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 2017  dicembre 08 Venerdì calendario

Pechino dà ragione a Lego: stop ai falsi mattoncini

Imitati, contraffatti come i più famosi marchi di lusso dell’abbigliamento. I giocattoli falsi, secondo un recente rapporto europeo, causano un danno economico che solo in Italia è quantificato in oltre 200 milioni di euro l’anno. 
L’intera Europa è invasa da giocattoli contraffatti che arrivano principalmente dalla Cina. Dove ieri Lego ha vinto la prima battaglia legale sul copyright contro due produttori locali che vendevano mattoncini identici in tutto e per tutto a quelli del gruppo danese, ma marchiati Bela. La Corte ha riconosciuto la violazione della legge sui diritti d’autore oltre alla concorrenza sleale. 
«Si tratta di una decisione importante – ha detto Peter Thorslund Kjaer, vice presidente Lego per gli affari legali – per tutte le aziende che operano in Cina e vogliono sviluppare il loro business». Esattamente come Lego che dall’Asia vuole far ripartire la crescita della storica azienda danese che con i mattoncini (il nome deriva dal danese «Leg godt», giocare bene) ha creato un gruppo da 5 miliardi di euro di ricavi. A settembre, però, con la diffusione dei dati del semestre (fatturato in calo del 5% a 2 miliardi di euro), i danesi hanno deciso un taglio dell’organico dell’8%. E un cambio di strategia che vuole, tra le altre cose, prendersi una bella fetta del mercato cinese ambita anche dai concorrenti Mattel (Barbie) e Hasbro (Monopoly e My litte pony).
Va quindi letto in questa ottica l’impegno di Lego a ritmo di sentenze, come quella di inizio anno della Corte suprema di Pechino. L’Alta Corte di Beijing ha stabilito che il logo Lego e la ragione sociale sono un «well-known trademark», ovvero un marchio noto e riconosciuto, anche in Cina. La sentenza ha così messo sotto protezione i famosi mattoncini rendendo l’azienda più forte nell’ambito delle battaglie legali contro i falsi Lego. Come dimostra l’esito della causa di ieri. 
«Quello che fa la Cina è un dumping a tutti gli effetti – spiega Lisa Ferrarini, vice presidente per l’Europa di Confindustria —. L’Italia, sul sequestro del contraffatto, è molto forte ma a livello europeo siamo l’unico paese che insiste su questo tema. Non c’è un programma serio sulla contraffazione, c’è solo un indirizzo politico e invece dovrebbe essere una priorità per la Commissione perché la prima vittima della contraffazione è la manifattura. Abbiamo porti – aggiunge Ferrarini – che sdoganano con controlli blandi e se arrivano prodotti contraffatti nel nostro paese e non solo, da qualche parte entrano. Noi ovviamente non ci possiamo sostituire alle istituzioni europee, ma sull’origine del prodotto e del made in è da più di dieci anni che insistiamo. Basti sapere che quando i cinesi esportano verso l’Europa non hanno neanche l’obbligo di indicare l’origine della materie. La concorrenza con la Cina dev’essere ad armi pari e invece così non è».