La Stampa, 7 dicembre 2017
Dai cattivi avanzi una cattiva cucina
Se il vino sa di tappo, il risotto saprà di tappo. È la legge di Lavoisier della cucina. Sembra banale: per cucinare un buon piatto servono ingredienti buoni. In realtà è uno dei postulati più ignorati dai cuochi sia amatoriali sia professionali. La glassatura ottenuta riciclando uova di Pasqua di pessima qualità, deluderà il palato. E così il dolce di risulta cucinato con i panettoni del discount. Ma pure il pangrattato, se si vuole aggiungere e non sottrarre nobiltà al fritto, merita la sola mollica rafferma di una pagnotta artigianale, profumata e ben cotta. Nessun bacio tramuterà la pasta industriale avanzata in una frittata da principi e la focaccia all’olio di sansa mortificherà le tartine dell’aperitivo. La polenta istantanea, pur ripassata in un buon burro, non riuscirà a far scordare le origini modeste. E il sugo con gli avanzi di platessa surgelata non riproporrà alle narici il profumo del mare. Quando il sale scappa di mano si può tentare un salvataggio con salsa di pomodoro crudo, più che con un tubero, ma meglio saggiarlo prima in piccola quantità, per non sperperare anche le fatiche dell’estate. Odio buttare il cibo, ma il bruciato non ha scampo, quanto le bucce d’arancia trattate col difenile, da reimpiegare solamente in pattumiera. Datemi retta, per l’arrosto di Natale investite mezzo bicchiere della miglior bottiglia della vostra riserva, e conservate, per il brindisi finale con la prozia Martina, il prosecco del pacco dono di tre anni fa.
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