Il Sole 24 Ore, 5 dicembre 2017
L’Unione monetaria riparte dal controllo dei Governi
Un’Eurolandia più rigorosa e più centralizzata. Sembra questo l’orientamento che il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker avrebbe adottato nel preparare la sua articolata proposta di riforma della zona euro, che sarà presentata domani.
Il rigore segna le regole sui bilanci pubblici: la riforma dovrebbe ribadire l’impegno – rafforzandone la valenza giuridica – all’equilibrio dei conti, con un deficit strutturale limitato allo 0,5% del Pil, rispetto all’attuale 1%, e introdurre dei meccanismi automatici per l’aggiustamento in caso di sforamento. L’Ems, inoltre, dovrebbe essere trasformato in un Fondo monetario europeo, Fme, sul modello del Fondo monetario internazionale. Ai suoi compiti si aggiungerebbe la ristrutturazione – con forti condizionalità – dei debiti pubblici. Le sue decisioni sarebbero però prese dagli Stati partecipanti all’unanimità, dando così a ciascun Governo un potere di veto. L’organismo, quindi, resterebbe intergovernativo, anche se è previsto un ruolo di controllo del Parlamento di Strasburgo che avrebbe anche poteri sulla nomina del presidente.
È una proposta che su questi punti – e in particolare quella sull’Fme – sembra più vicina di quanto si sarebbe immaginato solo qualche settimana fa a quella che l’ex ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha lasciato – quasi in eredità – prima di abbandonare il suo incarico governativo per assumere la presidenza del Bundestag. Non a caso – notano i critici – sarebbe stata elaborata in stretta collaborazione con Martin Selmayr, capo di gabinetto di Juncker e componente della Cdu di Angela Merkel, senza coinvolgere troppo il commissario per gli Affari economici e monetari Pierre Moscovici, francese e socialista (che però ieri ha sostenuto la proposta di riforma). In realtà un Fme ancora controllato dai Governi potrebbe piacere anche a Parigi.
La Commissione perderebbe però poteri a favore del nuovo Fondo monetario. Quasi a compensare questa perdita Junker intenderebbe dare maggior enfasi al ruolo dell’organismo che presiede, verso il quale Schäuble non nutriva grande fiducia. L’idea va anche nella direzione di risanare una importante frattura all’interno di Eurolandia, anche se le soluzioni individuate non sembrano del tutto adeguate. La Grande recessione ha infatti segnato una riduzione del ruolo delle istituzioni comunitarie, e quindi della Commissione, a vantaggio dei singoli governi e in particolare di quello tedesco e di quello francese. Con il risultato immediato di una pericolosa frammentazione delle politiche economiche – a cui la Bce ha dovuto porre rimedio – e a una maggior divisione politica.
L’idea di Juncker è allora quella di dare la presidenza dell’Eurogruppo, l’organismo dei ministri delle Finanze di Eurolandia, al commissario per gli Affari economici e monetari. Con il rischio però di un conflitto di interesse: la Commissione, che vigila sul Patto di stabilità, deve mantenere una posizione neutrale, super partes; mentre l’Eurogruppo è immediata espressione dei governi, che sono i “controllati” e che conservano, insieme ai Parlamenti, pieni poteri sulla politica fiscale.
Non è chiaro, al momento, come questa proposta possa conquistare il consenso della Francia, che nutre ambizioni ben più alte. Le proposte avanzate – con gran clamore – dal presidente Emmanuel Macron prevedevano un bilancio di Eurolandia separato e “gestito” da un ministro delle Finanze unico.
L’idea di Juncker si limiterebbe a predisporre una sezione del bilancio dedicata all’Uema, di natura del tutto straordinaria e finalizzata ai salvataggi, definita da un accordo a 27, per evitare che i Paesi esterni a Eurolandia si sentano privati di una parte delle risorse comuni. Troppo poco, sembra di capire, per permettere a Macron di dire – come desidera – di aver lasciato il segno.