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 2017  dicembre 04 Lunedì calendario

Pianeta Amazon, così fan tutti nel boom delle vendite online anche Ikea, Unieuro e la Gdo

Come tutti i riti collettivi, anche il Black Friday è uno specchio. Il venerdì nero dello shopping americano, l’orgia prefestiva della corsa agli sconti, ci racconta come compriamo. Ma soprattutto, specie se osservato da questa parte dell’Oceano, come compreremo. E il verdetto è: online, sempre di più online. Quest’anno nel weekend del Ringraziamento gli acquisti in Rete degli americani sono arrivati a 20 miliardi di dollari. Quelli dell’intera stagione natalizia, stando alle proiezioni, supereranno per la prima volta i 100 miliardi. In crescita del 13,8%, contro il 3,8 delle vendite complessive, e con un’incidenza sempre maggiore degli smartphone.
Per la disperazione dei vecchi negozi di mattoni e cemento, gli iconici mall costretti a chiudere per diserzione dei clienti.
L’uguale e contraria felicità di Jeff Bezos, il signor Amazon che di questa rivoluzione digitale è sommo sacerdote. E alcune catene “tradizionali”, come Walmart, che si arrabattano per tenere il passo della transizione digitale. Certo, da questa parte dell’Oceano il ciclone digitale non soffiano ancora a forza massima. E ancora meno in Italia, dove l’e-commerce, causa la lentezza digitale del Paese, avanza in ritardo di qualche annetto. Le vendite online del 2017 da noi valgono 23,6 miliardi di euro, stima l’Osservatorio curato da Netcomm e Politecnico di Milano. Poco più del solo Venerdì Nero americano, ma anche un quarto di quanto fatturano i negozi digitali in Germania. La crescita però c’è: +17% rispetto al 2016. Senza contare che quest’anno, per la prima volta, gli acquisti di servizi, viaggi o assicurazioni che hanno dominato la prima onda dell’e-commerce, verranno superati da quelli dei beni fisici. Televisori, vestiti, libri o mobili. Amazon domina anche da noi, secondo alcune stime avrebbe una quota di mercato vicina al 20%. Federdistribuzione, l’associazione delle grandi insegne, la accusa di concorrenza sleale, di pagare le tasse all’estero e di praticare il sottocosto a oltranza, vietato ai negozi fisici. Senza contare che con i profitti che realizza in altri settori, il colosso di Bezos può permettersi di consegnare pacchi sistematicamente in rosso, almeno in Europa. Spazi e tempi per reagire però, per le insegne tradizionali, ci sono. Anche nell’elettronica e negli elettrodomestici, digitali per definizione, l’incidenza dell’online in Italia è di poco superiore al 13%, contro il 20 della Francia e il 30 della Germania. «Il trend è destinato a crescere, l’arrivo degli over-the-top (come Amazon, ndr) ha sicuramente accelerato il cambiamento delle abitudini e portato la sfida a un livello più alto, che richiede coraggio e investimenti», dice Giancarlo Nicosanti Monterastelli, amministratore delegato di Unieuro. Che rifiuta l’idea secondo cui il punto di vendita fisico, il punto di forza della distribuzione tradizionale, sia destinato a diventarne la zavorra. «Anzi. Saranno più piccoli, come degli showroom, ma anche più numerosi: il cuore di una strategia omnicanale». Formula magica, per dire che il cliente può informarsi online, attraverso app o sito, e poi acquistare in negozio. Oppure informarsi in negozio, comprare online, e poi magari ritirare di nuovo in negozio. Non a caso Unieuro sta investendo su entrambi fronti. Quest’anno ha acquisito diversi punti vendita, ma anche, per 10 milioni di euro, la startup di e-commerce Monclick. Spesso è meglio integrare prodotti e competenze digitali così, piuttosto che svilupparle in casa. Vedere i 3 miliardi di dollari spesi da Walmart per l’e-commerce Jet.com. In un settore contiguo come l’arredamento, anche Ikea sta andando in direzione simile. Presto il gigante svedese inizierà a vendere le sue librerie Billy nei negozi digitali di terzi. L’azienda non ha fatto nomi, ma è logico pensare a Amazon e Alibaba. Una rivoluzione, «il più grande cambiamento nel modo in cui i clienti ci incontrano»,hanno detto gli svedesi. Il riconoscimento, da parte di uno dei più grandi venditori del secolo, che vendere online è mestiere diverso. Nel frattempo però Ikea investe anche nella rete fisica. Affiancando ai classici megastore, spesso periferici e scomodi da raggiungere, punti di ritiro e negozi più piccoli all’interno delle città. E acquisisce la piattaforma dei lavoretti TaskRabbit, ideale per trovare qualcuno che ci monti i mobili consegnati a domicilio. L’acquisto online di arredamento in Italia è una nicchia da 900 milioni di euro. Ma è uno dei rami dell’e-commerce che cresce di più, +31%. Chi fa meglio, +43% per 900 milioni, è l’alimentare, che però ha logiche peculiari. Quando si tratta di cibo, neppure nel mondo anglosassone il negozio fisico è morto. Amazon si sarà pure inventata Fresh, la consegna a domicilio dell’insalata, ma ha anche comprato la catena Whole Foods, spendendo 13,7 miliardi di dollari per integrare i suoi negozi e la sua logistica dei prodotti freschi. A maggior ragione in Italia, dove le vendite digitali valgono meno dell’1% e Amazon consegna solo a Milano, gli esperimenti delle “vecchie” insegne sono appena iniziati. «Per noi l’e-commerce è un servizio del negozio, non un canale a sé», spiega Giuseppe Zuliani, direttore marketing di Conad. Che in partnership con la startup Supermercato24 sta testando un servizio “on demand”, in cui il cliente chiede a un fattorino, attraverso l’app, di fare la spesa per lui. Una soluzione simile a quella messa in piedi da Instacart e Whole Foods negli Stati Uniti. «Con il vantaggio di non mettere in concorrenza il digitale con il punto di vendita fisico». Si capisce che, per chi nasce come una cooperativa di negozi, questa sia una priorità. Ma con una serie di limiti rispetto a modelli di e-commerce più diretti. In Italia la prima a sperimentarli, con un magazzino a Milano dedicato solo alla vendita online, che garantisce efficienza e varietà di assortimento, è stata Esselunga. In Francia, Casino lo farà alleandosi con l’operatore digitale inglese Ocado. E da poco questa è la strada battuta anche da Coop Alleanza 3.0, con il servizio Easycoop. Un canale di vendita parallelo e separato da quello fisico, lanciato a Roma e a Bologna con magazzini costruiti su misura e consegna a domicilio. Lo sviluppo è stato affidato a una società autonoma, Digitail, partecipata da Alleanza 3.0 e da alcuni manager del settore: «Ci permette di avere più velocità e il supporto di competenze specialistiche», spiega Massimo Ferrari, amministratore delegato del gruppo. Dopo quello dei regali di Natale, insomma, il prossimo grande scontro tra fisico e digitale potrebbe essere quello per il carrello della spesa. Specie se Amazon, come qualche analista ipotizza, dovesse acquisire anche in Europa una catena della distribuzione. Domani, però. Per ora, perfino negli Stati Uniti del Black Friday, il tacchino si compra ancora in negozio.