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 2017  dicembre 11 Lunedì calendario

«Via i vecchi schemi. En Marche dialoga con tutti, compresi Berlusconi e Grillo». Intervista a Christophe Castaner

PARIGI Nessuna relazione esclusiva con Matteo Renzi, il Pd o con altre forze politiche. Christophe Castaner, l’uomo che Emmanuel Macron ha catapultato qualche settimana fa alla guida del suo movimento, lavora ad alleanze trasversali in Europa. «Vogliamo rompere le vecchie logiche, la contrapposizione tra destra e sinistra, tra partito popolare e partito socialista europeo, come abbiamo fatto in Francia», racconta Castaner, parlando nel salone dagli stucchi dorati del sottosegretariato per i rapporti con il Parlamento, ruolo che ha mantenuto nonostante l’elezione a delegato generale di La République en Marche!, tradotto in italiano: il numero uno del partito del presidente. L’ex socialista cinquantenne, con il suo accento provenzale, la barba da hipster, ha passato la maturità da privato a vent’anni dopo aver fatto una breve carriera da giocatore di poker a Marsiglia. Sindaco da più di 15 anni della città di Forcalquier, sulle montagne del Luberon, in una regione feudo del Front national, ora deve trasformare un movimento «start up», come disse Macron, molto liquido e virtuale, in un partito solido e concreto.
La sua biografia è diversa da quella dei tanti tecnocrati che frequentano l’Eliseo e non si sono quasi mai spostati dalla capitale.
«Non voglio farmi imprigionare in una casella, conosco le regole della comunicazione ma cerco sempre di mantenere una certa libertà. Odio la standardizzazione, a Forcalquier ho fatto vietare i cartelloni pubblicitari di Coca-Cola per far vivere i piccoli produttori di Pastis».
La creatura politica di Macron ha un anno e mezzo. Riuscirà a resistere all’urto del potere?
«I partiti sono monolitici, con una gestione piramidale, mentre noi vogliamo restare un movimento in movimento, se permettete il gioco di parole. Abbiamo una struttura multiforme, possiamo lavorare come una Ong su questioni ambientali e poi riprendere un approccio più ideologico in difesa della laicità. Non abbiamo una dottrina unica».
Per la guida di La République En Marche! è stato proposto ai militanti un candidato unico, ovvero lei, scelto direttamente da Macron. Non le pare una clamorosa mancanza di democrazia interna?
«Non voglio negare di averne parlato con il presidente. Il legame affettivo però non c’entra. Ero semplicemente la persona giusta, al posto giusto. Può sembrare presuntuoso, ma assomiglio al movimento. I militanti mi conoscono, mi hanno sempre visto nell’ombra di Macron».
Quale dialogo vuole avviare con gli altri partiti europei?
«Bisogna abbandonare vecchie abitudini, quando si lavorava solo su alleanze schematiche, o con il Ppe o con il Pse. Noi partiamo dalle direttrici illustrate da Macron nel discorso sull’Europa alla Sorbona per cercare delle convergenze.
Siamo aperti. In Germania vogliamo parlare con tutti i progressisti».
E in Italia?
«È più complicato, ma voglio lo stesso tentare di incontrare diversi attori politici».
Anche Berlusconi e Grillo?
«Perché non dovrei? Si può avere un’opinione personale su alcune personalità, ma non è quel che conta. Non sta a noi scegliere i rappresentanti politici degli altri paesi, escludere a priori alcuni interlocutori sarebbe una forma di arroganza francese di cui abbiamo abusato in passato».
Dopo l’incontro tra Renzi e Macron non c’è un canale privilegiato?
«Ovviamente ci sono contatti con Renzi, con il quale possiamo avere convergenze in modo più facile, immagino, che con Beppe Grillo. Ma voglio andare a discutere con tutti i partiti progressisti, repubblicani, che chiederanno di incontrarci».
Il fatto di mettere alla guida di En Marche! un ex socialista come lei aiuta a riposizionare un movimento ormai completamente sbilanciato a destra?
«Forse è stato uno degli elementi, non l’unico. Ormai nessuno di noi ragiona più così. I sondaggi mostrano che neppure i francesi si riconoscono più nella contrapposizione tra destra e sinistra».
Avete portato in Parlamento tanti volti nuovi, ma anche deputati alle prime armi, impreparati…
«Lo riconosco, durante le prime sedute parlamentari c’è stata qualche approssimazione, qualche gaffe. Succede a tutti. Ma sono mesi che non sento più accuse di dilettantismo. E abbiamo fatto votare nove leggi, sei in via definitiva: un ritmo di lavoro inedito per la Quinta Repubblica».
Volete replicare in Europa quello che avete fatto in Francia, rottamare i vecchi partiti?
«Le elezioni europee devono essere una nuova tappa nella ristrutturazione politica cominciata nel maggio scorso. Non faremo una lista solo della République En Marche! Puntiamo a una coalizione, una grande lista europea con persone come Alain Juppé, Daniel Cohn-Bendit».
È stato un giocatore di poker professionista. La politica è il suo nuovo gioco?
«Ormai non gioco più, la politica è una cosa seria».
Scommettere su Macron quando ancora non ci credeva nessuno non è stato un azzardo?
«Vado incontro al rischio, sennò mi annoio».
È vero che medita ogni mattina?
«Non abbastanza. Faccio sedute troppo corte, dovrei avere almeno un’ora».
Un difetto di Emmanuel Macron?
«Il suo rapporto con il tempo.
Diventa spesso impaziente e ha un senso della puntualità abbastanza vago».