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 2017  dicembre 09 Sabato calendario

Il complotto da evitare sul referendum

C’era un tempo, prima del “web” e delle discussioni sulle “fake news”, ossia le balle, in cui usava dire che in guerra la prima vittima è la verità. Vittima delle opposte macchine propagandistiche, impegnate in un conflitto parallelo a quello sul campo. Il prodotto di tali conflitti erano le menzogne in serie, utili a manipolare l’opinione pubblica e a confondere le idee di amici e nemici. Oggi che le guerre di tipo classico non si combattono più, almeno in Europa (salvo che in Ucraina), ecco le campagne elettorali lunghe ed estenuanti, scandite dal tentativo di influenzare l’elettore in ogni modo, anche screditando gli avversari. Assomigliano sempre più a una guerra condotta con altri mezzi, ma quasi sempre con gli stessi intenti manipolativi.
Accade così che un articolo dell’ex vicepresidente degli Stati Uniti, Joe Biden – riportato dalla Stampa — venga piegato ai fini interni italiani, quando invece è palese che Biden pensava alla politica di Washington. Putin viene accusato per le presunte interferenze nelle elezioni di vari paesi occidentali, ma è evidente che si tratta di un tassello della battaglia tutta americana fra i Democratici e l’amministrazione Trump a proposito dei rapporti con il presidente russo. A Biden del referendum italiano interessa abbastanza poco, ma gli preme fare esempi che possano colpire l’attenzione collettiva. Riguardo all’Italia sottolinea infatti i legami con la Russia di Cinque Stelle e Lega, analoghi a quelli coltivati dai funzionari di Putin con varie formazioni più o meno anti-sistema della vecchia Europa: chi non ricorda ad esempio l’attenzione concessa a Marine Le Pen quando si pensava che il Fronte Nazionale avrebbe destabilizzato la Francia?
Non stupisce, anzi è noto da tempo, che il governo russo non va troppo per il sottile quando si tratta di ficcare il naso in casa d’altri. Del resto, è un’attitudine tipica delle grandi potenze in ogni tempo. Se si dimostrasse che è esistito uno scambio di denaro, cioè che qualche leghista e magari i neo-patrioti salviniani hanno ricevuto soldi per finanziarsi illegalmente, sarebbe gravissimo. Se invece fossimo davanti all’intreccio di normali rapporti politici internazionali, lo scandalo sarebbe di gran lunga minore. 
Quanto al referendum del 4 dicembre, siamo pericolosamente vicini al confine del ridicolo. Cosa vuol dire che la Russia ha agito per interferire nel risultato del referendum? Nessuno lo spiega, nemmeno Biden. Il discorso rimane vago. Né risulta peraltro che Putin si sia mai pronunciato per il “No”; e di certo non con la stessa enfasi con cui Obama ha inteso sostenere il “Sì”. L’impegno della politica italiana contro le “false notizie” è lodevole, benché sospetto in campagna elettorale, ma allora sarebbe meglio se sul referendum, a un anno di distanza, si usassero parole chiare. Lasciare i cittadini con la mente confusa e addirittura tentati di credere che il “No” ha vinto per le oscure manovre di Putin (magari in combutta con il neo-eletto presidente americano Trump) è un pessimo servizio alla verità. Renzi ha detto di essere contrario ai “complotti”, ma ha evitato di prendere le distanze da Biden. Anzi, uno dei suoi collaboratori ha suggerito alla Farnesina di convocare gli ambasciatori di Russia e Stati Uniti. Così si resta nella nebbia e si manca di rispetto al 60 per cento di elettori che hanno rifiutato la riforma costituzionale. Sul risultato di quel referendum, un anno dopo, manca ancora un’analisi completa e veritiera.