La Stampa, 5 dicembre 2017
Il Cio e la Russia si fa presto a dire neutrali
Quattordici persone oggi decidono che definizione dare ai valori olimpici.
Il consiglio del Cio si riunisce a Losanna per giudicare la Russia, non è un processo, quello c’è già stato e, per ora, ha radiato 25 atleti dalle Olimpiadi. Ma adesso non si parla di provette, si discute di principi, argomento scivoloso che di media nasconde interessi di varia natura. Pure stavolta dietro ogni opzione ci sono alleanze e conseguenza solo che non esiste una soluzione facile. Forse nemmeno una giusta anche se di certo ne esiste una sbagliata.
Permettere alla Russia di partecipare come niente fosse sarebbe ipocrita. Impossibile credere che tutti i bari di Sochi siano stati puniti e poi la Wada (agenzia nazionale antidoping) ha tenuto chiuso il laboratorio di Mosca proprio per dare un segnale, quasi per esprimere un parere. E nessuna carica russa ha ammesso la frode di stato che invece sta nero su bianco nelle motivazioni delle squalifiche. Il Cio è già passato da questa strada per Rio 2016, ha dato la palla alle federazioni ed è tentata di farlo ancora, magari con limitazioni più strette: per esempio la richiesta di non considerare chiunque sia anche solo nominato nei rapporti, di lasciare fuori i sospetti e i condannati. Sarebbe la fiera del dubbio. Da ogni parte.
Pure escludere del tutto la Russia è un azzardo. Si toglierebbe a chi davvero era fuori del sistema la possibilità di esserci e infatti una rappresentante di questa generazione, la campionessa del mondo di pattinaggio Medvedeva, è in Svizzera per parlare al Cio. Sarà difficile ignorare il suo punto di vista.
La via neutrale è la più logica tanto che la Nike è stata incaricata di preparare un bozzetto per una divisa senza stemmi, peccato che questa ipotesi sia anche la più coraggiosa e la più faticosa. Va sostenuta, costruita con rapporti diplomatici e comunque può rimettere in circolo comportamenti archiviati da tempo, può mettere in crisi i Giochi che nel mondo globale faticherebbero ad affrontare un eventuale boicottaggio. L’ultimo risale al 1988.
La Russia manda avanti sia il poliziotto cattivo sia quello buono. Il vice primo ministro Mutko, già uomo nero di Sochi e prossimo anfitrione dei Mondiali di calcio, resta sui classici toni aggressivi: «Non acceteremo che ci venga tolta la bandiera». Mentre la voce più morbida, a sorpresa, arriva dal Cremlino, per ora sotto il nome del portavoce Peskov che però cita Putin: «Il presidente non considera il boicottaggio». Il presidente parlerà alla nazione, via tv, domani: stasera alle 19,30 il Cio dovrebbe consegnare il verdetto e il futuro dei Giochi. Non solo quelli della Russia.