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 2017  dicembre 08 Venerdì calendario

«L’iPhone del futuro come lo voleva Jobs». L’intervista a Phil Schiller

Dieci anni fa con l’arrivo dell’iPhone il nostro mondo analogico subiva un potentissimo scossone. Oggi siamo nel medioevo, nel pieno del passaggio verso l’era digitale.
«Non lo chiamerei medioevo», ci dice Phil Schiller, vicepresidente di Apple, nel suo ufficio londinese. «È un’era nella quale il potere delle idee e della comunicazione è simile a quello che avevano le materie prime nel passato. Tutto è in movimento ed è vero che siamo solo all’inizio, scopriremo con il tempo quello che potrà accadere, ora è difficile». Era difficile anche 10 anni fa, quando dopo la rivoluzione dell’iPod la Apple si apprestava a trasformarsi da un’azienda che produceva principalmente hardware a una “mobile company” com’è oggi, «ma quello che conta per noi è che non è cambiata, da allora, la nostra visione», dice Schiller, «abbiamo cambiato spesso idea ma il cuore del nostro lavoro è rimasto lo stesso: permettere a qualcuno di fare cose che non erano possibili prima».
Per celebrare il decennale Apple ha cambiato una delle sue regole base, quella per la quale “di iPhone ce n’è uno solo”, e sul mercato ne ha portati due, Qualche rischio di “cannibalizzazione” ovviamente può esserci: «Non credo» dice Schiller. «Il business dell’iPhone è cresciuto così tanto che un solo modello non era più in grado di accontentare tutti.
L’iPhone 8 si inserisce nella nostra linea per la quale c’è una nuova versione ogni anno; l’iPhone X mostra dove vogliamo andare: questo spiega il cambiamento nella nostra strategia. Alle volte ci ripetiamo, se vale la pena, ma altre volte, se la strategia non è la migliore, preferiamo cambiare idea».
Ok, cambiare idea, “think different”, per dire che Apple non ha cambiato filosofia da quando Steve Jobs non c’è più.
Ma l’azienda non è la stessa di 10 anni fa: «È vero» conferma Schiller. «È cambiata molto, Tim Cook ci ha stimolato a creare soluzioni che sono possibili da raggiungere solo lavorando in team. Dieci, ma anche venti anni fa sarebbe stato impossibile».
Dicono che non fate più innovazione... «Ma basta guardare agli AirPods, sono due computer che mettiamo nelle orecchie e devono funzionare in sincrono senza creare vuoti nell’ascolto per capire che non è così». Alcune novità possono essere pericolose, c’è chi teme, con il riconoscimento facciale che la privacy degli utenti sia messa a rischio: «Lo dicevano anche del lettore di impronte e non è accaduto. La tecnologia può solo migliorare». Schiller insomma è convinto l’iPhone abbia ancora una lunga vita davanti: «È un prodotto semplice e chiaro, con venti o trent’anni ancora davanti, forse di più. Per la forma pensiamo ai laptop: sono gli stessi da decenni; per la tecnologia basta ricordare quello che faceva uno smartphone solo pochi anni fa, nulla rispetto a quello che fa adesso. E continuerà ad essere così». E per il resto? Niente televisori allora? Niente automobili connesse o visori per la realtà aumentata? A questo punto Phil Schiller sorride, «non rivelerò segreti aziendali» dice, ma alcune certezze ce l’ha, come quella del successo della realtà aumentata, senza caschi o visori, ma sull’iPhone: «È molto potente già oggi ma è solo l’inizio. Arriverà un tempo in cui gli studenti si chiederanno come sia possibile che qualcuno in passato studiasse senza. La cosa migliore saranno le sorprese, quello che oggi non immaginiamo nemmeno».
Quanto all’accordo raggiunto nei giorni scorsi in Irlanda sulle tasse non versate, Schiller è reciso: «Mi occupo di prodotti e non ho commenti da fare».
C’è stata mai una giornata in cui ha pensato di mollare tutto? «Ci sono giorni difficili, sempre. Ma mi è anche sempre chiaro che abbiamo un miliardo di clienti nel mondo che hanno aspettative molto alte e questo mi spinge a lavorare tutti i giorni, Anche in quelli particolarmente brutti».