il Fatto Quotidiano, 6 dicembre 2017
Il pasticcio su medici e cibo che toccherà ai giudici dirimere
Ad aprile, la condizione perché il ddl sul biotestamento fosse approvato alla Camera a un certo punto sembrava dover essere l’esclusione di nutrizione e idratazione artificiali dalla categoria delle “cure”. Nodo su cui si erano concentrati sia i deputati di area cattolica (a favore), sia centrosinistra e M5S (contrari). Al centro, era finita la richiesta del M5S di abolire il comma 6 dell’articolo 1. Alla fine, il comma è rimasto, ma ha cambiato forma. A fare da contraltare, il comma 5, che prevede esplicitamente il diritto di “rifiutare i trattamenti… incluse nutrizione e idratazione artificiali”.
Il disegno di legge sul biotestamento arrivato nell’aula del Senato si porta quindi dietro una zona d’ombra su cui, dopo l’approvazione, dovrebbero intervenire a fare chiarezza le sentenze dei giudici. Riguarda i medici: la volontà del paziente resta vincolante, ma è previsto che il medico possa esimersi se contraria alla legge o alla deontologia professionale. “A fronte di tali richieste – si legge – il medico non ha obblighi professionali”. Una sorta di contentino per i medici di area cattolica e altro punto (se la deontologia possa prevalere sulla legge) su cui saranno le sentenze a dare indicazioni.
Per il resto, le disposizioni sono chiare. Per capire di cosa parla il ddl, di cui è primo firmatario il deputato del Movimento 5 Stelle Matteo Mantero, è utile partire da ciò di cui non parla. Non riguarda l’eutanasia, ovvero l’interruzione della vita provocata dall’intervento del medico, né il suicidio assistito, che prevede che il paziente, non necessariamente in fin di vita, attivi da solo la procedura che lo ucciderà (il caso di dj Fabo). Riguarda, invece, le cosiddette Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat), ovvero la possibilità di scegliere da coscienti – quindi anche anni prima – a quali trattamenti e cure mediche essere o non essere sottoposti qualora ci si dovesse trovare nelle condizioni di non poter decidere. Come detto, incluse nutrizione e idratazione artificiali.
Il primo articolo è forse il più importante: parla di consenso informato e riconosce il diritto del paziente di rinunciare o interrompere qualsiasi tipo di trattamento, anche se la rinuncia dovesse causarne la morte prematura. Specifica poi che tra i trattamenti sono compresi anche idratazione e nutrizione artificiali. “Si scrive nero su bianco, in una legge, quanto già stato stabilito dalla sentenza Welby – spiega Mantero – per la quale però c’era stato un processo. Una volta approvata la legge, il diritto sarà esigibile da tutti”. Il ddl prevede poi che qualsiasi tipo di consenso o indicazione sia scritta o, se le condizioni fisiche del paziente non dovessero consentirlo, videoregistrato ed espresso con dispositivi che consentano al paziente di comunicare. Il consenso potrà essere revocato in qualsiasi momento ed è prevista la nomina di un fiduciario che parli a nome del paziente e vigili.
Il dottore può modificare le indicazioni solo in accordo con lui nel caso di nuove terapie che, non prevedibili al momento della Dat, possano “assicurare possibilità di miglioramento”. C’è poi la pianificazione anticipata delle cure che riguarda le malattie degenerative di cui si conosce il decorso: il paziente può indicare, fase per fase, a quale trattamento voglia o non voglia essere sottoposto. “È stata poi inserita la sedazione palliativa continua – conclude Mantero –: già praticata in molti ospedali, non era nella legge sulle cure palliative. Ora può essere richiesta nelle fasi terminali della malattia o quando le sofferenze non siano più trattabili con i normali calmanti”.