Corriere della Sera, 6 dicembre 2017
Se questo è un bancomat
Il signor Giuseppe Chiarini, omonimo di un più mite letterato ottocentesco a cui sono dedicate delle strade, si è affacciato dal balcone della sua casa nel Bresciano e ha steso a fucilate il ladro rumeno che aveva fatto saltare un bancomat e lo stava caricando con alcuni complici sopra un furgone. Il tentato omicida ha patteggiato due anni e otto mesi, il rapinatore quattro mesi di meno, e c’è chi, a cominciare dallo stesso Chiarini, la considera un’infamia.
Può un bandito, sorpreso in flagrante da un cittadino e sottoposto dal medesimo a un trattamento dissuasivo a base di pallettoni, essere punito con minore severità rispetto al suo giustiziere? Le budella rispondono in coro: Nooo. Ma il cervello, occasionalmente interpellato, si premura di fare notare che: a) il bandito non stava attentando alla vita del cittadino e neppure alle sue proprietà; b) l’artigliere appostato dietro la trincea del suo balcone non ha sparato un colpo di avvertimento e poi chiamato la polizia, ma sottoposto il manigoldo a un’esercitazione di tirassegno, con il manigoldo medesimo nel ruolo di bersaglio.
Per quanto la paura dei furti sia tanta e la voglia di difendersi da soli anche maggiore, attentare alla vita di un essere umano resta più grave che attentare a quella di un bancomat. Almeno finché esiste il noioso Stato di diritto. Appena lo avremo sostituito con il più agile Far West, garantisco che cambierà anche il Giuseppe Chiarini sullo stradario.