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 2017  dicembre 05 Martedì calendario

«Dategli un secondo e calcolerà l’Universo»

ZURIGO Andreas Fuhrer cammina veloce per i corridoi sotterranei del centro di ricerca della Ibm. Bianchi come quelli di un ospedale, punteggiati di porte su entrambi i lati, interminabili. «Lo abbiamo chiamato Computer Universale, anche se per ora è una meta lontana», racconta mentre ci avviciniamo al suo laboratorio.
«Ma se continuiamo così, potremmo arrivare presto ad una macchina quantistica già capace di elaborare con una sola operazione un numero di dati pari agli atomi presenti nell’universo». Fuhrer, fisico quantistico, quel super computer deve esserselo immaginato per anni. E con lui i suoi colleghi sparsi per il mondo che stanno lavorando a questa “grande rivoluzione”. La Ibm ha un computer da 20 quantum bit (qubit), l’unità minima dei computer quantistici, reso accessibile anche ad altri. È il primo nel suo genere. Spera così di vedere i primi software e algoritmi. Lo scorso anno ne aveva uno da 5 qubit, a inizio 2018 ne avrà uno da 50. Ma non è sola nella corsa. C’è anche Harvard, Intel e Google che starebbero lavorando ad una versione da 51 qubit. Si tratta di una nuova generazione di macchine in grado di fare in un secondo quel che i super computer tradizionali fanno in tre giorni. Meglio: alla loro portata ci sono calcoli del tutto impossibili per gli altri.
Prevedere con precisione l’andamento dei mercati azionari ad esempio, creare nuove molecole in campo farmaceutico, fare breccia nei sistemi di sicurezza informatica attuali in pochi attimi, prevedere le condizioni meteorologiche con mesi di anticipo, divenire la base per le nuove intelligenze artificiali. E se queste sono le promesse, potete immaginare gli investimenti. Robert Schoelkopf, fra i “padri” di queste macchine, alla Yale University ha appena ricevuto 18 milioni di dollari dalla Sequoia Capital. «È diventato evidente che ne sappiamo abbastanza da riuscire a costruire un sistema funzionante», ha dichiarato lui stesso.
Il primo passo verso questo futuro si trova appeso al soffitto nel laboratorio di Andreas Fuhrer. È contenuto in un silos capovolto e imbullonato a tre metri di altezza. Dentro uno scheletro di rame e metallo all’interno del quale i 20 qubit operano per poche frazioni di secondo alla volta a una temperatura di meno 271 gradi. E così arriviamo alla prima verità su questi computer: non li avremo mai a casa e non sostituiranno i pc tradizionali. Al massimo potremo accedere alle loro capacità via Web.
«Quello che vede qui può processare una quantità di dati che un portatile può elaborare in qualche secondo», afferma soddisfatto il fisico svizzero. Se vi state chiedendo come si possa esser contenti per un silos da dieci milioni di dollari che fa le moltiplicazioni come le farebbe il pc a casa, la risposta sta nella potenza esponenziale e nella struttura dei qubit. Se con 20 si fa poco, con 64 si arriva a gestire informazioni pari a 74 milioni di gigabyte e con 256 si maneggiano informazioni pari al numero di atomi presenti nell’universo. «Con duemila avremo un computer con capacità difficili da immaginare oggi», conclude Fuhrer. Il “computer universale”, appunto, del quale sappiamo poco. Solo che sarà molto, molto più intelligente di noi.