la Repubblica, 9 dicembre 2017
Vivienne Westwood: «Vi convincerò a comprare meno»
Trump è di sicuro il diavolo, ma Obama non è certo il santo che tutti dicono. Almeno Trump ha subito mostrato il suo vero volto, l’altro si è nascosto dietro discorsi e proclami. Il problema è che il mondo è controllato dall’1 per cento della popolazione: chiunque arrivi a certi livelli o è un oppressore o si è alleato con loro. Non puoi cambiare il presidente se non cambi il sistema, e finché non ci riusciremo continueremo ad avere mostri come Trump o persone sane piegate alle regole come Obama».
Il politically correct non è mai interessato a Vivienne Westwood, soprattutto quando si parla dei temi che le stanno più a cuore come politica, ecologia e sostenibilità. Settantasei anni, make-up rosso (gli occhi) e verde metallizzato (le labbra), la stilista inglese ha sempre avuto una visione assai personale, attraverso cui è stata capace di fare la storia del costume scardinando lo status quo, senza scendere a compromessi e pagando in prima persona le sue scelte ( ha vissuto a lungo ai limiti della povertà, nonostante il successo mediatico). Con Malcolm McLaren è stata il fulcro del punk, è diventata couturier geniale e provocatoria, ha mescolato paganesimo, pirati, crinoline e arte africana dando vita a un linguaggio unico e complesso; si è presentata davanti a Elisabetta II per essere insignita dell’Obe senza biancheria intima, come si è evinto dalle foto (non se ne era accorta, spiegherà serafica), e ha sposato un suo alunno, Andreas Kronthaler, con la metà dei suoi anni (oggi è lui il direttore creativo del brand). Che ora sia la leader della lotta per una moda consapevole – fa una sola doccia alla settimana per non consumare acqua – è solo la logica evoluzione di tutto ciò. Si spiega facilmente come mai di recente sia stata scelta come simbolo dell’ultima edizione del Bread& Butter di Berlino, la rassegna di street style e cultura urbana di Zalando. Il tema era Bold, audace: lei lo è sempre stata, nessun dubbio. È una vera indipendente, e tale è rimasta.E tanto per non smentirsi, parla della sua ultima campagna, nata per convincere il pubblico a comprare meno. Se lo è pure scritto sulla T- shirt che indossa, Buy Less. Nessun contrasto col suo lavoro, spiega. «Lo slogan è “Compra meno, scegli bene, fallo durare”. Ci sono troppi troppi vestiti in giro: bisogna selezionare, creare pezzi che facciano la differenza. Io e Andreas vogliamo solo offrire alla gente una prospettiva diversa, mica cambiare il mondo. Quello viene poi, tutti assieme».
Sta costruendo un modello di business per il futuro, prosegue, che comporta anche il ridurre la crescita del suo marchio, se necessario. «Non ho mai lavorato solo per i soldi, e non ho intenzione di iniziare ora. La moda oggi è orientata verso un espansionismo senza fine, guidata da un marketing senza idee. Non mi appartiene».
Quella della cronica mancanza d’inventiva nel settore è un altro dei suoi crucci. «Quando insegnavo ripetevo sempre ai miei studenti che la creatività è come un frigorifero pieno di ingredienti: se non lo si rifornisce, dopo un po’ resta vuoto. E gli spunti per farlo sono attorno a noi, nella storia, nelle altre culture, nell’arte, nella musica. Bisogna studiare, guardare al passato, fare tesoro delle esperienze dell’umanità. Il ventesimo secolo è stato un unico, gigantesco errore in cui hanno prevalso l’appiattimento iconoclasta e il contemporaneo a ogni costo. Si è data troppa rilevanza all’originalità di ciascuno a prescindere dal risultato. Che cazzata. È come dire a uno scienziato: butta via gli studi di laboratorio, fai solo ciò che pensi tu. Dove saremmo finiti così?».
La coerenza di ciò che dice e ciò che fa è assoluta ed è quello che, secondo lei, ha reso anche le sue creazioni più azzardate dei classici. «Possiedono una continuità con ciò che è venuto prima, lo si percepisce indossandoli. Trovo deprimente guardare tutta quella gente vestita come cloni, senza alcuna consapevolezza di sé: io alle mie collezioni ho sempre dato un contesto e un’ironia di fondo. Le indossi, percepisci ciò che hai messo. E ti diverti. Perché la moda può e deve essere anche divertente: sennò sai che noia. Mica sarei ancora qui».