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 2017  dicembre 05 Martedì calendario

Nordirlanda, Galles, Scozia e Londra Tutti rompono le scatole agli inglesi

Il B-Day è più vicino, anzi no. La sterlina si era additittura rafforzata 1,3506 dollari con un massimo di seduta a 1,3549 e 87,66 pence per euro alla notizia dell’accordo sulla Brexit ormai dato per fatto dai più importanti giornali britannici. Ma quando si è saputo su che tipo di compromesso si stava per realizzare la transazione il quadro interno ha ripreso ad agitarsi, tra le richieste di vari governi locali e le minacce del Partito Democratico Unionista dell’Ulster (Dup) di togliere al governo conservatore minoritario quell’appoggio determinante sul quale si regge. Così, tutto è stato per ora rimandato: per lo meno al Vertice Europeo del 14-15 dicembre. 
Tre erano i contenuti concreti dell’intesa. Primo: il Regno Unito si sarebbe impegnato a pagare 55 miliardi come buonuscita. Secondo: la Corte Europea di Giustizia avrebbe potuto continuare ad occuparsi dei 3 milioni di cittadini europei residenti nel Regno Unito. Terzo: l’Irlanda del Nord avrebbe avuto uno status speciale che l’avrebbe in pratica lasciata nel Mercato Comune e nell’unione doganale, impedendo il ritorno a quella frontiera tra le due Irlande che avrebbe potuto violare gli Accordi di Pace del Venerdì Santo e avrebbe potuto esporre a un veto del governo di Dublino. «L’accordo è sempre più vicino», aveva scritto su Twitter il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, dichiarandosi anche «incoraggiato dai progressi» fatti. D’accordo il presidente della Commissione Jean-Claude Junker, con cui Theresa May aveva pranzato. Anche il premier irlandese Leo Varadkar aveva dato via telefono il suo benestare alla soluzione con cui sarebbe stato mantenuto l’«allineamento normativo» tra le due parti dell’isola. 
Ma forse proprio questa soddisfazione da parte di Dublino ha insospettito e indispettito la leader del Dup Arlene Specter, che ha subito messo i suoi chiarissimi paletti: «non accetteremo alcuna forma di divergenza normativa, l’Irlanda del Nord non può avere regole diverse dal resto della Gran Bretagna». Contemporaneamente, per motivi speculari è subito scattato anche il sindaco di Londra Sadiq Kahn: laburista e per di più da sempre schierato per il «remain». «Enormi conseguenze per Londra se Theresa May ha concesso che è possibile per una parte del Regno Unito di rimanere dentro il mercato unico e l’unione doganale dopo la Brexit, ha scritto su Twitter». «I londinesi hanno votato a larga maggioranza per rimanere nell’Ue e un accordo simile qui potrebbe proteggere decine di migliaia di posti di lavoro». Ovviamente il First Minister del Gales Carwyn Jones si è attaccato allora anche lui a Twitter. «Se a una parte del Regno Unito viene concessa la partecipazione continua al mercato unico e all’unione doganale, allora ci aspettiamo che venga fatta la stessa offerta al Galles». E a quel punto si è mossa anche la First Minister scozzese Nicola Sturgeon, che dopo aver addirittura minacciato un nuovo referendum indipendentista per rimanere nell’Ue adesso ha forse preferito che aprisse le ostilità qualcun altro. «Se una parte del Regno Unito può avere un allineamento della regolamentazione con la Ue e restare effettivamente nel mercato unico, che è la giusta soluzione per l’Irlanda del Nord, non c’è una ragione pratica perché altri non possano farlo». 
«Non è stato possibile arrivare a un completo accordo, nonostante i molti progressi che abbiamo compiuto», ha dunque detto alle 16 Juncker, Ma ha promesso: «continueremo le consultazioni nei prossimi giorni e sono fiducioso che possiamo giungere a un’intesa sui punti ancora in sospeso prima del summit della Ue della prossima settimana».