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 2017  dicembre 08 Venerdì calendario

APPUNTI SULL’INTESA BREXIT PER GAZZETTA

MARCO BRESOLIN, LASTAMPA.IT –

L’Unione Europea e il Regno Unito hanno annunciato di aver trovato un accordo sulla Brexit: questo vuol dire che le trattative sono finite? Assolutamente no. La strada è ancora lunga e, come ha detto il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, «la sfida più difficile è ancora davanti a noi». 


Ma quindi su cosa è stato trovato l’accordo?  

Sui termini del «divorzio». All’inizio dei negoziati, Bruxelles e Londra avevano stabilito la scaletta delle trattative: prima un accordo sulla separazione, poi le trattative sulle future relazioni. I britannici avrebbero preferito negoziati in parallelo, ma l’Ue non ha fatto passi indietro e ha stabilito i tre capitoli su cui sarebbe stato necessario fare «progressi sufficienti» prima di passare alla fase due, quella sul futuro. La Commissione europea, stamattina, ha proposto al Consiglio (i governi) di entrare nella seconda fase. I capi di Stato e di governo venerdì prossimo saranno a Bruxelles: confermando i «progressi sufficienti» daranno il loro via libera alla Commissione per negoziare le relazioni future. 

 

Quali sono questi tre capitoli?  

I diritti dei cittadini europei che vivono nel Regno Unito (e di quelli britannici che sono nel resto dell’Ue), gli impegni finanziari presi in passato da Londra e la questione del confine tra Irlanda del Nord (che fa parte del Regno Unito) e Irlanda (che invece è membro dell’Ue). 

 

Che intesa è stata trovata sui cittadini?  

Gli europei che si trovano nel Regno unito e i britannici che sono nei 27 Paesi Ue «manterranno gli stessi diritti di oggi» dice il comunicato della Commissione Ue. Le disposizioni si applicheranno non soltanto a chi si trasferirà entro il 29 marzo 2019, data in cui la Brexit diventerà formalmente realtà, ma varranno anche per tutto il periodo transitorio che probabilmente durerà due anni. Fino a quella data, dunque, potranno circolare liberamente. 

 

A quale giurisdizione saranno sottoposti?  

Theresa May dice che su di loro decideranno le corti britanniche. Però «alle condizioni previste dalla legge Ue», il che vorranno dire che dovranno tenere in considerazione le decisioni della Corte di Giustizia della Ue, che comunque resterà «l’ultimo arbitro». I diritti di residenza permanenti verranno acquisiti soltanto dopo cinque anni, ma nel frattempo l’accordo proteggerà i diritti di questi cittadini, che saranno estesi ai loro coniugi, partner registrati, familiari, nonni, figli e nipoti, anche se non vivono nello stesso Stato (aprendo la possibilità a possibili ricongiungimenti futuri). 

 

E sugli impegni finanziari? Quanto pagherà Londra?  

Nell’accordo non c’è alcuna cifra relativa alla quota che il Regno Unito dovrà sborsare, ma soltanto la metodologia per calcolarla. Theresa May si è però impegnata a rispettare tutti gli impegni finanziari presi sull’attuale bilancio pluriennale, che si estende fino al 2020. Dunque anche dopo la Brexit. Le stime parlano di una cifra attorno ai 60 miliardi di euro, ma non c’è ancora un calcolo esatto. In ogni caso il conto finale sarà «in euro». 

 

Il capitolo più spinoso, che ha paralizzato le trattative nelle ultime settimane, è quello del confine irlandese: che accordo è stato trovato?  

La questione resta un po’ controversa e rischia di penalizzare seriamente Londra. È stato garantito che non ci sarà una frontiera «rigida» tra Irlanda e Irlanda del Nord, nel pieno rispetto degli accordi del Venerdì Santo. Dunque l’Irlanda del Nord e l’Irlanda, in teoria, dovrebbero applicare le stesse regole per quanto riguarda il mercato unico e l’unione doganale. Ma Londra vuole evitare di far nascere una frontiera interna al Regno Unito, quindi andrà trovata una soluzione che di fatto ancora non c’è. Certamente l’Unione Europea, si legge nell’accordo, «dovrà assicurare che ogni soluzione non mini il ruolo dell’Irlanda nel mercato unico e conseguentemente l’integrità del mercato interno». Se però non si riuscisse a trovare una soluzione, «il Regno Unito si impegna a mantenere il pieno allineamento alle regole del mercato interno e dell’unione doganale». Ossia Londra potrebbe essere costretta a dover seguire ancora le regole decise a Bruxelles dagli altri 27 Stati. 

