Corriere della Sera, 13 dicembre 2017
Consip, depistaggi sull’inchiesta. Sospesi i due carabinieri indagati
ROMA Avrebbero mentito e depistato le indagini sulla corruzione in casa Consip, compromettendone gli esiti e tentando di pilotarne i risultati. L’ex capitano dei carabinieri del Noe Giampaolo Scafarto (promosso a maggiore per un automatico scatto di anzianità) e il suo superiore, il colonnello Alessandro Sessa, sono stati sospesi per un anno dal servizio su decisione del gip Gaspare Sturzo.
I due erano finiti sotto inchiesta da parte dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Mario Palazzi. La vicenda era esplosa un anno fa con il trasferimento da Napoli a Roma dell’inchiesta sull’imprenditore Alfredo Romeo e sui suoi presunti tentativi di infiltrare Consip per pilotarne gli appalti. Ora però la novità: non solo, stando all’accusa, Scafarto è accusato di aver manipolativo la famosa informativa inviata ai pm napoletani Henry John Woodcock e Celeste Carrano, ma avrebbe manomesso lo smartphone di Sessa, con la complicità di quest’ultimo, per impedire agli inquirenti di ricostruire «compiutamente le conversazioni intervenute con l’applicativo WhatsApp».
Conversazioni fra loro e non solo, nelle quali si poteva trovare traccia, secondo la Procura, di alcuni approfondimenti investigativi e informazioni su chi fosse stato aggiornato sull’inchiesta in corso. Scafarto, in particolare, sarebbe intervenuto aggiornando l’applicazione WhatsApp di Sessa con l’intenzione di eliminare tutti i messaggi in memoria. Un’iniziativa intrapresa in seguito al sequestro del suo cellulare quando le indagini per la fuga di notizie avevano preso il via e la Procura aveva già revocato le deleghe al Noe. Due carabinieri hanno confermato di aver visto l’ex capitano modificare le impostazioni per intervenire sulla memoria dell’applicazione. Scafarto è a questo punto indagato per falso, violazione di segreto, frode in processo penale e depistaggio, mentre a Sessa si contestano gli ultimi due reati.
Siamo nel cuore dell’inchiesta per la fuga di notizie – un segmento che corre parallelo all’altro su corruzione e traffico di influenze illecito della controllata del Tesoro (per la quale Romeo è a processo, mentre il funzionario Marco Gasparri che ha confessato di aver intascato una sua tangente ha già patteggiato un anno e otto mesi di carcere) – nella quale sono indagati il ministro dello Sport Luca Lotti, il comandante generale dei carabinieri Tullio Del Sette, il comandante regionale della Toscana Emanuele Saltalamacchia e il numero uno di Publiacqua Filippo Vannoni. Saltalamacchia, tirato in ballo dall’ex ad di Consip Luigi Marroni e ascoltato lunedì pomeriggio dai pm romani, ha smentito la ricostruzione di Marroni: «Mai rivelato di un’inchiesta in corso su Consip» avrebbe detto.
Gli approfondimenti, affidati al nucleo investigativo dei carabinieri, hanno fin qui ricostruito una doppia iniziativa di Scafarto. Da un lato il tentativo di manipolare le informazioni raccolte dai suoi ufficiali per cristallizzare le accuse nei confronti del padre del premier – iscritto nel registro degli indagati per traffico d’influenze illecito – dall’altro lo sforzo di aggiornare colleghi e superiori di Arma e Aise sulla vicenda.
«Quello che è successo – dice il segretario del Pd Matteo Renzi – è un fatto enorme. Se qualcuno ha tradito il proprio giuramento verso lo stato è giusto che paghi». Attaccano invece i parlamentari del M5S: «Il Pd chiede chiarezza solo quando gli conviene. Quando c’è da scaricare due servitori dello Stato, per distogliere l’attenzione dai guai dei loro amici, esce allo scoperto. Su tutto il resto, che è il grosso dell’indagine, tace».