il Fatto Quotidiano, 12 dicembre 2017
Cuperlo ha scoperto cosa farà da grande: l’intervistatore
Nel penultimo numero de L’Espresso c’era una gran bella intervista. L’intervistato era Joe R. Lansdale, scrittore tra i più acuti e ispirati. Normale che fosse bella. Più stupore suscitava il nome dell’intervistatore: Gianni Cuperlo. Uomo di classe e cultura, ma certo non un giornalista: quantomeno, quella di (saper) fare interviste non è la sua attività più nota. All’interno di una chiacchierata torrenziale e meravigliosa, Cuperlo – che sapeva più cose su Lansdale dello stesso Lansdale, come capita quando un fan vero incontra il suo mito – ha toccato tutti gli argomenti che poteva: gli Stati Uniti di ieri e di oggi, il Texas pistolero e quello “stronzo di Trump” (la definizione è di Lansdale), Hap e Leonard (la coppia che ha reso celebre l’autore). Eccetera. Cuperlo era su di giri come quando Travaglio intervista Renato Zero. Come quando uno che conosco bene ha intervistato Roger Waters. O come quando la Meli intervista Renzi: ognuno ha i miti (e i rottami) che si merita. Se uno degli obiettivi delle interviste è suscitare curiosità, allora Cuperlo è stato un fenomeno: il giorno dopo ho comprato praticamente l’opera omnia di Lansdale. Esaurita la lettura, e con ciò il piacere, sorgevano però alcuni quesiti. Il primo: perché molti esponenti politici, quasi sempre di sinistra, sono strepitosi quando parlano di cultura e ben poco esaltanti quando “fanno” i politici? Pensate anche a Veltroni: come politico non ne abbiamo il poster in camera, ma come uomo di cultura è una stimolantissima miniera di conoscenze e passioni. Il secondo quesito è il seguente: il Cuperlo che si esalta per il politicamente scorretto di Lansdale è per caso lo stesso che, quando il direttore di questo giornale scriveva su L’Unità, riteneva che ciò fosse “una pessima notizia”?
Per un contrappasso sadico, Cuperlo ha poi ricevuto purghe analoghe dal diversamente satirico Staino, che – in piena logica stalinista – ha accusato Cuperlo di non essere abbastanza fedele alla linea. Il terzo quesito è più che altro una constatazione amara: all’interno del Pd, se non sei iper-renziano, oggi non hai più alcuna ragion d’essere. E dunque devi cercarti un altro lavoro. Cuperlo non ha certo intervistato Lansdale perché da grande vuole fare la firma dell’Espresso, ma è già cominciato – e non da ieri – il suo ricollocamento. Per meglio dire: il suo ritorno alle origini. Del resto Cuperlo, oltre a essere uomo di partito ed ex dalemiano, coautore – con D’Alema e pure Claudio Velardi – di libri riusciti come Un paese migliore (1995), è anzitutto uomo di cultura. Classe ’61. Liceo Classico a Trieste, laurea al Dams di Bologna (Sociologia della Comunicazione), docente a Teramo. Una vita dentro il Pci e poi tutti i suoi derivati. Deputato dal 2006. Più diventava noto e più sembrava poco convinto. Candidato non troppo carismatico alla segreteria del Pd, il collettivo Terzo Segreto di Satira ci costruì sopra un video memorabile. Presidente del Pd come contentino datogli dai renziani, ovviamente s’è dimesso quasi subito (invece Orfini è sempre lì). Capofila di quei dissidenti-ma-non-troppo interni al Pd, è assai abile nella pratica snervante e insopportabile del penultimatum. Quando va in tivù sembra volerci dire che, se non fosse un parlamentare Pd, tutto voterebbe tranne il Pd. Di recente ha scritto un bel libro per Donzelli, Sinistra, e poi, che a novembre ha presentato con Renzi, ribadendo una volta di più quel suo strano masochismo. Adesso arriva l’intervista a Lansdale: un gran pezzo di giornalismo. E un altro pezzo “accettabile” di Pd che si prepara al congedo politico. Auguri.