 

E ora che succede?  

Come detto, i 27 leader dovranno dare il via libera ai negoziati per la fase 2, quella sul periodo transitorio e per le future relazioni. «Siamo disposti a concedere un periodo transitorio di due anni come chiesto da May - ha spiegato Tusk - ma alle nostre condizioni». In sostanza il Regno Unito potrebbe restare per altri due anni (dopo il 29 marzo 2019) nel mercato unico e nell’unione doganale, ma questo comporterebbe il pieno rispetto delle norme Ue, senza però il potere di influire sulla loro stesura (come invece oggi accade). I britannici, infatti, non parteciperanno più ai Consigli e saranno fuori dal Parlamento Europeo. Tradotto: i 27 faranno le leggi, Londra le dovrà rispettare. E ovviamente contribuire al bilancio. Nel frattempo si negozierà anche sulla futura partnership, che potrebbe prevedere una sorta di accordo commerciale di libero scambio. 

 

Quando si chiuderà l’accordo?  

I dettagli del divorzio e del periodo transitorio, così come le linee generali della futura partnership, andranno definiti entro l’autunno del 2018. I rispettivi parlamenti dovranno infatti avere il tempo di ratificare l’accordo, che diventerà definitivo a fine marzo 2019. Non c’è molto tempo e la strada sembra tutta in salita: «Sappiamo tutti che separarsi e difficile - ha detto Tusk - ma costruire una nuova relazione lo è ancora di più». 


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PIERA MATTEUCCI, REPUBBLICA.IT –

Si è lavorato tutta la notte per trovare un accordo sulla Brexit. E alla fine è arrivato. Lo ha annunciato il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker dopo l’incontro di prima mattina con la premier britannica Theresa May a Bruxelles. "È stato un negoziato difficile, ma ora abbiamo una prima svolta, sono soddisfatto dell’accordo equo che abbiamo raggiunto con la Gran Bretagna", ha dichiarato Juncker, che ha sottolineato che è giunto ora il momento di "guardare al futuro in cui la Gran Bretagna è un amico e un alleato", con un "periodo di transizione", ma "faremo un passo dopo l’altro". "Ora ci stiamo tutti muovendo verso la seconda fase sulla base di una fiducia rinnovata".

"Abbiamo lavorato duro, non è stato facile per entrambe le parti", ma ora ci siamo, ha detto May, che ha assicurato che quello raggiunto rappresenta "un miglioramento significativo" rispetto a quanto era stato concordato lunedì scorso ed "è nel migliore interesse del Regno Unito".


L’accordo stretto tra Ue e Gran Bretagna, che sarà sottoposto al vertice Ue del 14-15 dicembre, "garantisce i diritti di oltre 3 milioni di cittadini Ue che vivono in Gran Bretagna", a cui "si applicherà il diritto britannico in corti britanniche", ha spigato la premier inglese.


Per quanto riguarda il ’conto’ del divorzio, è "un’intesa equa per i contribuenti britannici che consentirà di investire di più nelle priorità nazionali". Tra i punti previsti, la Gran Bretagna, si è impegnata a "evitare che sia eretta una frontiera fisica" tra Irlanda e Irlanda del Nord.


Il primo ministro irlandese, Leo Varadkar, ha salutato "un giorno molto importante" nei negoziati e ha aggiunto che l’accordo rappresenta "la fine dell’inizio dei negoziati". "È un risultato molto buono", gli ha fatto eco il ministro degli Esteri irlandese Simon Coveney, perché "abbiamo ottenuto delle garanzie per tutti sull’isola di Irlanda proteggendo pienamente l’accordo del Venerdì Santo, il processo di pace, l’economia di tutta l’isola e assicurando che non ci sia una frontiera sull’isola d’Irlanda dopo Brexit".


