Corriere della Sera, 9 dicembre 2017
Il medico dei vigili romani è stato assolto
I personaggi in cerca d’autore stavolta sono tre: un giudice, una dottoressa del servizio sanitario nazionale e una vigilessa del Comune di Roma. La trama si sviluppa nell’arco di circa tre anni dal momento in cui il presunto reato è stato commesso (31 dicembre 2014) e la data in cui il magistrato ha finalmente emesso la sentenza. Ci sono voluti mille giorni per arrivare a una conclusione che ha del clamoroso: il giudice infatti ha assolto il medico di base che aveva rilasciato un certificato di malattia al telefono senza procedere ad alcun accertamento. Il caso vuole che la vigilessa in questione fosse uno dei 767 dipendenti comunali che nell’ultima notte del 2014 pensarono bene di lasciare scoperto il servizio di pattugliamento e ciascuno per conto suo riuscì a mettersi in malattia. Accusando vomito, febbre, dissenteria e persino arrossamento degli occhi.
L’assoluzione per due terzi è motivata per non aver commesso il fatto, mentre per quanto riguarda il «falso ideologico» il giudice l’ha giudicato «reato lieve» e ha deciso quindi di non procedere. Mettendo in fila i fatti e ingaggiando un buon regista ci sono tutti gli estremi per girare una decente commedia all’italiana sull’assenteismo di gruppo che ha lasciato incustodite le strade di Roma in una serata del tutto particolare e nella quale forse la vigilanza avrebbe dovuto essere rafforzata. Chi ha la memoria lunga ricorda un precedente che fu stigmatizzato proprio sulle colonne del Corriere da Pietro Ichino. Un medico di Fiumicino nel 2003 certificò in un’ora circa mille casi (!) di emicrania ad altrettanti dipendenti dell’Alitalia che aggirarono così le norme sull’obbligo del preavviso di sciopero e costrinsero l’azienda a cancellare tutti i voli. In quel caso non solo non vi furono risvolti penali ma i sindacati stettero zitti e il governo convocò un tavolo per ascoltare gli ammalati. L’Ordine dei Medici si guardò bene dall’aprire qualsiasi procedimento nei confronti del medico che aveva confezionato la frode a tempo di record.
Anche stavolta rischia di andare così, l’assoluzione della dottoressa apre la strada a un colpo di spugna sui procedimenti aperti sul San Silvestro nero dei vigili romani e anche questa volta l’Ordine dei Medici si è voltato dall’altra parte e ha fatto finta di niente. Ma davvero poi dire il falso e sabotare un servizio pubblico è da considerarsi «reato lieve»? I nostri avi sostenevano che de minimis non curat praetor, che i giudici non possono perder tempo con le piccole diatribe ed è evidente che il nostro magistrato ha applicato alla lettera la lezione dei classici. Ma esiste forse un reato di mala burocrazia che appaia sin da subito macroscopico oppure l’intralcio quotidiano che dipendenti infedeli procurano è fatto proprio di piccoli reati, di minute manomissioni, di impercettibili omertà? In fondo chi conosce il funzionamento delle pubbliche amministrazioni sa che basta poco per mandarle in tilt e quindi si limita a infilare sabbia negli ingranaggi. È cosciente che tanti piccoli granelli saranno sufficienti a generare la diserzione, l’interruzione del pubblico servizio, il caos. Ed è anche sicuro di farla franca.