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 2017  dicembre 09 Sabato calendario

Se il divorzio si gestisce con un’app


Il salto di qualità della chat condivisa e delle informazioni da occhieggiare sul profilo social. Ovvero quando la tecnologia può risolvere le grane della vita. Per la prima volta una causa di divorzio viene gestita anche attraverso una app. A Modena, una coppia ha proposto al giudice, davanti al quale si trovava per presentare il ricorso congiunto per scioglimento del matrimonio, di perfezionarne i termini usando una app, elaborata dal “Progetto Anthea”.
Attraverso la piattaforma digitale i genitori, che hanno due figli e non si sono accordati per la separazione consensuale, gestiranno ogni rapporto con l’ex partner, condividendo informazioni e appuntamenti dei figli, spese, eventuali problemi ed esigenze. L’accesso ai loro dati sarà consentito attraverso una password anche al giudice e agli assistenti sociali, che potranno così osservare il modo in cui la coppia affronta le difficoltà della separazione e risolve eventuali conflitti. Tutto ciò che verrà condiviso sulla app sarà archiviato come documento e potrà essere utilizzato dal magistrato come prova in fase di giudizio. Il genitore che dimentica i colloqui del figlio, o che omette di informare l’altro non avrà più scuse, la app rivelerà appuntamenti mancati, spese non concordate, omissioni, rispostacce.
Sono passati soltanto dieci mesi da quando l’avvocato modenese Gianni Casale ha perfezionato la tecnologia del Progetto Anthea e oggi ne festeggia la prima applicazione in una causa di divorzio. In questi mesi, il legale ha percorso l’Italia e bussato alle porte della politica per far conoscere la sua idea e illustrarne i vantaggi. «Ci tengo a dire che non vorrei mai una adozione della app da parte dei tribunali – premette Casale – il progetto prevede il coinvolgimento dei servizi sociali e del tribunale, ma il magistrato può fare soltanto da osservatore, non può interagire. Non vorrei mai che la mia app, che pure ho presentato davanti alla commissione bicamerale per l’infanzia, diventasse una norma, un’imposizione. Il mio obiettivo è che la conoscano più avvocati possibile, che possano proporla e che le coppie la accettino e la utilizzino per risolvere i loro conflitti». L’elaborazione del progetto Anthea è cominciata tre anni fa, ma Casale ha avuto l’idea da sempre, dalla prima causa di divorzio che ha seguito, nella quale la figlia della coppia scoppiata, Anthea, appunto, è «finita stritolata dalle liti tra i genitori». Casale si accalora, nella sua descrizione del progetto traspaiono le tribolazioni di decine di coppie che «appena uscite dall’aula del tribunale si urlano contro e sfidano l’altro a dimostrare le manchevolezze e i dispetti di cui si accusano». Con la app tutto resta scritto e registrato per fornire elementi preziosi anche ai servizi sociali, per i quali la app può essere un fascicolo già pronto. Casale guarda avanti, alla possibilità di coinvolgere le scuole dei figli e i servizi sanitari, che nel caso dell’Emilia Romagna mettono online le cartelle cliniche. L’obiettivo è di creare una rete di soggetti coinvolti nella formazione e la cura dei figli, nonni e famiglie allargate compresi. E siccome proteggere i minori è prioritario per Casale, annuncia una collaborazione con una multinazionale per un telefono che consentirà a un ragazzino bullizzato di avvisare subito una centrale operativa per la sicurezza.
«Con i giovani della società Mumble, che hanno sviluppato la app – dice Casale – stiamo creando uno spazio per i nonni, dove possano vedere le foto dei nipoti ma senza interagire con i genitori. Eviteremmo così che finiscano sui social le foto dei bambini, altro tipico motivo di lite tra coniugi». Una possibilità in più offerta dalla tecnologia.Ma chi già soffre le chat condivise, sa cosa l’aspetta.