Ma gli sforzi non sono finiti. "Le sfide più difficili sono ancora davanti a noi - ha detto il presidente dell’Unione Europea, Donald Tusk, commentando l’intesa -. Tutti sappiamo che separarsi è difficile, ma separarsi e costruire una nuova relazione è ancora più difficile. Possiamo negoziare subito con Londra le condizioni del periodo di transizione che la Gran Bretagna ha chiesto di due anni in cui vuole rimanere membro dell’Unione doganale e del mercato interno, ma questo alle nostre condizioni, e avviare le trattative sulle relazioni future tra Ue e Regno Unito". Tusk ha indicato di aver già inviato ai ventisette i documenti per la decisione che dovranno prendere a metà dicembre e ha aggiunto che, durante il periodo di transizione fra la data formale di ritiro del Regno Unito (29 marzo 2019) e la data di ritiro effettivo, il Regno Unito dovrà rispettare "tutte le leggi dell’Unione incluse le nuove leggi", gli impegni di bilancio, la supervisione Ue e i relativi obblighi. Dal 29 marzo, in ogni caso, le decisioni nell’Unione europea saranno prese a 27.


• SODDISFATTI E DELUSI

Per il premier italiano, Paolo Gentiloni, "su Brexit è stato raggiunto un accordo positivo. Sono certo che il Consiglio Ue sarà rilanciato. L’Italia non è mai stata per il ’no deal’. Giudizio positivo perché credo che la Commissione abbia registrato progressi sufficienti sui tre punti - Irlanda, somme dovute all’Ue, situazione cittadini Ue - per andare a fase transitoria".


Soddisfatto per il raggiungimento dell’intesa il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani: una "buona notizia per i cittadini", ha scritto in un tweet. "Il Parlamento presenterà una risoluzione con la sua posizione mercoledì prossimo, prima del vertice Ue", ha aggiunto. "Ho appena parlato con May della Brexit", ha scritto ancora Tajani. "Andremo avanti con spirito costruttivo lavorando per il nostro comune futuro".


Soddisfatto per il risultato il ministro dell’Ambiente britannico e ’ideologo’ della Brexit nel governo di Theresa May, Michael Gove, secondo il quale l’intesa "libera la Gran Bretagna da limitazioni e vincoli che ci tenevano agganciati al passato". Gove si dice in particolare ’felicissimo’ del fatto che l’accordo confermi l’uscita del Regno dalla giurisdizione della Corte europea di Strasburgo.


Deluso, invece Nigel Farage, l’euroscettico britannico che già promette battaglia "alle prossime elezioni politiche": "Questa non è la Brexit, non abbiamo votato per lasciare l’Ue mentre la premier concede giurisdizione a una corte straniera per molti anni a venire". Per Farage, l’intesa serve solo a salvare la poltrona di Theresa May, che porterà il Paese verso "una nuova tappa dell’umiliazione". E di fatto rinvia "la Brexit almeno fino al 2021", dopo la possibile transizione.


• LUNGA TRATTATIVA

Le discussioni sono andate avanti ad oltranza tutta la notte e alle 7 è iniziato un incontro tra i leader Ue guidati da Jean-Claude Juncker e Theresa May. Il premier è decollato nella notte da Londra con il segretario alla Brexit David Davis.

Che un accordo fosse vicino si era capito quasi subito anche dal fatto che Martin Selmayr, il capo di gabinetto del presidente della Commissione europea, ha postato sul proprio profiloTwitter, pochi minuti dopo l’avvio del vertice, un comignolo da cui sbuca una fumata bianca, come per l’elezione di un Papa.


• I TERMINI DELL’ACCORDO

Il Financial Times definisce quello raggiunto "un accordo storico" sulla cornice della Brexit. La Gran Bretagna stima che il costo per l’adempimento dei suoi obblighi finanziari sia compreso tra 40 e 45 miliardi di euro e dovrà garantire diritti speciali per 4 milioni di europei. L’intesa, scrive FT, apre la strada ai negoziati commerciali. Il premier britannico e il presidente della Commissione europea hanno siglato un documento di 15 pagine che fa il punto della situazione e indica ai negoziatori il percorso per una seconda fase di colloqui.


