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 2017  dicembre 09 Sabato calendario

Il sindaco di Mantova scriveva nei messaggi «Ti sculaccerei»

MANTOVA «La strada che sto seguendo è quella di tutelarmi il più possibile, per il resto ho fede. E una certezza: posso camminare a testa alta e non ho mai fatto la vittima, anche se questa vicenda mi ha devastata». Elisa, 37 anni, vedova, una bambina di 8, impiegata part-time, è la donna che, suo malgrado, ha inguaiato il trentanovenne sindaco pd di Mantova Mattia Palazzi, tra i prediletti del segretario dem Matteo Renzi che proprio qui, nella città dei Gonzaga, il 16 novembre aveva concluso il suo viaggio sul treno elettorale. 
La settimana dopo è scoppiato lo scandalo. Il sindaco è stato accusato di aver chiesto favori sessuali – la Procura diretta da Manuela Fasolato lo ha indagato per tentata concussione continuata – in cambio di fondi a un’associazione culturale. Elisa, vicepresidente di quell’associazione, era la destinataria delle attenzioni del primo cittadino. Un anno di messaggi WhatsApp, alcuni decisamente spinti. «Staresti bene messa a..., sei una birichina» scriveva Palazzi. E ancora: «Ricordati che le cose non vanno avanti senza il benestare del sindaco, attieniti alle regole». «Vieni qui che ti...». 
Adesso, al telefono, Elisa parla con un filo di voce. «Non ho fatto esposti, non ho presentato querele» puntualizza riferendosi al fatto che se l’indagine è partita è perché la presidente dell’associazione, Cinzia Goldoni, con la quale si era confidata mostrandole quelle chat, ha girato le conversazioni ad alcuni avvocati. Tra questi Giuliano Longfils, consigliere comunale di Forza Italia a Mantova e massone dichiarato, il quale ha trasformato gli screenshot – compresi i messaggio di Palazzi, riportati giovedì da il Fatto Quotidiano, che hanno fatto arrabbiare definitivamente Elisa: «Domani sera non mi dirai di no, troppe volte me lo hai detto», e ancora «Ti insegnerei un po’ di cose, sei una birichina e staresti bene sculacciata» – in elementi per una denuncia ai carabinieri. 
Nonostante sia la teste fondamentale dell’inchiesta, Elisa non muove accuse. Il sindaco? «Io non giudico nessuno, non porto rancore —dice —. Semmai mi difendo come donna». Una vita tutta in salita, la sua. Raccontata in un libro autobiografico pubblicato nel 2013 che ruota attorno a quella «maledetta giornata» – così la definisce – del 24 maggio 2012 in cui suo marito morì in un incidente stradale. Era sera e l’uomo, dopo aver cenato con Elisa, uscì da solo in auto per raggiungere la sede dell’Avis (l’associazione dei donatori di sangue) di cui era instancabile sostenitore. La strada percorsa milioni di volte, curva dopo curva. Chissà come, la macchina si ribaltò e l’uomo venne sbalzato fuori, restando schiacciato. Cinque anni dopo Elisa di sé racconta solo che «non mi sono mai arresa, innanzitutto perché ho una figlia fantastica. Scrivo per passione e quel libro – dal “modesto successo”, sostiene, anche se a Mantova la sua lettura ha commosso tantissimi lettori – è una testimonianza, un ricordo».
Intanto ieri il sindaco, dopo un lungo periodo di silenzio, ha scritto su Facebook: «Sono stati giorni davvero duri che ho impegnato per occuparmi dell’assurda denuncia del consigliere Longfils». Con i suoi collaboratori più stretti Palazzi si è sfogato parlando di «vicenda allucinante». Conosceva Elisa, ha detto, «prima che lei facesse una sua associazione (era stata candidata senza successo per una lista civica che lo aveva sostenuto, ndr ) e tutto dimostra chiaramente che nemmeno mi sono mai occupato delle loro richieste». E ancora: lei stessa «mi aveva scritto che dei consiglieri di Forza Italia stavano costruendo qualcosa contro di me. Ora si sta provando a usare la mia vita privata per combattere una battaglia politica. Allo stesso tempo andrò fino in fondo nella verifica dei fatti e di ciò che è stato riportato. Ho fiducia nella giustizia».