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 2017  dicembre 13 Mercoledì calendario

«Il popolo americano resta fedele all’intesa. Il dietrofront di Trump è stato una vergogna». Intervista a John Kerry

PARIGI «La decisione di Donald Trump di ritirare gli Usa dagli accordi di Parigi è una vergogna. Ventisei anni di lavoro disonorati da persone che non capiscono niente di scienza». Da segretario di Stato John Kerry firmò per gli Stati Uniti, due anni fa, l’intesa conclusiva della COP21. Ieri è tornato a Parigi per assicurare che «il popolo americano resta fedele all’accordo». Lo incontriamo, assieme ad altri giornalisti, in una pausa del summit, prima dell’arrivo del presidente Macron. 
Quali conseguenze ha provocato il ritiro degli Usa?
«Certo, quel che decide la leadership degli Stati Uniti è importante, siamo una delle economie più grandi del mondo. Ma la verità è che 38 dei 50 Stati che formano gli Usa sono tenuti, da leggi che hanno volontariamente approvato, a una serie di politiche in favore delle energie rinnovabili. Significa l’80 per cento del popolo americano. La vasta maggioranza dei cittadini americani continua a vivere secondo gli standard fissati dagli accordi di Parigi. Se Donald Trump ha deciso di uscire dagli accordi, il popolo americano resta legato agli impegni presi. Noi ci siamo ancora». 
Come ha reagito l’economia americana?
«Ci sono 1.300 imprese in America con una capitalizzazione di miliardi e miliardi di dollari che si sono impegnate a seguire gli accordi di Parigi. E oltre a questo i settori in maggiore crescita in America sono legati alle energie rinnovabili. La figura professionale più ricercata in questo momento in America è l’installatore di pannelli solari. La seconda è il tecnico di centrali eoliche. Penso che il settore privato abbia capito che questo è un mercato gigantesco, e non vuole rimanere indietro». 
Pensa che Trump possa tornare sulla sua decisione?
«Non lo so, non posso prevedere nulla che lo riguardi. Ma la sua decisione non è basata su alcuna tesi scientifica, nessun dato di fatto, nessuna verifica storica. È una cosa che va al di là del buon senso. Basta guardare quel che succede in America in questi giorni. Gli incendi, come quelli in California per esempio, sono più violenti e frequenti perché le inondazioni precedenti travolgono la vegetazione che poi si secca rapidamente e diventa combustibile. Il riscaldamento degli oceani provoca uragani come Harvey, evento unico in migliaia di anni. Abbiamo avuto il primo uragano della storia con venti che per 24 ore hanno soffiato a quasi 300 chilometri all’ora. I ghiacci dell’Artico si sciolgono, migliaia di persone devono lasciare territori diventati desertici. Non si possono vedere tutte queste cose senza pensare che sta succedendo qualcosa e che dobbiamo correre ai ripari».
È ottimista sul raggiungimento degli obiettivi?
«Siamo sui binari giusti. Certo è più difficile, anche a causa di quel che accade alla Environmental Protection Agency (l’agenzia governativa per l’ambiente ostacolata dall’attuale amministrazione, ndr ), ma questo non vuol dire che non ce la faremo».