• DIRITTI CITTADINI, CORTE UE ULTIMO ARBITRO

"L’intesa comune" raggiunta dai negoziatori "riconosce il ruolo della Corte di giustizia" europea "come l’arbitro ultimo dell’interpretazione della legislazione dell’Unione". Allo stesso tempo, si legge nel testo della comunicazione della Commissione Ue, saranno i tribunali britannici a occuparsi delle cause sollevate dai cittadini Ue sulla tutela dei loro diritti. I giudici britannici potranno rivolgersi alla Corte Ue per questioni interpretative "entro 8 anni" dall’entrata in vigore delle norme sui cittadini. La dichiarazione congiunta tra Regno Unito e Unione europea contiene "garanzie concrete per i cittadini" da entrambi i lati della Manica, ha ribadito il capo negoziatore dell’Ue Michel Barnier in conferenza stampa. Tra i punti condivisi: tutte le persone arrivate nell’Ue o nel Regno Unito prima della Brexit potranno continuare a lavorare o studiare, i membri della famiglia conserveranno il diritto alla riunificazione, saranno conservati i diritti alle prestazioni sociali.


• MAY IN DIFFICOLTA’

Per la May il momento è difficile. Circondata da tutti i lati, il primo ministro deve provare a far quadrare un cerchio poco malleabile sia in seno alla risicata maggioranza che ne sostiene il governo (dove pesa l’atteggiamento rigido del partitino unionista del Dup sul decisivo quanto spinoso dossier irlandese); sia soprattutto in seno al Partito Conservatore, diviso fra ’pragmatici’ ed euroscettici ’duri e puri’. I primi allineano un’avanguardia di 19 deputati euro-moderati che la sollecitano in queste ore a non farsi imporre la linea dai falchi e ad accettare un compromesso con Bruxelles. Mentre nella corrente avversa vi sono almeno una trentina di ultrà pronti a far saltare il banco di fronte ’concessioni’ eccessive. Ed entrambi i gruppi hanno i numeri per essere determinanti.


Come se non bastasse, May ha aperto un polemica pure con Philip Hammond, capofila delle colombe nell’esecutivo, smentendo - quanto meno come prematuro - il calcolo fatto dal cancelliere dello Scacchiere e ripreso dal Times stando al quale il Regno Unito sarà costretto a pagare "40 miliardi di sterline" anche nel caso di un’uscita finale ’no deal’ dall’Ue.


Mentre sulla trincea opposta il capo del Foreign Office, Boris Johnson, torna a parlare da ’brexiteer’, in modalità comizio, tanto sul conto del divorzio (dichiarando di non essere pentito d’aver mandato a quel paese Bruxelles quando temeva "un’estorsione" da 80-100 miliardi di sterline) quanto sulla necessità d’escludere qualsiasi intesa non consentisse all’isola di "riprendere il controllo dei suoi confini, delle sue leggi, del suo denaro".


Alla Camera dei Lord c’è chi, specialmente dai banchi laburisti, inizia addirittura a far congetture su un rinvio della scadenza della Brexit in quanto tale. fissata il mese passato da Theresa May per le 23 del 29 marzo 2019, con orario ferreo. Ma senza considerare che da qui ad allora a Downing Street 10 ci potrebbe essere qualcun altro.



