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 2017  dicembre 09 Sabato calendario

Barche alla deriva l’ultimo mistero del regime di Kim Jon-un

MIYAZAWA (GIAPPONE) La barca di legno consumata dalle intemperie conserva ancora i suoi segreti, conficcata nella sabbia, con le onde gelide che si infrangono sul fianco. Tutto quello che resta è una manciata di indizi sparpagliati sul ponte del peschereccio. Si vedono una testa d’aglio, un groviglio di corde e reti da pesca, un maglione a treccia giallo coperto di sabbia. Poi ci sono gli indizi che fanno intuire l’origine dell’imbarcazione: un barattolo di salsa marrone che potrebbe essere gochujang, una pasta di peperoncino fermentato tipica della Corea.
Otto uomini sono morti su questa barca di 12 metri che si è arenata il mese scorso qui, nella penisola di Oga, lungo la costa nordoccidentale del Giappone. La Guardia costiera ha trovato i loro cadaveri sull’imbarcazione, che probabilmente veniva dalla Corea del Nord. Ma cosa stessero facendo esattamente i pescatori e come abbiano fatto ad arrivare in Giappone resta un mistero. La barca che si è arenata sulla spiaggia di Miyazawa, nella prefettura di Akita, è solo uno dei tanti pescherecci – 76 – sbarcati sulle coste giapponesi dall’inizio dell’anno, 28 solo a novembre.
Nelle ultime due settimane nella prefettura sono arrivate almeno sette imbarcazioni, tutte con indizi che lasciano pensare che provengano dalla Corea del Nord.
Una di queste aveva a bordo otto pescatori vivi ed è sbarcata a Yurihonjo: gli otto sono stati tenuti sotto custodia dalla polizia per più di una settimana, prima di essere trasferiti in una struttura per migranti a Nagasaki. L’Ufficio immigrazione del Giappone ha dichiarato che gli uomini saranno rimandati in Corea del Nord.
Con la crescita delle tensioni nella penisola coreana legate ai costanti progressi del programma nucleare e missilistico di Pyongyang, l’arrivo di questo spettrale esercito ha alimentato le preoccupazioni in Giappone, dove la popolazione non si fida delle intenzioni di questi pescatori e dei loro ipotetici mandanti.«Mi domando perché improvvisamente ne arrivino così tanti e in così poco tempo», dice Kazuko Komatsu, 66 anni, che vive in una casa vicino al porto turistico di Yurihonjo. Sono anni che arrivano in Giappone pescherecci nordcoreani, di solito navi fantasma alla deriva, vuote o con i cadaveri dell’equipaggio, più di frequente nei mesi autunnali ed estivi, quando il maltempo rende il mare più agitato e le condizioni si fanno pericolose per equipaggi che usano barche e attrezzature obsolete. Il recente aumento degli arrivi di barche da pesca sulla costa occidentale del Giappone spaventa i residenti locali, che vedono la Corea del Nord attraverso i resoconti dei media sul «regno eremita» e le storie di cittadini giapponesi rapiti dal regime di Pyongyang.I sospetti aumentano soprattutto quando i pescatori riescono ad arrivare vivi. Quest’anno sono 18 i nordcoreani che sono sbarcati sulle spiagge giapponesi, il numero più alto negli ultimi cinque anni. Alle autorità hanno raccontato che sono stati sorpresi dalla tempesta e hanno avuto problemi meccanici sulle loro imbarcazioni, poi le correnti li hanno trascinati alla deriva, in direzione del Giappone. Ma alcuni giapponesi dubitano di queste storie e sospettano intenti più loschi.
«Sono spie?», titolava l’Akita Sakigake Shimpo, un giornale locale. Satoru Miyamoto, un professore di scienze politiche all’Università Seigakuin, non crede che i nordcoreani che stanno sbarcando in Giappone negli ultimi tempi siano coinvolti nello spionaggio. Delle spie, dice, «arriverebbero su una barca migliore». Secondo lui probabilmente si tratta di pescatori o di contadini che cercano di integrare il loro reddito. Secondo i video propagandistici diffusi dalla Corea del Nord, Kim Jong- un promuove con forza la pesca commerciale.
Il regime diceva di voler raddoppiare il volume di pescato quest’anno. Molti pescatori cercano di vedere i loro pesci sul mercato nazionale, e si prendono grossi rischi per pescare calamari in una zona particolarmente insidiosa del Mar del Giappone.
(Traduzione di Fabio Galimberti©2017 New York Times News Service)