutenzione. Il secondo elemento è di carattere meteorologico: il gelo dei giorni scorsi aveva già provocato una salita dei prezzi a causa dell’aumento della domanda di gas. Tutto questo nonostante i depositi di gas ( in gergo tecnico chiamati stoccaggi) siano pieni per oltre il 95 per cento della loro capacità: con 17 miliardi di metri cubi stoccati ( 70 miliardi sono stati i consumi complessivi del 2016), l’Italia dispone della maggiore riserva di gas di tutta Europa. Peccato che si possa usare, in questo periodo, solo per una piccolissima parte: il Mise ha imposto una serie di vincoli per garantire che gli stoccaggi siano pieni per il periodo mediamente più freddo dell’anno, tra le metà di gennaio e quella di febbraio. Per intervenire in caso di ondate eccezionali di freddo occorre che i depositi si svuotino velocemente e questo, per motivi tecnici, avviene solo se la pressione negli stoccaggi è più alta, ovvero se sono pieni.
Ecco perché i prezzi hanno avuto un picco nei primi giorni di dicembre, da 25 a 32 euro per kilowattore equivalente. Ma ieri, subito dopo l’incidente, sono arrivati fino a 53 euro. Anche perché Baumgarten è uno snodo fondamentale per il passaggio del gas verso l’Italia: tra gennaio e ottobre, è transitato il 39 per cento delle importazioni italiane (24,5 miliardi su un totale 57,1 miliardi di metri cubi): per cui la sua chiusura, in assenza di notizie sulla durata dell’interruzione, ha fatto scattare i prezzi.
Oltre alle polemiche sul futuro energetico. Associazioni ambientaliste – ma anche i Cinque Stelle hanno chiesto al governo di accelerare le politiche in favore delle rinnovabili (visto che un terzo del gas è utilizzato per produrre energia elettrica, sia dalle centrali che dall’industria). Diverso il parere degli operatori che chiedono un aumento delle infrastrutture. Come ha fatto il numero uno di Eni, Claudio Descalzi, il quale ha sottolineato come quanto accaduto sia «normale quando ci si basa solo sulle importazioni, con l’Italia che importa il 90 per cento del gas utilizzato e l’Europa il 70 per cento. Per sconfiggere questa fragilità occorrono gasdotti e rigassificatori».