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ILSOLE24ORE.COM – 

L’accordo su Brexit / I diritti

“I negoziatori hanno raggiunto un’equa e giusta visione comune, fondata sulla legge Ue come interpretata dalla Corte di Giustizia europea, sulla protezione dei cittadini che hanno costruito la propria vita sulla base dei diritti comportati dalla partecipazione del Regno Unito alla Ue”, e’ scritto nella comunicazione della Commissione europea al Consiglio Ue, l’atto formale che i capi di stato e di governo dei 27 dovranno discutere e approvare nelle riunioni del 14 e del 15 dicembre a Bruxelles. I diritti derivati dalla legge Ue, se “fondati su scelte di vita fatte prima della data del ritiro del Regno Unito dall’Unione, continueranno a essere esercitati”. Nel documento si fa riferimento alla “data specifica” intendendo appunto la data di Brexit “senza pregiudizio sulla discussione nella seconda fase dei negoziati su un possibile periodo di transizione e sugli adattamenti che da questi derivano” rispetto, appunto, alla data. Nella visione di Bruxelles, il periodo di transizione (dopo lo scatto formale della Brexit previsto il 29 marzo 2019) “implica la continua applicazione dei dispositivi di legge della Ue sulle liberta’ fondamentali”. Cio’ significa che i cittadini potranno circolare liberamente come prima del ritiro del Regno Unito: di conseguenza le disposizioni dell’accordo su diritti dei cittadini e ’governance’ relativa “possono essere applicate solo alla fine del periodo di transizione”. In tal caso, quindi, “la data specifica non e’ per la Commissione la data del ritiro del Regno Unito ma la data di fine del periodo di transizione”.

Ue e Londra concordano sul fatto che i cittadini residenti e le loro famiglie “possono continuare a vivere, lavorare o studiare come fanno attualmente alle stesse condizioni previste dalla legge Ue beneficiando della piena applicazione della proibizione di qualsiasi discriminazione sulla base della nazionalita’”. Chi non ha ancora acquisito pienamente i diritti di residenza, se non vive nello stato ospite da almeno 5 anni, sara’ pienamente protetto dall’accordo e potra’ acquisire i diritti della residenza permanente anche dopo Brexit. Saranno protetti gli attuali diritti di coniugi, partner registrati, familiari, nonni, figli, nipoti e persone in “relazione stabile” che non vivono nello stesso Stato del cittadino Ue residente nel Regno Unito (e viceversa), nel senso che potranno raggiungerlo in futuro. L’accordo, nella visione della Commissione, copre anche i futuri coniugi (che non lo sono al momento della Brexit ’sostanziale’): di questo pero’ si parlera’ nella seconda fase del negoziato. Copre in ogni caso tutti i figli nati prima o dopo Brexit indipendentemente dallo Stato in cui sono nati con la sola eccezione dei figli nati dopo e per i quali il genitore non coperto dall’accordo ha la mera custodia.


L’accordo su Brexit / Le procedure amministrative e la tutela dei diritti

Per quanto riguarda le procedure amministrative, i costi non potranno essere superiori a quelli imposti a cittadini britannici e chi gia’ ha un documento di residenza permanente potra’ sostituirlo con il documento di ’status speciale’ senza alcun onere. I negoziatori hanno concordato sul principio in base al quale “nessun cittadino sara’ privato dei propri diritti previsti dall’accordo fino alla decisione conclusiva delle autorita’ competenti”. I cittadini manterranno i diritti su sanita’, pensione e altre coperture sociali e se devono ricevere benefici monetari da uno Stato possono generalmente riceverli anche se decidono di vivere in un altro Stato.

Per quanto riguarda la tutela dei diritti, indica la Commissione, il Regno Unito “si e’ impegnato ad adottare la legislazione primaria per incorporare pienamente la parte dell’accordo sul ritiro relativa ai diritti dei cittadini nel diritto” nazionale. Per assicurare una coerente interpretazione dei diritti dei cittadini in questione “la visione comune raggiunta dai negoziatori riconosce il ruolo della Corte di Giustizia Ue come ultimo arbitro nell’interpretazione della legge dell’Unione a patto che le corti o i tribunali britannici tengano in debito conto le decisioni rilevanti della Corte di giustizia Ue dopo la data del ritiro”, chiedano a quest’ultima “quando ritengano necessario”, indicazioni interpretative. Questo per 8 anni dalla data di applicazione dell’accordo sui diritti. Inoltre l’attuazione dell’accordo dovra’ essere monitorato dalla Commissione mentre nel Regno Unito sara’ monitorato da un’autorita’ nazionale indipendente.


