La Stampa, 8 dicembre 2017
Intervista inedita alla coppia più iconica del Pop, John Lennon e Yoko Ono: «John Wayne vende la guerra noi la pace»
Alla fine del 1969 John Lennon e Yoko Ono sono molto impegnati. Nelle due settimane che precedono questa intervista hanno pubblicato un album live, partecipato a un concerto di beneficenza a Londra con George Harrison, Eric Clapton e Delaney & Bonnie e sono stati il soggetto di due documentari inglesi. Due giorni prima hanno comperato degli spazi pubblicitari in dodici città in tutto il mondo per dei manifesti che proclamavano: «La guerra è finita! Se voi lo volete. Buon Natale da John e Yoko». Si trovano a Toronto dove – poco prima di incontrare Smith – hanno tenuto una conferenza stampa per promuovere il loro progettato Toronto Peace Festival. Ancora quattro mesi e i Beatles si sarebbero sciolti.
Com’è andata la conferenza stampa, oggi?
Lennon: «Molto bene. Quando siamo arrivati erano tutti tesi, come noi del resto, ma alla fine l’aria si è rasserenata… Qui in Canada la stampa è abbastanza schietta con noi».
Invece, altrove…?
Lennon: «Mah, i problemi più grandi li abbiamo sempre a Londra. Lì sono abituati a trattare i Beatles come cosa loro. Sono convinti… Beh, non hanno tutti i torti, visto che veniamo da lì. Sono convinti di avere una relazione genitori-figli con noi. C’è un numero che i giornalisti fanno ogni volta, tipo “Non ci facciamo fare la predica da un vecchio Beatle sul viale del tramonto, noi; la gente di spettacolo non dovrebbe nemmeno aprire bocca”, una cosa del genere. Questo è il modo di fare normale, a Londra. Per questo le cose migliori le facciamo all’estero…». (…)
Ma in Inghilterra trattano tutti così?
Lennon: «Sì, sì, tutti. È come se avessero la puzza sotto il naso se si tratta dell’America (…) Hanno fatto lo stesso con gli Stones, quando sono tornati».
Ono: «È un classico: a casa tua ti trattano in un altro modo, con indifferenza».
Sei convinto che le tue attività per la pace avranno un effetto concreto?
Lennon: «È come domandare alla Coca Cola: ma tutte quelle stupide réclame serviranno davvero? Quando sono stato sull’Himalaya ci ho trovato la Coca Cola. Non c’era altro».
Ma la Coca Cola, la gente è convinta di averne bisogno.
Lennon: «E il sapone, chi ne aveva bisogno prima che cominciassero a venderlo? Il sapone non c’era, la Coca Cola non c’era. Chi ha bisogno della Coca Cola? C’era già l’acqua. Chi ha bisogno delle bibite gassate? Chi ha bisogno di quasi tutta la roba che ci riempie le case? Chi? Ora, invece, una volta che gliele hai fatte provare… Secondo me è possibile far provare alla gente la pace».
Ono: «Adesso è parte della cultura».
(…) Sarò io che sono più cinico, ma si può vendere la pace come se fosse un bene di consumo?
Lennon: «Beh, perché no? Ma Howard, non vedi che la guerra la vendono di continuo… È da quando ero piccolo io che John Wayne vende guerra… E allora io, con film, canzoni, cerco semplicemente di dare il più spazio possibile alla pace, tutto qui. Tanto perché abbia una possibilità… Ogni sera, alla tv, in un film su due ti vendono la guerra, guerra e violenza. Io cerco solo di ristabilire un po’ d’equilibrio».
(…) C’è qualche album dei Beatles in uscita?
Lennon: «Ne uscirà uno in gennaio, l’abbiamo finito qualche mese fa e questa è la prima cosa; poi un film dei Beatles».
Che album è?
Lennon: «Get Back. È quello che avremmo dovuto fare prima di Abbey Road ma poi è finito dopo, così uscirà con il film, un documentario su di noi che soffriamo per fare il disco».
Perché soffrite?
Lennon: «Perché è stato un inferno. Succede spesso».
Ma perché? Spiegami un po’…
Lennon: «È un tormento. Ogni volta che produciamo qualcosa è un tormento. Mi rivolgo agli artisti in ascolto, ai poeti, quello che volete: voi sapete com’è. Beh, non è che i Beatles abbiano un tocco magico che a voi manca. Ogni volta, per fare qualcosa è un inferno».
Ono: «Sono di carne e di sangue…».
Lennon: «E dobbiamo vedercela l’uno con l’altro. No, dico, pensaci un po’, lavorare con i Beatles. Non è mica uno scherzo». (…)
Ora che anche George, mi pare, si è messo a scrivere, come decidete quali canzoni andranno nel disco?
Lennon: «È una lotta. Mi spiego: una volta in prima linea c’eravamo Paul e io. È questo il problema. Personalmente, io non ti so dire se uscirà mai qualcos’altro a nome dei Beatles, con tutti e quattro. È una decisione che prendiamo ogni volta, ma ogni volta è più difficile. Una volta le canzoni le scrivevamo quasi tutte Paul e io, perché George non era prolifico. Noi lo incoraggiavamo, ma con delle riserve; perché, inconsciamente, facevamo poi in modo di avere l’lp tutto per noi. Ora George è diventato prolifico, ora siamo in tre e cerchiamo tutti di infilare le nostre cose in quelle quattordici tracce». (…)
Ono: «Ognuno di loro arriva con trenta canzoni, e allora che cosa vuoi fare».
Perché ci mettete tanto a registrare un disco?
Lennon: «Una volta eravamo più rapidi, ma ora ci piace trovare dei suoni particolari e ci vuole più tempo. Perché un lavoro venga fuori come ce l’hai in mente, ci devi stare sopra il tempo giusto. (…)
Quando registrate capita che litighiate?
Lennon: «Litigare no, ma c’è tensione, questo sì. Tensione, ogni volta che si accende la spia rossa di avvio della registrazione. A parte che andare a tempo come si deve, in quattro, non è facile per nessuna band. Quando due vanno insieme c’è un altro che a metà si perde, perde le staffe e manda tutto in malora. Noi miriamo sempre alla perfezione, non ci arriviamo mai, ovviamente, e il risultato è che ci mettiamo tanto». (…)