3/7 L’accordo su Brexit / Irlanda

Ue e Regno Unito indicano che quest’ultimo “proteggera’ l’accordo del Venerdi’ Santo (che ha garantito la pace finora) ed evitera’ una ’frontiera dura’ inclusi le infrastrutture o i relativi controlli e verifiche”. Il Regno Unito, indica la Commissione, “ha fornito le necessarie assicurazioni che in futuro fara’ funzionare l’area comune di mobilita’ (Common Travel Area), un accordo bilaterale tra Regno Unito e Irlanda precedente la comune partecipazione alla Ue nel pieno rispetto degli obblighi dell’Irlanda in quanto Stato membro dell’Unione europea in particolare senza ostacolare il libero movimento dei cittadini Ue da e per l’Irlanda”. I negoziatori hanno registrato il fatto che la cooperazione tra Irlanda e Irlanda del Nord “si fonda in misura significativa sul quadro comune legale e di policy Ue e ha identificato la divergenza nella regolamentazione il rischio piu’ grande per continuare” la cooperazione.

Da un lato la Commissione segnala che il Regno Unito “resta impegnato a proteggere e sostenere la cooperazione” a evitare una frontiera ’dura’. Questa intenzione, pero’, “e’ difficile da conciliare con la decisione britannica di lasciare il mercato unico e l’unione doganale”. Se gli obiettivi “non saranno raggiunti attraverso il futuro sistema di relazioni con la Ue, il Regno Unito si e’ impegnato a proporre soluzioni per un accordo con la Ue”. La Ue, dice la Commissione, “dovra’ assicurare che ogni soluzione non mini il ruolo dell’Irlanda nel mercato unico e conseguentemente l’integrita’ del mercato interno” europeo. In assenza di soluzioni, ecco il punto chiave che spiega il rinvio di fatto della soluzione per la frontiera anglo-irlandese, “il Regno Unito si impegna a mantenere il pieno allineamento alle regole del mercato interno e dell’unione doganale che, ora e in futuro, sosterranno la cooperazione Nord-Sud (irlandesi), tutta l’economia dell’isola dell’Irlanda e la protezione dell’accordo del Venerdi’ Santo”. Nessun diritto dei cittadini Ue irlandesi residenti nell’Irlanda del Nord sara’ messo in causa. Questo e altri impegni britannici dovranno essere tradotti in soluzioni pratiche nella seconda fase dei negoziati.


L’accordo su Brexit / I conti

Londra “ha concordato di onorare la quota di finanziamento di tutti gli obblighi assunti mentre era membro Ue in relazione al bilancio (in particolare 2014-2020), alla Bei, alla Bce, alle ’facility’ per i rifugiati in Turchia, ai fondi ’fiduciari’ Ue, alle agenzie Ue al Fondo europeo di sviluppo. I negoziatori hanno concordato la metodologia da seguire per calcolare l’ammontare della fattura di Brexit. Questi i principi acclarati: nessuno Stato Ue deve pagare di piu’ o ricevere meno a causa del ritiro, il Regno Unito deve pagare la propria quota degli impegni assunti e non deve dare ne’ piu’ ne’ prima di quanto avrebbe fatto se fosse rimasto membro della Ue. Cio’ implica, spiega Bruxelles, “che il Regno Unito deve pagare sulla base degli attuali risultati del bilancio” (tenendo conto della sua attuazione effettiva). E contribuira’ e partecipera’ all’attuazione dei bilanci annuali per il 2019 e il 2020 come se fosse rimasto nella Ue comprese le voci “che resteranno da liquidare al 31 dicembre 2020” eccetto che per le passivita’ per le quali esistono asset corrispondenti.

Questi i principi concordati: il Regno Unito non finanziera’ impegni che non richiedono finanziamenti da parte degli Stati membri e ricevera’ la propria quota di benefici come se fosse rimasto nella Ue; per le passivita’, legate a casi legali, la data di chiusura sara’ il 31 dicembre 2020; oltre il 2020 la quota del Regno Unito sara’ in percentuale calcolata come media dei contributi britannici nel 2014-2020; i pagamenti derivanti dalla regolazione dei conti per la Brexit saranno dovuti come se restasse uno Stato membro; i pagamenti saranno conteggiati ed effettuati in euro.

Londra continuera’ a partecipare ai programmi finanziati nel bilancio 2014-2020 “fino alla loro conclusione”, la cui partecipazione “richiede al Regno Unito e ai beneficiari del Regno Unito il rispetto di tutte le disposizioni legali della Ue”. Per la Banca europea degli investimenti, fornira’ una garanzia per un ammontare pari al capitale “callable’ il giorno del ritiro dalla Ue, garanzia che sara’ mantenuta per un certo periodo di tempo e poi ridotta in linea con l’ammortamento di tale stock. Il Regno Unito sara’ rimborsato in ’tranche’ del capitale versato partendo da fine 2019 ma fornira’ garanzie addizionali per rimpiazzare il capitale rimborsato. Per la Bce, e’ stato concordato che il capitale versato sara’ rimborsato alla Banca d’Inghilterra dopo la data di Brexit.


L’accordo su Brexit / Euratom

L’accordo prevede che il Regno Unito sarà responsabile per la sicurezza nucleare internazionale nel proprio territorio e l’impegno a un regime futuro che garantisca una copertura equivalente a quella prevista dal quadro Euratom attuale; principi sulla proprieta’ del materiale fissile (detenuto nel Regno Unito da parte dei 27) e sulla responsabilita’ per il combustibile esaurito e le scorie radioattive. Sul materiale fissile stoccato nel Regno Unito, Londra “non ha ancora accettato che i diritti Euratom continuino” (per esempio il diritto di approvare vendite future o trasferimenti). Le parti concordano sul fatto che la responsabilita’ finale per combustibile esaurito e scorie radioattive resta in carico allo Stato in cui sono stati prodotti in linea con le convenzioni internazionali e la legislazione della comunita’ europea per l’energia atomica. “Un accordo e’ in vista”, ma deve essere concluso in via definitiva per quanto riguarda il trasferimento nel Regno Unito degli strumenti usati da Euratom per garantire sicurezza. Persiste invece il disaccordo sulla validita’ dell’approvazione delle esportazioni dalla Ue al Regno Unito dopo Brexit.


L’accordo su Brexit / Merci

Le merci sul mercato sotto la legge Ue prima del ritiro potranno circolare liberamente sui mercati britannico e Ue, non ci sara’ necessita’ di modifiche ai prodotti o delle etichette, saranno soggetti a supervisione Ue. Tuttavia il capitolo merci nella fase di transizione non e’ chiuso: resta da fare un “lavoro sostanziale”, dice la Commissione, per concordare sul concetto chiave ’immesse sul mercato’. C’e’ un disaccordo di fondo sull’intenzione Ue di applicare le regole Ue all’importazione di tutti i prodotti derivati da animali dalla data di Brexit indipendentemente dal fatto che siano state messe sul mercato o meno, sulla competenza per il rispetto delle regole Ue dopo il ritiro che per Bruxelles deve essere affidata alle autorita’ dell’Unione europea e per Londra invece deve rientrare a livello nazionale.



L’accordo su Brexit / Giustizia

Sulla cooperazione in materia civile e commerciale c’e’ consenso sul fatto che le regole Ue sul conflitto tra le leggi devono applicarsi ai contratti precedenti la Brexit e agli obblighi contrattuali derivanti da eventi che hanno provocato danni prima della data del ritiro. E cosi’ continuera’ a essere applicata la legge sulla giurisdizione ai procedimenti legali istituiti prima della Brexit. C’e’ disaccordo sul fatto che la scelta del tribunale fatta prima del ritiro dalla Ue debba far scattare l’applicazione della legge Ue sul riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze dopo Brexit.

Sulle procedure giudiziarie Ue e’ stato concordato che la Corte di giustizia Ue restera’ competente per le procedure con il Regno Unito come ’accusatore’ o ’difensore’ per i casi registrati alla data del ritiro e che tali procedure continueranno fino al giudizio. C’e’ disaccordo su diverse questioni, pero’, inclusa quella sulla competenza continuata della Corte di giustizia Ue su fatti sollevati prima di Brexit, sull’esecuzione delle decisioni della stessa Corte dopo il ritiro e sulla possibilita’ per il Regno Unito di intervenire davanti alla Corte in futuro.

Sui procedimenti amministrativi Ue attualmente Londra non ha alcuna posizione relativamente all’intenzione dell’Unione di completare tutti i casi aperti, con decisioni “vincolanti” anche per le possibili conseguenze giudiziarie.

Restano “divergenze significative” sul ruolo della Corte di Giustizia Ue. Il Regno Unito si oppone ad accordarle un “ruolo centrale” nella governance dell’accordo per la Brexit, mentre la Commissione ritiene che solo con tale ruolo “si potra’ proteggere l’autonomia dell’Unione e il suo ordine legale”. Sono necessarie “ulteriori discussioni sugli accordi istituzionali per gestire e monitorare insieme il funzionamento dell’accordo sul ritiro, per esempio attraverso un comitato congiunto, sulla questione cruciale del modo in cui l’accordo “sara’ effettivamente applicato dalle due parti e le dispute che potranno emergere saranno regolate”.

Infine, il documento comunitario, raccomandando al Consiglio di decidere che su tali basi il negoziato ha fatto “progressi sufficienti”, indica che i negoziati per la Brexit (compresa la seconda parte sulle relazioni future) “devono essere completati entro l’autunno 2018 perche’ l’accordo possa essere concluso dal Consiglio dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo, essere approvato dal Regno Unito prima del 29 marzo 2019”.


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NICOL DEGLI INNOCENTI, ILSOLE24ORE.COM –

Prima di riuscire a prendere l’aereo per Bruxelles alle 5 della mattina, Theresa May ha avuto numerose conversazioni telefoniche notturne con Arlene Foster, leader del Democratic Unionist Party (Dup). Solo il via libera – con ancora qualche riserva – degli unionisti nord irlandesi ha sbloccato l’impasse e permesso l’annuncio positivo di stamattina. La questione del confine tra le due Irlande e quella dello status dell’Irlanda del Nord all’interno del Regno Unito erano diventati i due ostacoli maggiori sulla via dell’intesa tra Londra e Bruxelles.

Era stato il “no” perentorio della Foster a costringere la May a tornare precipitosamente a Londra per ulteriori negoziati all’inizio della settimana quando un accordo sembrava ormai quasi concluso.



Nelle ultime, cruciali ore la difficile trattativa è stata condotta direttamente dalla May con la Foster, anche se ministri di entrambi i lati avevano preparato il terreno negli ultimi giorni. La May ha potuto rassicurare il Dup sui loro due timori principali, come ha confermato stamani la stessa Foster: «Non ci sarà uno status speciale per l’Irlanda del Nord, come esige Sinn Fein, e non ci saranno linee rosse (dogane) nel mezzo del mare d’Irlanda».

La premier britannica è anche riuscita a far accettare alla Foster il termine indigesto «pieno allineamento» con le regole Ue, garantendo che sarà applicato a tutto il Regno Unito, non solo all’Irlanda del Nord, e solo se non sarà raggiunta un’intesa alternativa con la Ue. Al tempo stesso, la May ha anche promesso che non ci sarà mai un ritorno a un confine «invalicabile» tra la Repubblica d’Irlanda e l’Irlanda del Nord, ottenendo così il via libera di Dublino.

La premier ha preso il controllo dei negoziati, con telefonate notturne di aggiornamento e consultazione con la Foster ma anche con il presidente Ue Jean-Claude Juncker e con il premier irlandese Leo Varadkar.

A sbloccare la situazione però sono state soprattutto le telefonate con la Foster, che alla fine si è dichiarata soddisfatta con le sei modifiche apportate al testo, che ha definito «sostanziali». A convincere il Dup a dare il via libera è stata in particolare un’aggiunta al testo che garantisce che non ci saranno «nuove barriere» tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito e che le imprese nordirlandesi continueranno ad avere «accesso libero» al mercato interno britannico.

È stata la Foster quindi a permettere l’accordo annunciato stamani, che viene presentato anche dagli oppositori della May in Parlamento come un grande successo personale della premier e una dimostrazione della sua tenacia, competenza e determinazione. La leader del Dup però si è riservata l’ultima parola: «Nulla è deciso finché tutto sarà stato deciso e se voteremo o meno a favore dell’accordo finale dipende dai contenuti dell’intesa», ha avvertito.